Sudan: accordo di pace ma non si dimentichi il Darfur

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"Accogliamo con favore e speranza l'accordo di pace fra governo sudanese e Spla. Per i bambini e le famiglie del Sudan, dopo ventuno anni di indicibili sofferenze, sembra più vicina la possibilità di tornare ad una vita normale". E' positivo il commento di Peter Hawkins, direttore di Save the Children per l'Africa Centrale ed Occidentale, sull'accordo di pace siglato oggi pomeriggio a Naivasha, in Kenya, fra governo del Sudan ed Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese.

"Tuttavia la conclusione della guerra nel Sud Sudan deve accompagnarsi alla rimozione delle cause che l'hanno provocata", precisa il direttore regionale dell'organizzazione internazionale indipendente per la tutela e la promozione dei diritti dell'infanzia. "I conflitti in Sudan sono normalmente descritti come guerre di razza e religione. In realtà sono il prodotto della marginalizzazione economica e politica di ampie parti del paese. Una pace sostenibile", conclude, "deve basarsi su una soluzione politica che coinvolga l'intera popolazione del Sudan e produca benefici per tutti i sudanesi". Compresi gli abitanti del Darfur, la regione del Sudan occidentale teatro di un vero e proprio genocidio e non coperta dagli accordi di pace appena siglati.

Nonostante il cessate il fuoco firmato l'8 aprile scorso dal governo sudanese e dai rappresentanti del Movimento di Liberazione del Sudan e del Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza, proseguono le violenze e le azioni di rappresaglia da parte delle milizie filogovernative janjaweed sui civili del Darfur: saccheggi, uccisioni, rapimenti, stupri, sono testimoniati su ampia scala. Inoltre preoccupano le condizioni di molti bambini separati dalle famiglie, costrette ad abbandonare precipitosamente la regione.

Si stima che, a seguito del conflitto esploso circa un anno fa e divenuto via via più violento, oltre 1 milione di persone siano state costrette a lasciare le proprie case e a cercare rifugio in campi provvisori, più di 750 mila abbiano trovato ospitalità presso altre famiglie, circa 100 mila si siano rifugiate in Ciad. Secondo le Nazioni Unite, circa 2 milioni di persone avranno bisogno di cibo nei prossimi due mesi ma la distribuzione dei viveri sarà difficoltosa a causa delle piogge, molto intense in giugno e luglio. Per quanto riguarda le condizioni sanitarie, le Nazioni Unite e Save the Children rilevano un aumento di malattie come morbillo e meningite fra le persone sfollate. In aumento anche la malnutrizione: secondo una ricerca di Save the Children relativa alla città di Tawilla, il tasso di malnutrizione è passato dal 17,6% del novembre 2003 all'attuale 18,6%.

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