Africa: Wsf 2007 in Kenya e l'occhio critico sull'Onu

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Nairobi sarà la sede nel gennaio 2007 del Forum sociale mondiale. La decisione sulla città è stata presa a Perugia nell'ambito dell'assemblea dell'Onu dei Popoli con la partecipazione della delegazione africana, era già stata stabilita in gennaio a Porto Alegre la destinazione Africa. Erano in lizza tre paesi: Senegal, Sudafrica e Kenya. Alla fine la scelta è caduta sul paese dell'Africa Orientale. Thomas Deve, responsabile del Forum sociale africano, ha dichiarato che "si tratta di un appuntamento estremamente importante per i movimenti e la società civile africana; e dovrà essere anche un'occasione per far arrivare ai governi africani messaggio che li impegni nel rafforzamento della democrazia e del rispetto dei diritti umani". Di certo l'Africa, con la sua ricchezza di movimenti sociali e con la sua varietà culturale, ma anche con l'urgenza dei suoi problemi, darà una nuova impronta al Forum.

Una particolare attenzione alla voce dell'Africa viene data dalla rivista Nigrizia rispetto alla riforma dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. "Riflettere sul rapporto tra l'Onu e il continente africano significa affermare preliminarmente che l'Onu è un'organizzazione del mondo occidentale" scrive Mukete Tahle Itoe, giudice camerunese che precisa subito che nel Consiglio di sicurezza, il più potente organo dell'Onu, non c'è alcun paese africano in qualità di membro permanente. "Ecco misurata l'influenza dell'Africa contemporanea in sede Onu". È vero che Kofi Annan, segretario generale dell'Onu, è del Ghana. Basta questo per conferire all'Africa un adeguato peso specifico e una significativa influenza? "Decisamente no! Annan" - scrive Mukete con il dovuto rispetto - "non controlla il meccanismo decisionale. È semplicemente uno strumento nelle mani delle superpotenze per mitigare le accuse di razzismo portate quotidianamente contro di loro, soprattutto contro la nazione dello zio Sam".

"Quello che interessa all'Onu, oggi, è la pace come assenza di guerra, così che le compagnie multinazionali possano muoversi con una certa libertà e mietere quietamente i loro profitti. Se così non fosse, non si spiegherebbe come mai tutti i militari che hanno preso il potere in Africa sono diventati, in tutta fretta, "civili" con il sostegno dell'Onu, in modo da poter conservare il potere. È accaduto in Gambia, Nigeria, Guinea Conakry, Egitto, Burkina Faso, Niger, Ciad, Togo (con Eyadéma), Ghana (con Rawlings), Libia, Sudan e Mauritania.

Altri capi di stato africani hanno preso il potere con la guerra e poi si sono fatti eleggere: vedi Liberia, Etiopia, Uganda. E l'Onu, zitto! Tutti questi paesi sono membri dell'Organizzazione. Il risultato ultimo è che le Nazioni Unite impongono agli africani capi di stato impopolari e regimi illegittimi, che moltiplicano miseria, corruzione, appropriazione indebita di fondi pubblici e altre "malattie". L'Onu non è per gli Africani! L'Africa siede all'Onu solo con una funzione rappresentativa".

"Se si esamina il ruolo dell'Onu nella prevenzione di conflitti, nel portare la pace e mantenerla, è difficile non arrabbiarsi. Il Consiglio di sicurezza ha avuto a che fare con quasi tutte le situazioni conflittuali in Africa, ma sempre con scarsi risultati. L'Onu ha fallito nel suo compito di lenire la povertà, diventando l'avvocato della remissione del debito e dello sradicamento dell'Hiv/aids. L'Onu ha fallito nell'impegno di non emarginare l'Africa nel processo di globalizzazione. L'Onu sa che gli altisonanti Obiettivi di sviluppo del Millennio per il 2015 non sono possibili: non hanno il sostegno delle masse africane, nelle remote aree rurali come nelle grandi periferie urbane. Decisioni prese a New York, Mosca, Parigi, Londra e Pechino e imposte agli africani sono controproducenti. La nuova riforma, che contempla due seggi africani permanenti nel Consiglio di sicurezza, potrebbe segnare l'inizio di una nuova era per l'Africa. Le Nazioni Unite potrebbero cessare di essere un'organizzazione intergovernativa "elitista" per trasformarsi in un'organizzazione "accessibile" e capace di compiere le aspirazioni dei paesi in via di sviluppo, Africa compresa. [AT]

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