Somalia: terra di nessuno

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A Kismayo si festeggia, ma cosa accadrà adesso? – Foto: banadirnews.com

L’Agenzia Misna ha intervistato Matteo Guglielmo, ricercatore di Africanistica all’Università L’Orientale di Napoli ed esperto di Corno d’Africa.

Secondo le truppe keniane la messa in fuga di Al Shabaab da Kismayo è ormai questione di ore. Cosa succederà una volta che la città sarà conquistata?

La battaglia di Kismayo segna uno spartiacque. Dando per scontato che gli insorti prima o poi cederanno alle pressioni dell’esercito keniano e somalo, una volta abbandonata la città gli scenari potrebbero essere diversi: alcuni, come già avvenuto per Mogadiscio, potrebbero scegliere di modificare le tecniche di combattimento trasformandosi in nemici invisibili che colpiscono in modo imprevedibile con attentati dinamitardi. Altri potrebbero sparpagliarsi nelle zone rurali e nelle foreste che circondano la città. Altri ancora – ed è questo lo scenario più preoccupante – potrebbero spingersi verso sud, oltre il confine, alimentando le tensioni nelle zone costiere del Kenya proprio mentre il paese è alle prese con la campagna elettorale per le elezioni di marzo 2013.

Chi controllerà, di fatto, la città dopo la riconquista?

È un altro degli interrogativi relativi alla vicenda. A rigor di logica dovrebbe essere il governo di Mogadiscio, peraltro ancora vacante, mentre sembra che a garantire la gestione del territorio, per un tempo ancora non determinato, sarà un direttivo militare keniano. Quello che temo è che per vedersi restituire Kismayo e la regione del cosiddetto ‘Jubaland’, Mogadiscio dovrà accettare un accordo sullo specchio d’acqua antistante alla frontiera tra i due paesi e forse anche la cessione di una parte del territorio.

Perché il Kenya dovrebbe essere interessato a controllare le acque di fronte al sud della Somalia?

Perché è da lì che – secondo un progetto già avviato e che coinvolge altri attori della regione, tra cui Addis Abeba e Kampala – dovrebbe passare un oleodotto che collegherà alle acque dell’Oceano Indiano la linea di trasporto del greggio proveniente dall’Uganda e i ricchi giacimenti petroliferi del Sud Sudan. Il cantiere per il porto petrolifero di Lamu si sta già costruendo e, secondo i diretti interessati, sarà completato nei primi mesi del 2014.

Un altro nodo da sciogliere per il nuovo presidente Hassan Sheikh Mohamud…

Un nodo importante e in un momento delicato in cui il suo potere non si è ancora consolidato. Il fatto che Mohamoud, molto atteso a New York, non abbia partecipato all’Assemblea generale dell’Onu, è significativo: era importante che rimanesse a Mogadiscio dove in questi giorni si delineano i futuri equilibri di potere. La nomina del nuovo primo ministro e del governo segnerà il momento della verità: solo allora si capirà quanto questo outsider, inaspettato presidente di un paese in guerra da 20 anni, riuscirà a imporsi sui gruppi di pressione e le logiche claniche che da sempre in Somalia decidono il corso degli eventi.

Fonte: misna.org

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