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Otto miliardi di euro di rimesse in uscita dall’Italia
Conflitti
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Foto: Alistair MacRobert su Unsplash
Recentemente sono stati pubblicati dalla Fondazione Leone Moressa sulla base dell’analisi dei numeri della Banca d’Italia, i dati delle rimesse in uscita dall’Italia, ovvero dei soldi che i lavoratori stranieri residenti spediscono all’estero alle loro famiglie di origine. Considerando che la maggior parte dei lavoratori stranieri in Italia proviene da condizioni economiche più svantaggiate, le rimesse costituiscono una risorsa determinante per le famiglie che le ricevono e, più in generale, per i Paesi beneficiari e contribuiscono allo sviluppo delle economie locali (sanità, istruzione, piccoli investimenti). La stessa Banca Mondiale riconosce nel Report Mondiale sullo Sviluppo 2023 che “le rimesse sono una fonte vitale di reddito familiare per i Paesi a basso e medio reddito. Alleviano la povertà, migliorano i risultati nutrizionali e sono associati a un aumento del peso alla nascita e a tassi di iscrizione scolastica più elevati per i bambini delle famiglie svantaggiate”.
La rilevazione indica un totale di circa 8 miliardi di euro di rimesse, in costante aumento dal 2017; attualmente il valore risulta quasi raddoppiato rispetto al dato di 6 anni fa, con un aumento del 44,9%.
L’invecchiamento della popolazione italiana è un fatto, così come la necessità di impiegare nella forza lavoro del Paese cittadini stranieri; più giovani e dunque più lavoratori (con un tasso di occupabilità pari al 57% a fronte del 50,6% della media nazionale), è di conseguenza logico che le rimesse in uscita verso l’estero siano aumentate e continueranno a esserlo, in assenza di una inversione del trend demografico differente della popolazione italiana.
La maggior parte delle rimesse viene dal Nord del Paese, laddove l’industrializzazione è più capillare e si muovono i principali flussi di denaro: il 22,65% delle rimesse è rilevato dalla sola Lombardia, seguono il Lazio (14,6%) e l’Emilia-Romagna (10,2%). Tutto il Sud d’Italia non arriva al 20% del totale, con la Basilicata e il Molise segna meno dell’1%; meno delle due Regioni fa solo la Valle d’Aosta, con rimesse verso l’estero che ammontano a meno di 10 milioni di euro. Roma è la città in testa alla classifica delle rimesse verso l’estero, seguono Milano, Napoli e Torino.
Dando uno sguardo alle comunità di cittadini stranieri che fa ricorso alle rimesse, nella ricerca si legge che “il primo Paese di destinazione è il Bangladesh con 1,2 miliardi di euro, pari al 14,6% del totale. Seguono Pakistan e Filippine”. Se i flussi verso questi tre Paesi registrano un trend fortemente positivo negli ultimi cinque anni, diminuiscono invece i flussi verso l’Est Europa: verso la Romania si segnala un calo del 18,1%, analogamente verso Albania (-9,6%) e Moldavia (-10,2%). Probabilmente in questi casi la vicinanza territoriale consente di portare risorse economiche e beni di altro genere in maniera diretta, non mediante i servizi di trasferimento di denaro all’estero. In forte calo anche le rimesse verso l’Ucraina: la guerra con la Russia ha allontanato quasi 5 milioni di persone dal Paese e tutto il sistema di solidarietà internazionale alla popolazione impegnata nel conflitto limita l’attivazione del canale delle rimesse.
Il quadro attuale delle rimesse risulta molto frammentario: i primi 5 Stati non superano insieme il 40% e ciascuno di loro registra al massimo il 15% del totale delle rimesse. La media pro-capite delle rimesse è 136 euro al mese. Osservando però i dati, emergono delle profonde differenze tra le diverse comunità di stranieri residenti in Italia: in media ben 628 euro al mese per i cittadini del Bangladesh, 435 euro per il Pakistan, secondo Paese di questa classifica, 330 euro per i senegalesi e 327 euro per i filippini.
Un elemento di forte interesse, inoltre, emerge facendo un raffronto con i dati di 10 anni fa: la Cina, che nel 2012 riceveva 3 miliardi di euro dall’Italia, pari a un quarto delle rimesse verso l’estero, risulta oggi ottenere appena “23 milioni di euro e non figura nemmeno tra i primi 30 Paesi destinatari”. Che si tratti di un evidente scenario di illegalità finanziaria? La Fondazione Moressa ipotizza che la sparizione di questi importi è solo in parte collegata alla diminuzione del flusso migratorio ma è più che altro da imputare allo spostamento dei soldi verso canali più o meno legali: dalle ricariche online o alle app di movimentazione non tracciate (nella migliore delle ipotesi) a una sorta di “China underground bank”, un sistema bancario informale, che non è strettamente regolato e quindi è soggetto ad abusi, tra cui crimini finanziari. Una tendenza che anche le recenti indagini finanziarie sembrano purtroppo confermare.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.