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Il progetto della diga sul torrente Vanoi torna a far preoccupare
Conflitti
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Val Cortella - Foto: [email protected]
Incontriamo Daniele Gubert in prossimità del lago Schenèr, confine tra Veneto e Trentino. Daniele fa parte del “Comitato per la difesa del torrente Vanoi e delle acque dolci”, nato nel 1998 per scongiurare la costruzione di un invaso sul torrente che scorre per l’ultimo tratto nella Val Cortella. “Non pensavo di dover tornare a lottare per il Vanoi”, racconta dispiaciuto, ricordando le lunghe battaglie trascorse in difesa del torrente. “Il territorio di Primiero è già ampiamente sfruttato dal punto di vista idroelettrico. Non c’è più un solo corso d’acqua libero”.
Le opere idroelettriche presenti in Trentino orientale hanno alterato profondamente l'assetto idrografico dei bacini dei torrenti Travignolo, Vanoi e Cismón. Ben quattro bacini artificiali nell’arco di qualche decina di chilometri quadrati, costruite a partire da inizio ‘900 con lo scopo di produrre energia elettrica per il distretto industriale di Porto Marghera (Ve).
Andiamo a piedi con Daniele a fare un sopralluogo al sito dove sarebbe prevista la costruzione della diga sul torrente Vanoi, un chilometro appena in linea d’aria dalla diga sul bacino artificiale dello Schenèr. Nonostante la valle sia difficilmente accessibile, i tentativi per raggiungerla vengono subito ricompensati dalla bellezza offerta dalla natura selvaggia che riempie di fascino l’intero letto del fiume. Gli unici rumori che si percepiscono sono lo scrosciare dell’acqua del torrente e dalle numerose cascatelle che cadono dai fianchi della gola. “È uno dei pochi posti in Trentino dove la trota marmorata, specie endemica e in forte diminuzione, riesce a riprodursi naturalmente”, racconta Daniele aggiungendo che per deporre le uova il pesce deve risalire il fiume per diversi chilometri. L’importanza ecologia della zona del Vanoi è dichiarata anche da due siti Rete Natura 2000 (“Valli del Cismon - Vanoi: Monte Coppolo” e “Valle del Vanoi”), di importanza comunitaria per la presenza di boschi di abete bianco, in regressione su tutta la catena alpina, e di specie animali in via di estinzione.
Alto 116 metri, lo sbarramento poggerebbe a destra nella zona più a nord del comune bellunese Lamon, a sinistra in quello di Canal San Bovo, ma la maggior parte dell’invaso ricadrebbe in territorio trentino. L’obiettivo dell’opera dovrebbe essere quello di sopperire ai fabbisogni irrigui della pianura veneta con le acque del Vanoi che, dalla catena del Lagorai, si immettono nel torrente Cismon, successivamente nel Brenta, e dopo aver attraversato la campagna veneta, sfociano nell’Adriatico.
“Se il progetto dovesse essere realizzato, questo ennesimo bacino artificiale segnerebbe il territorio, e le relative opportunità turistiche, in modo irreparabile”, spiega Daniele mentre camminiamo lungo il greto del Vanoi. “In cambio della diga, è stato detto alle comunità locali che potranno beneficiare dell’energia prodotta dalla centrale (il serbatoio sarà dotato di due gruppi generatori, per una potenza massima di 2.389 kW, ndr), ma qua produciamo già energia fino a dieci volte il fabbisogno locale”, racconta l’uomo ricordando anche che la Provincia autonoma di Trento ha competenza propria sulla gestione dell’acqua. “La narrativa dominante associa il concetto di rinnovabile al settore idroelettrico. Ma se i bacini sono pieni di sedimenti – molti risalenti all’alluvione del 1966 – e si pensa a costruire nuovi invasi invece che a ripulire e manutenere quelli esistenti, allora dovremmo parlare nel medio-lungo periodo di prassi “usa e getta” delle valli alpine ”.
In questi ultimi mesi sia in Veneto sia in Trentino, il dibattito riguardante la possibile costruzione della diga sul torrente Vanoi si è riacceso da quando il Consorzio di bonifica Brenta ha rispolverato e aggiornato un vecchio studio di fattibilità. La relazione di sintesi spiega che lo studio si basa su indagini geologiche presenti nello “Studio per la trasformazione delle vecchie irrigazioni e incremento delle risorse idriche del Bacino Brenta nel Veneto Centrale”, redatto nel 1985. Quarant’anni fa. E ancora: “è indubbio che un serbatoio nel Torrente Vanoi, oltre al servizio irriguo, potrebbe svolgere con efficacia anche altre funzioni di rilevante interesse pubblico a favore di un ampio territorio: la difesa dalle piene, la ricarica degli acquiferi, la garanzia del deflusso minimo vitale o ecologico, tutto senza generare alcun apprezzabile impatto sull'ecosistema; un esempio di uso razionale ed integrato della risorsa idrica, rispettoso dell'ambiente”. Rispettoso dell’ambiente.
Abbandonato e archiviato a più riprese nel corso dagli anni ‘20 del secolo scorso, a fine 2020 la giunta regionale del Veneto elenca tra le opere considerate necessarie dal Piano regionale per la ripresa e la resilienza il nuovo serbatoio del Vanoi, motivando così la decisione: “la multifunzionalità dell’intervento che va ad esprimere i suoi effetti sui settori dell’energia (con una produzione annua stimata fino a 40 milioni/kWh), dell’irrigazione (40 milioni di metri cubi di invaso - capacità pari a circa dieci volte quella effettivamente utilizzabile del vicino Schenèr, ndr), dell’approvvigionamento idropotabile, della sicurezza idraulica (dove il danno è superiore all’investimento), della navigazione interna (maggiore portata nel fiume Brenta), nonché sullo stato igienico-sanitario dei corsi d’acqua interni alla città di Padova, garantirà ricadute positive sul tessuto socioeconomico e occupazionale di ampie aree del territorio delle province di Vicenza, Padova e Venezia”. Costi: 150 milioni di Euro.
Nel 2022, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali assegna al Consorzio di bonifica Brenta un finanziamento di un milione di euro per la progettazione dell’invaso. Poco dopo, il Consiglio Regionale del Veneto approva all’unanimità una mozione di sostegno alla realizzazione della diga del Vanoi per combattere la siccità in Veneto e, nel dicembre dello stesso anno, ne affida la progettazione al Consorzio di bonifica Brenta. Successivamente, a maggio 2023 la Provincia autonoma di Trento invia una lettera agli assessori della Regione Veneto, lamentando il mancato coinvolgimento nelle operazioni che hanno portato all’affidamento dell’opera e facendo presente che l’invaso del Vanoi sarebbe sorto in territorio trentino. Inoltre, nella lettera si avvisa che l’area dove dovrebbe sorgere l’invaso è classificata con il massimo grado di rischio idrogeologico secondo la Carta di sintesi della pericolosità di Trento.
Dell’elevato rischio idrogeologico della Val Cortella è facile rendersene conto: dai fianchi della valle si notano chiaramente numerosi smottamenti e frane, alcune molto recenti, situazione resa ancora più instabile dalle conseguenze legate alla tempesta Vaia. Purtroppo, il binomio diga e frane non può non richiamare il disastro del Vajont e, ironia della sorte, a un chilometro dal versante orografico destro del Vanoi, una colle dal nome “Toc”, evoca lo stesso oronimo del monte che nel 1963 franò sopra Longarone causando quasi 2mila vittime. Come ha sottolineato il geologo Alfonso Tollardo, durante un recente incontro pubblico dedicato alla diga sul Vanoi, “anche se non ci sono le stesse condizioni del Vajont, ci sono le condizioni per porre in pericolo le comunità a valle della diga”. Lo stesso geologo ha avvisato anche che oltre al forte impatto della diga (per la quale sono previsti 245 mila metri cubi di calcestruzzo, ovvero decine di migliaia di camion che causerebbero non pochi disagi alla viabilità locale che si appoggia a un’unica strada), altrettanto impattante sarà il cantiere per realizzarla, che prevede ponti, gallerie, strade e terrazzamenti. Il versante destro della valle verrebbe totalmente devastato. Come tali rischi saranno gestiti non si capisce e il Consorzio di bonifica Brenta non ha risposto alle richieste di spiegazioni avanzate da Altreconomia.
“A maggio del 2023 il governatore del Veneto, Luca Zaia, annuncia di avere trasmesso l’elenco degli interventi di urgente realizzazione per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tra questi la diga del Vanoi è al primo posto con una richiesta di finanziamento pari a 150 milioni di euro”, ricorda Alessandro Del Bianco, segretario provinciale Pd di Belluno. “A fine 2023 abbiamo raccolto migliaia di firme e abbiamo presentato un ordine del giorno contro la realizzazione della diga ai consigli comunali bellunesi, a quello provinciale, ma anche una mozione in consiglio regionale e un’interrogazione in Parlamento”. Molti comuni in provincia di Belluno, tra cui il capoluogo, si sono pronunciati contrari all’opera, così anche Trento (con una mozione del 7.02.24). “Di questa faccenda, contestiamo anche l’assenza di trasparenza”, espone Del Bianco riferendosi alla richiesta negata a Trento, da parte del Ministero delle politiche agricole, di accedere agli atti di assegnazione della progettazione al Consorzio di bonifica Brenta. “L’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) ha anche sollevato una serie di perplessità circa l’affidamento della progettazione. Non possiamo cementificare la pianura e poi dire che l’unica soluzione è quella di costruire immensi invasi in montagna”, allerta il segretario Pd, parlando di una chiara strumentalizzazione della questione climatica per giustificare l’urgenza del progetto.
E a proposito di urgenza, in occasione di Fieragricola 2024, il commissario straordinario per la crisi idrica, Nicola dell’Acqua, ha dichiarato che se un territorio ne ha la necessità, le dighe vanno realizzate. “Il D.L. 39/2023, o Decreto siccità, prevede che il commissario straordinario nazionale possa adottare interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, una figura tecnico-amministrativa non direttamente eletta dai cittadini”, avverte Valter Bonan, ex presidente del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, intervistato da Altreconomia. “Secondo l’art. 3 del D.L., il commissario può operare in deroga ad ogni disposizione di legge, cosa che rappresenta un gravissimo accentramento di potere in contrasto con vari articoli della Costituzione italiana e che ignora i diritti e i pareri delle comunità locali”...
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P:S Importante: il giro d’Italia che passerà in Valle il 22 maggio. Le regole da parte dell’organizzazione del Giro e della prefettura non si possono transigere: qualsiasi cartello che non centra con il giro o la promozione di un territorio o associazione, non verrà inquadrato. Quindi ad esempio, un bel tratto di strada o di paese con striscioni, biciclette giganti, bambini vestiti di rosa in festa e con nel bel mezzo un cartello di protesta (qualsiasi protesta), non verrà inquadrato nulla, ne prima, ne durante, ne dopo quel tratto (verranno ripresi altri ciclisti in altre zone, oppure primi piani etc, ma non quella zona/territorio circostante). Non ci saranno quindi proteste, ma le perplessità e le criticità di quest'opera preoccupano la società civile di questa zone di confine tra Veneto e Trentino.
Lucia Michelini

Sono Lucia Michelini, ecologa, residente fra l'Italia e il Senegal. Mi occupo soprattutto di cambiamenti climatici, agricoltura rigenerativa e diritti umani. Sono convinta che la via per un mondo più giusto e sano non possa che passare attraverso la tutela del nostro ambiente e la promozione della cultura. Per questo cerco di documentarmi e documentare, condividendo quanto vedo e imparo con penna e macchina fotografica. Ah sì, non mangio animali da tredici anni e questo mi ha permesso di attenuare molto il mio impatto ambientale e di risparmiare parecchie vite.