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Colombia: cronache dalla ‘diaspora bolivariana’ (1)
Conflitti
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Foto: A. Pistolesi ®
Il flusso è continuo, costante. Sul Ponte Simon Bolivar, che unisce Colombia e Venezuela, c’è un via vai ininterrotto di persone. Venezuelani di tutte le età arrivano in Colombia attraverso il ponte per i più svariati motivi: per restare e iniziare una nuova vita, ma anche per curarsi, per commerciare, per comprare beni che in Venezuela non si trovano. Dall’inizio della crisi del Paese Bolivariano si stima che siano oltre 7milioni le persone che hanno lasciato il Venezuela. Oltre 1,8milioni si trovano in Colombia.
Il ponte Simon Bolivar, uno dei maggiori punti di transito, si trova nel comune di Villa del Rosario, a circa dieci minuti dalla città di Cucuta. Il piccolo Comune è diventato nel tempo un ottimo punto di accoglienza per la popolazione migrante: per chi è in transito, per i pendolari, per i richiedenti per asilo, rifugiati, e migranti che vogliono restare in Colombia.
La zona si presenta come un caotico crocevia di umanità: c’è chi dorme in strada, chi rincorre autobus o taxi per chiedere un passaggio, chi vende, chi compra. “Prima della crisi – spiega Marysol Yinett Murcia, della missione di Intersos in Colombia – queste strade erano piene di camion, perché il commercio tra i due Paesi era molto attivo, adesso non è più così”.
La situazione di Villa Rosario è in continuo mutamento perché singoli eventi possono bloccare o incrementare il transito delle persone. Nel settembre 2021, ad esempio, alcuni omicidi compiuti da bande criminali nella zona di confine hanno provocato un aumento della militarizzazione e dei posti di blocco. Altro elemento di cambiamento nel flusso sono le piogge. Accanto al passaggio ufficiale, infatti, esistono moltissime ‘trochas’, vie illegali di transito realizzate con tronchi o altri elementi di fortuna sul fiume Arauca, che divide i due Paesi. Le forti piogge spesso distruggono queste vie di fortuna, che, nella regione di Norte Santander si stima siano oltre 450.
Questi passaggi sono controllati da figure spesso legate a bande criminali. Da qui passano infatti, non solo persone, ma anche armi, droga e ogni genere di traffico illegale. Per la gente attraversare è difficile tanto per la via legale, quanto per quella illegale. Nei passaggi ufficiali la polizia di frontiera venezuelana inibisce il transito: chiede soldi in cambio dell’autorizzazione a passare, umilia e apostrofa come ‘traditori della patria’ chi è in transito. Di contro i ‘trochaderos’ chiedono denaro, spesso molto, per consentire il transito. Secondo il dipartimento di migrazione Colombiano in una settimana possono entrare in Colombia dalle 800 alle 1200 persone...
L'articolo di Alice Pistolesi segue su Atlanteguerre.it
Alice Pistolesi

Giornalista, è laureata in Scienze politiche e Internazionali e in Studi Internazionali all’Università di Pisa. Viaggia per scrivere e per documentare, concentrandosi in particolare su popolazioni oppresse e che rivendicano autonomia o autodeterminazione. È redattrice del volume Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo e del sito Atlanteguerre.it dove pubblica dossier tematici di approfondimento su temi globali, reportage. È impegnata in progetti di educazione alla mondializzazione e alla Pace nelle scuole e svolge incontri formativi. Pubblica da freelance su varie testate italiane tra le quali Unimondo.org.