Sudan: donne e colloqui di pace a rischio

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Ad Addis Abeba i colloqui di pace tra il governo sudanese e le fazioni ribelli del Darfur non hanno trovato nemmeno una base comune. La rottura, annunciata sabato scorso, si è consumata sulla mancata accettazione da parte del governo sudanese di Khartoum delle sei condizioni imposte dal Movimento per la giustizia e l'eguaglianza (Jem), sollevatosi in armi all'inizio del 2003 insieme all'Esercito di liberazione del Sudan (Sla-m). Tra le condizioni rientrava il ritiro immediato delle milizie arabe Janjaweed dal Darfur, inclusi coloro che sono stati integrati nelle forze e negli uffici governativi. Il governo sudanese non riconosce nessun controllo sulle milizie arabe Janjaweed e ha invece chiesto all'Unione Africana di promuovere un piano di disarmo e smobilitazione nel Darfur. Il governo sarebbe pronto a considerare le domande dei ribelli durante i colloqui, ma non le accetterebbe come prerequisiti per i negoziati. Un clima di sfiducia tra le parti che è stato alimentato da reciproche accuse.

Secondo la redazione di Warnews è possibile che ribelli abbiano voluto guadagnare tempo in quanto è pronta una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che imporrebbe il divieto di circolazione ed un embargo d'armi ai leader delle milizie Janjaweed. La speranza dei ribelli - secondo Warnews - è quella che il Consiglio di Sicurezza estenda misure simili al governo di Khartoum, qualora gli attacchi delle milizie arabe non finiscano. Altro punto di scontro tra ribelli e governo, è l'accesso alle organizzazioni non governative nel Darfur gia limitato dal governo sudanese. La Libia ha dato il permesso ai convogli umanitari di raggiungere il Darfur attraverso il proprio territorio. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità muoiono nei campi profughi ogni giorno 200 persone. Colera, dissenteria, malaria stanno più di un milione di profughi interni. L'arrivo delle piogge, previsto per agosto-settembre, e l'impercorribilità di molte strade rallenterà l'arrivo di aiuti umanitari nella regione, e già si prevede che il numero di morti potrà raddoppiare.

"Una quindicina di donne e bambine sono state stuprate in varie capanne del villaggio. I janjawid spezzavano loro le gambe per impedire la fuga. Sono rimasti nel villaggio per sei o sette giorni". Questa testimonianza di una rifugiata del Darfur è raccolta nel rapporto di Amnesty International che denuncia l'inazione della comunità internazionale per fermare le violenze perpetrare dalle milizie filo-governative denominate janjawid. Il rapporto è basato su centinaia di testimonianze raccolte a maggio durante una missione nei campi-profughi del Ciad e denuncia come le donne e le bambine vengano stuprate, rapite e ridotte a schiave del sesso da parte delle milizie janjawid. "Le donne e le bambine vengono attaccate sia per privarle dell'umanità che per umiliarle, punirle, controllarle, impaurirle e costringerle alla fuga e anche per perseguitare la comunità di appartenenza" - afferma Amnesty International. Le donne del Darfur che sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili corrono un rischio ancora maggiore di subire ferite e di contrarre il virus dell'Hiv/Aids ed altre malattie a trasmissione sessuale. Tra le richieste di Amnesty alla Comunità internazionale c'è la nomina di una Commissione d'inchiesta indipendente per esaminare le prove dei crimini di guerra, dei crimini contro l'umanità e delle altre violazioni del diritto umanitario, compresi gli stupri, nonché le denunce di genocidio. [AT]

Altre fonti: War News, Organizzazione Mondiale della Sanità

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