L’attacco all’Ucraina visto dalla stampa russa

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Foto: R. Crocco ®

«La Russia non intende occupare l’Ucraina, bensì demilitarizzarla e denazificarla». Questo l’obiettivo dichiarato dal Presidente Vladimir Putin nel suo discorso alla nazione ieri (24 febbraio). Ed è questa la tesi propagandata dalla principale agenzia di stampa Ria Novosti, vicina al governo. Lo scopo sarebbe quello di «fermare il genocidio ad opera del regime di Kiev» e di intervenire contro gli «incombenti atti terroristici che minacciano la popolazione filo-russa nelle due regioni separatiste Donetsk e Lugansk».

La Russia di oggi, tuttavia, non assomiglia a quella del 2014. Mentre la stampa di regime auspica il ritorno ad un antico “mondo panrusso” e celebra il momento storico con titoli come «Benvenuto Donbass!» (Moskovskj Komsomolez), sono molte le testate anti-governative, i politici e gli intellettuali ad opporsi apertamente a questa guerra.

Esperti e politici discutono di quale sia l’obiettivo finale. In un’intervista al canale d’informazione Dozhdil politologo Dmitry Oreshkin dubita che si arrivi ad un’occupazione dell’intero Paese. Dalle pagine dello stesso giornale il deputato della Duma di Stato Anatoly Wasserman dichiara con certezza che l’ultimo obiettivo militare russo sarà la città di Leopoli, a 70 chilometri dal confine con la Polonia.

Dozhd ha preso aperta posizione contro questa guerra con un appello sul proprio sito intitolato «Non tacete! Dite no alla guerra!». Similmente, in una lettera congiunta pubblicata sui social dal titolo «Lo scoppio della guerra tra la Russia e l’Ucraina è la nostra vergona», dodici scrittori, registi e giornalisti, tra cui Boris Akunin e il premio Nobel Dmitry Muratov, hanno protestato contro la decisione del Cremlino.

Le conseguenze interne non si faranno attendere. L’economia rischia il collasso e alcuni Paesi come la Lituania hanno già introdotto il fermo ai visti per i cittadini della Federazione. «Mi sembra che per ora i russi siano perplessi (…) ma tra qualche giorno le persone percepiranno le conseguenze di queste “attività vittoriose”, prima nell’economia, e poi, forse, arriveranno anche le bare, accadrà abbastanza rapidamente, molto più velocemente che ai tempi della Crimea», riassume Oreshkin.

I russi escono da un anno particolarmente duro dal punto di vista della repressione contro i dissidenti. Ciononostante alcuni cittadini tornano in piazza a protestare. La testata online Meduza ha raccolto le testimonianze di alcuni di questi manifestanti. Finora ci sono stati quasi 1700 arresti in 54 città.

Margarita Simonaya, giornalista presso RT, sbeffeggia sul proprio canale twitter le minaccericevute dall’occidente: «Non temo sanzioni, isolamento, divieti (…) abbiamo vissuto senza Iphone, sopravvivremo senza Parigi se serve».

È un ottimismo non molto contagioso. Gli oligarchi russi non sembrano infatti contenti di come si stanno mettendo le cose e temono le forti ripercussioni sui propri patrimoni e affari. Lo scrittore Viktor Shenderovichin in un articolo d’opinione per il canale d’informazione Echo Moskvy, non certo vicino al Cremlino, parla di «una furia silenziosa emanata dai ladri di sistema», riferendosi ai dirigenti di Gazprom e Lukoil. Putin si troverebbe quindi «in una (sua) fase violenta ma la camicia di forza attende tutto il sanatorio che lui stesso dirige».

Ambra Visentin da Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo

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