Armi: Banca Etica interpella Banca popolare di Milano

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Preoccupazione, cautela ma anche fermezza da parte dei vertici di Banca Etica alla notizia della comparsa di Banca popolare di Milano nella lista delle cosiddette "banche armate", l'elenco degli istituti di credito che forniscono servizi d'appoggio per il commercio di armi italiane all'estero. "Se vi fosse una conferma della volontà di Banca popolare di Milano di operare nell'ambito dell'industria bellica, sarà il nostro stesso Cda ad intervenire in maniera ufficiale" - sottolinea Fabio Salviato, presidente di Banca Etica. Nei giorni scorsi il sito di Unimondo aveva segnalato in anteprima che Banca Popolare di Milano, uno dei "sostenitori storici" di Banca Etica, si è aggiudicata 22 commesse per oltre 53 milioni di "importi autorizzati" (più del 4% del totale) nell'export italiano di armi del 2004.

Banca popolare di Milano, oltre ad essere socia di Banca Etica, partecipa alla compagine sociale di Etica sgr, la società di gestione del risparmio del gruppo Banca Etica che promuove fondi comuni di investimento e altri prodotti finanziari con un elevato profilo di trasparenza e di responsabilità sociale. "Una partnership fondata proprio sulla trasparenza e sulla condivisione di alcuni valori fondamentali" - sottolinea Fabio Salviato, presidente di Banca Etica. Ed aggiunge: "Stiamo verificando i particolari della notizia, apparsa nella Relazione ministeriale sull'export di armi, direttamente con i vertici della Banca popolare di Milano. Se vi fosse una conferma della volontà di operare nell'ambito dell'industria bellica, sarà il nostro stesso Cda ad intervenire in maniera ufficiale: prima con una lettera e, successivamente, con tutti i provvedimenti del caso". "L'idea di una finanza al servizio dello sviluppo umano, che è tra i principi fondanti di Banca Etica, è infatti incompatibile con qualsiasi attività al servizio dell'industria bellica" - nota il comunicato di Banca Etica. "Per noi è un obbligo - ribadisce Salviato - farci garanti di questo valore nei confronti dei nostri soci e di tutti i nostri risparmiatori, senza per questo escludere collaborazioni con il resto del sistema bancario, ma valutandole attentamente. Cosa che verrà fatta anche nel caso di Banca popolare di Milano".

"Positiva e tempestiva la presa di posizione di Banca Etica" - commenta Giorgio Beretta esponente della Campagna di pressione alle banche armate. "E necessaria. Soprattutto perchè Banca Etica è sorta per assicurare ai correntisti trasparenza ed eticità che è proprio ciò che la nostra campagna chiede a tutte le banche". Passando a Banca Popolare di Milano, Beretta segnala che tra le 22 commesse per oltre 53 milioni di "importi autorizzati" rilasciate a Banca Popolare di Milano e riportate nella Relazione 2005, ve ne sono diverse che suscitano vari interrogativi. "Se è vero, infatti, che le maggiori autorizzazioni riguardano la Francia (39.7 milioni di euro) e la Namsa (l'Agenzia di supporto logistico della Nato) ve ne sono però diverse altrettanto consistenti dirette a paesi altamente indebitati come il Brasile (un'autorizzazione del valore 5 milioni di dollari con 300mila dollari per "compenso di intermediazione"), il Messico (autorizzazione di 2,4 milioni di dollari per una "fornitura", un "anticipo" di 5,6 milioni di dollari e un "compenso di intermediazione" di oltre 400 mila dollari); ed altre ancora minori, ma non meno preoccupanti, come quelle verso India (autorizzazione di 607 mila euro) e Pakistan (178 mila dollari di autorizzazione a fronte di una fornitura di 10 milioni di euro) e la Turchia (autorizzazione per 511 mila dollari con un "compenso di intermediazione di 51 mila dollari). L'elenco prosegue con autorizzazioni minori verso il Belgio, gli Stati Uniti, la Norvegia, la Spagna, la Grecia, l'Austria, il Marocco e la Malaysia" - conclude Beretta.

Va ricordato che, rispondendo all'appello della Campagna di pressione alle "banche armate", lanciata nel 2000 da tre riviste del mondo cattolico e pacifista (Mosaico di pace, Nigrizia e Missione Oggi), diversi gruppi bancari tra cui Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Bergamo-Credito Varesino e recentemente Banca Intesa hanno dichiarato di voler cessare, totalmente o in gran parte, la fornitura dei propri servizi al commercio di armi italiane. La Relazione 2005 registra un ulteriore e positivo passo di Unicredit (solo l'1,5% delle autorizzazioni quest'anno), l'uscita ormai definitiva di MPS e la bassissima quota di nuove autorizzazioni di Banca Intesa (1,7%) mentre riporta tra le principali "banche armate" italiane Banca di Roma (che si aggiudica autorizzazioni per un valore complessivo di oltre 395 milioni di euro), il Gruppo bancario San Paolo Imi (autorizzazioni per oltre 366 milioni di euro), Banca Popolare Antoniana Veneta (121 milioni per uno share del 9%) e Banca Nazionale del Lavoro (71 milioni, cioè oltre il 5% del totale). Solo una banca straniera, la Calyon Corporate and Investment Bank, con 120 milioni di euro di autorizzazioni (9% del totale) si aggiudica qualcosa di simile ai maggiori gruppi italiani: ma è significativo che proprio a questa banca estera, nata dalla fusione di due gruppi (Crédit Lyonnais e Crédit Agricole Indosuez), sia stata affidata la riscossione dei pagamenti per una vendita di armi alla Cina di oltre 120 milioni di euro.

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