L’orrore del 1945 non è bastato? Il punto

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Immagine: Atlanteguerre.it

È inquietante scoprire tutto questo nel giorno che ricorda “Fat Man”.

È la bomba, “Fat Man”. È la bomba atomica che il 9 agosto 1945 “Fat Man” distrusse la città giapponese di Nagasaki. Tre giorni prima, la gemella “Little Boy”, aveva fatto la stessa cosa con Hiroshima. Il 9 agosto di 79 anni dopo, scopriamo che il pericolo nucleare è tornato, anzi non se ne è mai andato. 

Un pericolo concreto, reale: aerei a capacità nucleare si stanno esercitando in queste ore ad Aviano, in Italia. Si tratta di uno squadrone di 12 F-35 di quinta generazione, della Raf, l’aeronautica militare inglese. Sono ad Aviano in missione, pronti a colpire in Medio Oriente se laggiù la situazione dovesse peggiorare, se l’Iran dovesse mettere in campo una reazione dura e totale contro Israele. Intanto, anche gli F-16 da intercettazione aerea sono stati rischierati in Medio Oriente.

Scoprire che l’orrore di allora, del 1945, non è bastato è inquietante. Capire che ancora il “ricatto nucleare” viene messo sul tavolo per risolvere controversie e guerre fa dubitare sempre dell’intelligenza della nostra specie. L’istinto alla distruzione globale è istinto pericoloso, dettato dalla voglia di mostrarsi sempre i più forti, a costo di autodistruggersi. La postura politica dei contendenti globali, in questa fase della storia, lo dimostra. L’atteggiamento sui fronti di guerra aperti lo conferma. Dalla Russia, la minaccia di usare “armi nucleari tattiche” sui campi di battaglia, per contrastare l’aiuto militare occidentale a Kiev, è diventata periodica e regolare. La risposta degli Stati Uniti e della Nato è nell’idea di riposizionare in Europa armi nucleari per colpire Mosca. In Israele, alcuni pazzi ministri integralisti israeliani, hanno più volte detto che il problema palestinese o il conflitto con l’Iran si potrebbero risolvere facilmente usando le armi atomiche. 

Facciamo attenzione, non sono solo minacce. Gli esperti sostengono che nel prossimo decennio si registrerà una forte aumento degli arsenali nucleari da parte dei nove Stati dotati di armi atomiche, ovvero Stati Uniti, Federazione Russa, Regno Unito, Francia, Repubblica Popolare Cinese, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Da tener presente che il numero di testate esistenti è ancora spaventoso: circa 12.705 testate, di cui circa 9.440 in scorte militari per un potenziale utilizzo e circa 3.732 testate schierate con missili e aerei.

La tendenza globale è quella del ritorno ai nazionalismi e imperialismi e, quindi, a un progressivo riarmo. La Cina sta costruendo 300 nuovi silos missilistici. La Francia ha lanciato un programma per lo sviluppo di un sottomarino missilistico balistico a propulsione nucleare. L’India e il Pakistan stanno lavorando, ovviamente separatamente, a nuovi sistemi nucleari, così come Israele e Corea del Nord. Infine, il Regno Unito nel 2021 ha annunciato di voler aumentare le sue scorte totali di testate.

Mentre questo accade, si combatte e si minaccia su ogni fronte. Israele attende la reazione Iraniana all’omicidio di Ismail Haniyeh, il capo palestinese di Hamas, ucciso a Teheran mentre era ospite in una foresteria dei pasdaran. L’organizzazione politico-militare palestinese ha scelto come successore Yahaya Sinwar, capo militare dell’organizzazione. Una scelta precisa e minacciosa: Sinwar vive nei tunnel di Gaza, è un combattente che disprezza la dirigenza di Hamas in “giacca e cravatta”, quella che si muove fra Doha – la capitale del Qatar – e le altre capitali del Vicino Oriente. E’ un capo adorato dai suoi, che è stato per anni nelle galere israeliane e che ora dovrà diventare il punto di riferimento delle eventuali, nuove trattative.

Lo ha detto il segretario di Stato statunitense, Blinken, mostrando tutto il proprio disappunto per la scelta israeliana di assassinare Haniyeh. Ora, però, si attende appunto la probabile reazione militare di Teheran, diventata inevitabile per rispondere all’ennesima offesa israeliana. Resta da capire se si tratterà di un colpo “chirurgico” o se l’Iran darà il via a quello scontro globale con Tel Aviv che ormai cova sotto la cenere da decenni. Nel dubbio, gli alleati di Israele hanno, appunto, rischierato gli squadroni aerei e avvertono che “non saranno tollerati attacchi alle proprie forze armate nel Medio Oriente”.

Più lontano, in Ucraina, la svolta viene dal primo, vero attacco militare di Kiev, con tank e soldati, al territorio russo. È accaduto fra il 5 e il 6 agosto. Le notizie raccontano di scontri nella regione russa di Kursk. L’azione è stata accompagnata da raid di droni, che avrebbero ferito una ventina di persone. I media russi hanno parlato dell’avanzata di centinaia di soldati ucraini, accompagnati da tank. Sarebbero stati respinti, ma il caos è stato totale, con centinaia di civili in russa in preda al panico e in fuga dalle proprie case. 

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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