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Giornaliste a Gaza
Economia di guerra
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Foto: Unsplash.com
A Gaza più di un terzo di lavoratori e lavoratrici del settore giornalistico e dei media sono donne. Oltre 200 donne giornaliste, reporter, videomaker, fotoreporter del settore erano presenti nei registri del sindacato sui 600 iscritti totali al 7 ottobre 2023 (anche se un numero considerevole di giornaliste non è registrato).
Tra loro, Ayat Khadoura, giornalista freelance e conduttrice di podcast, la cui casa a Beit Lahiya, nel nord di Gaza, è stata colpita da un attacco aereo israeliano. Nel tentativo di documentare la catastrofe umanitaria, Khadoura ha condiviso dei video sui social media prima della sua morte. E Sally Abdullah Thabit, la corrispondente di Alkofiya TV a Gaza, svenuta durante una diretta tv, dopo giorni bevendo acqua e sale a causa della carestia in corso, confermata dall’analisi dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC). Altre giornaliste si sono dovute separare dalla famiglia per continuare il proprio lavoro come Nour Swirki, che ha dovuto mandare i propri figli in Egitto con la madre per proteggerli e continuare a documentare il genocidio nella Striscia. Come riporta l’emittente Al Jazeera, 270 giornalisti e giornaliste sono stati uccisi dall'esercito israeliano dal 7 ottobre 2023, il numero più alto che si sia mai registrato in un conflitto. Tra le ultime notizie, l’assassinio di Anas al-Sharif e cinque altri giornalisti di Al Jazeera durante un attacco dell’esercito israeliano mirato alla loro tenda. Ieri cinque giornalisti sono stati uccisi nel corso di un duplice raid dell’esercito israeliano che ha preso di mira l’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Tra loro anche Mariam Dagga, giornalista visiva palestinese che ha lavorato come freelance per AP dall'inizio della guerra. Una situazione sempre più pericolosa, come denuncia Reporter Senza Frontiere che ha chiesto una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Reham Owda, ricercatrice e analista politica Palestinese ha pubblicato a fine luglio un’analisi sulla situazione delle donne giornaliste di Gaza, a partire dal 7 ottobre ad oggi, per raccontare questo lavoro ad altissimo rischio. Tra la violenza del conflitto, lo sfollamento forzato, i rischi per la famiglia, la carestia, la pressione psicologica, la violenza domestica e gli attacchi online. È stata intervistata online da Unimondo per raccontare l’impatto del genocidio sulle professioniste dell’informazione.
Qual è la situazione delle donne giornaliste a Gaza?
La situazione delle giornaliste a Gaza è catastrofica e molto rischiosa. Le giornaliste soffrono come tutta la cittadinanza di Gaza e subiscono lo sfollamento forzato, il rischio di essere uccise da un attacco aereo israeliano, l'inflazione dei prezzi dei generi alimentari e la mancanza di elettricità e acqua. Allo stesso tempo, corrono rischi professionali quando riportano le notizie della guerra senza alcuna immunità né protezione. Sono soggette a uccisioni casuali da parte degli attacchi aerei israeliani, se hanno la sfortuna di trovarsi vicino a una persona presa di mira, e possono diventare vittime collaterali in un attimo. Inoltre, le giornaliste sposate e con figli soffrono maggiormente le pressioni psicologiche perché mentre riportano le notizie sul campo li lasciano con la famiglia nei campi profughi e potrebbero perdere uno dei propri figli mentre stanno lavorando.
Tra le tante storie di donne giornaliste nella Striscia analizzate quale ha segnato maggiormente la sua ricerca?
È la storia della giornalista Nour Swirki, che ha cercato con tutte le sue forze di conciliare il suo lavoro di giornalista con quello di madre. Per proteggere i suoi figli, ha deciso di mandare i bambini in Egitto con sua madre, mentre lei è rimasta con il marito a Gaza per raccontare le notizie della guerra, nonostante la situazione fosse molto rischiosa e potesse essere colpita in qualsiasi momento da un attacco aereo israeliano.
Quali sono i rischi maggiori?
Il rischio di essere uccise a causa di un attacco aereo israeliano mentre stanno coprendo una notizia, lo sfollamento forzato e la mancanza di un rifugio sicuro, ma anche essere ferite e rimanere invalide. E il trauma psicologico causato dal dover riportare notizie di morte e distruzione, problemi fisici dovuti alla mancanza di cibo e disturbi del sonno causati dal rumore delle bombe. Parlando da una prospettiva di genere, le giornaliste affrontano quotidianamente sfide legate alla privacy, alle cattive condizioni igieniche e alla mancanza di assorbenti. Lottano per garantire sicurezza e protezione ai propri figli. Affrontano ogni giorno la sfida di garantire la loro incolumità, mantenendo al contempo il benessere delle loro famiglie. A causa della mancanza di sicurezza alimentare a Gaza, le giornaliste soffrono anche di malnutrizione e di mancanza di acqua, che causa affaticamento e influisce sul loro lavoro.
La copertura mediatica dei conflitti è spesso dominata dal lavoro maschile, in questo caso qual è lo spazio delle donne giornaliste Palestinesi?
Le giornaliste che lavorano per le grandi agenzie di stampa e per i media internazionali hanno ancora uno spazio limitato per riportare notizie sulla guerra a Gaza. In generale, le giornaliste freelance sono legate alle loro famiglie, alcune hanno smesso di lavorare per proteggere i loro cari.
Infine, qual è l’impatto della violenza di genere?
Le donne giornaliste possono essere soggette a violenza di genere durante il lavoro quando le loro famiglie gli impediscono di recarsi sul posto. Ma sono anche soggette anche alla crescente violenza domestica anche negli affollati rifugi. Sono vittime di norme sociali che non favoriscono il lavoro delle donne insieme agli uomini durante la notte, quando è necessario coprire notizie di ultima ora. Le giornaliste possono anche subire molestie da parte di alcuni uomini che non rispettano il ruolo delle donne nei media e possono essere oggetto di violenza online attraverso i siti di social media. Uno degli esempi di questa violenza online è l'hacking dell'account Instagram della giornalista palestinese Plestia Alaqad. Alaqad, una giornalista palestinese, è nota per i suoi reportage sul campo da Gaza, raccontati via social.
Monica Pelliccia

Monica Pelliccia è giornalista freelance. È specializzata in questioni sociali e ambientali, specialmente su tematiche come la tutela della biodiversità, i diritti delle donne, le migrazioni climatiche, le popolazioni indigene e i movimenti sociali. Ha realizzato reportage, fotoreportage e video, in particolare dal Centro e Sud America, come Honduras, Guatemala, Messico, Costa Rica, Brasile, Ecuador; dalla Palestina e da diversi paesi asiatici come Cambogia, Sri Lanka e India e dall’Europa pubblicati su testate italiane e internazionali come Mongabay, The Guardian, El Pais, L’Espresso e Altreconomia.