I giorni sono 142, ormai

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Foto: Freepik.com

I giorni sono 142, ormai. La “Operazione Speciale” di Putin in Ucraina si avvia al quinto mese e nulla fa pensare che possa avere fine rapidamente.

E’ la situazione militare la chiave di tutto. Con la diplomazia internazionale ferma, incapace di indicare soluzioni, saranno le armi a stabilire il “punto di negoziato”. Le due parti vogliono sedere al futuro tavolo – prima o poi ci sarà un tavolo di trattativa, è inevitabile – con un punto di vantaggio. Che per ora, però, non c’è. 

Lo racconta, ad esempio, il rapporto settimanale dell'intelligence britannica. Secondo le spie di Sua Maestà, “le forze russe non hanno ottenuto avanzamenti territoriali significativi nel Donbass. Intanto, nella regione orientale dell'Ucraina, l'esercito di Mosca continua a condurre attacchi di artiglieria su un ampio fronte seguiti, in alcune aree, da attacchi di prova di piccole unità militari. Il rischio è che perdano lo slancio accumulato dopo la cattura di Lysychansk”. La situazione, dicono gli esperti, svela la fragilità della macchina militare convenzionale russa. I veicoli obsoleti, le armi e le tattiche di trent’anni fa non si prestano alle azioni condotte in questa guerra. Servirebbe usarle “in massa” per avere risultati, ma non è possibile: Mosca non ha le risorse umane e economiche per farlo.  

Non va meglio a Kiev, che nonostante gli aiuti dall’estero, ha risorse limitate. Il prolungarsi della guerra non aiuta l’Ucraina, che sta gettando nella mischia tutti gli uomini e le donne che ha a disposizione. L’esercito sta di fatto resistendo e in alcune zone tentando di riconquistare territori perduti, ma le prospettive a medio termine non sono favorevoli al governo di Zelensky. 

In questo quadro, che pare ormai immutabile, la diplomazia non si muove. In settimana ci sono stati colloqui tra le delegazioni di Ucraina, Russia, Turchia e Nazioni Unite sulle esportazioni di grano e per lo scambio di prigionieri. I negoziati sono stati giudicati “molto positivi” dalle delegazioni stesse, ma non vi sono prospettive di incontri più ampi per un cessate il fuoco.

A minare i possibili negoziati è la durezza dello scontro politico. Kiev in settimana ha accusato Mosca di avere rapito e portato fuori dall'Ucraina circa 200.000 bambini, dall’inizio del confronto. La denuncia l’ha firmata il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando alla conferenza internazionale dell'Aia.

"Si sta ancora stabilendo quanti bambini le forze russe abbiano rapito e portato fuori dall'Ucraina. La cifra preliminare è terribile: circa duecentomila bambini", ha dichiarato, aggiungendo che decine di migliaia di ucraini “sono stati uccisi, torturati e mutilati e milioni di persone sono state deportate in Russia". Di qui la proposta – accolta con favore da alcuni Paesi – di creare un "tribunale speciale" per i crimini di guerra russi. 

Mosca ha rispedito al mittente le accuse, promuovendo una iniziativa di legge che consente, agli ucraini che lo vogliono, di accedere immediatamente alla cittadinanza russa. Il presidente Putin ha, poi, inasprito le leggi contro i dissidenti interni. Un giro di vite durissimo, grazie ad una legge che equipara all'alto tradimento lo schierarsi dalla parte del nemico in una situazione di “azione militare”. Formalmente la legge parla di “partecipare come parte delle truppe di uno Stato straniero, di una organizzazione internazionale o straniera che si oppone direttamente alla Russia in un conflitto armato, in azioni militari o in altre azioni che prevedono l'uso di armi e materiale militare". Gli osservatori, però, segnalano come l’eventuale applicazione estensiva della norma potrebbe portare in carcere – con condanne sino a vent’anni – chiunque si opponga ufficialmente a questa guerra.

Intanto, continua la telenovela Gazprom, che in piena guerra comunica di non poter garantire il buon funzionamento del gasdotto Nord Stream. Il problema è legato ad una turbina Siemens rotta, ferma in Canada per le riparazioni. Le sanzioni terrebbero tutto fermo, questo dice Gazprom e quindi il gasdotto non può funzionare. Nei giorni scorsi, in realtà, il governo canadese ha deciso di sbloccare la consegna della turbina, che dovrebbe essere installata proprio dalla Siemens. Il governo di Berlino ha salutato con un brindisi la decisione di Ottawa: il gas russo potrà arrivare regolarmente. A dispetto di tutto.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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