È il crimine che si chiama guerra. Il punto

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Immagine:   Atlanteguerre.it

10.749. È il numero dei civili ucraini morti dall’invasione russa. Il giorno 527 di questa fase della guerra ci porta la conferma del dramma. Ad uccidere quella gente sono state le bombe di aereo o artiglieria, i missili, i colpi di fucile russi. 499 di quegli esseri umani erano bambini. Tutte e tutti erano disarmati. Tutte e tutti non volevano morire. Tutte e tutti non stavano combattendo.

È il crimine che si chiama guerra. Crimine che prosegue. Mosca è stata ancora attaccata, la guerra è arrivata in Russia. Lo ha detto il sindaco, Sergei Sobyanin. Dal ministero della Difesa è invece filtrata la notizia di due aerei ucraini senza pilota abbattuti nei distretti di Odintsovo e Narofominsk. L’aeroporto moscovita di Vnukovo è stato temporaneamente chiuso, i voli sono stati dirottati su altri scali. 

C’è stata la risposta del Cremlino, ovvio, con i bombardamenti a Odessa, Kiev, a Kryvyi Rih, la città d’origine del presidente ucraino Zelensky. Nel primo attacco sono morte almeno 4 persone e 17 sono state ferite, nella sola regione di Kherson. Andriy Yermak, capo dell’ufficio del presidente Zelensky, ha immediatamente lanciato un tweet di sfida: “I russi - ha scritto - non possono vincere sul campo di battaglia, quindi terrorizzano e uccidono. Gli ucraini non si spezzeranno mai. La Russia, sì”.

La guerra prosegue, durissima. Il numero delle perdite militari resta misterioso. Le stime parlano di circa 300mila perdite totali, nei due eserciti, ma la realtà è che nessuno riesce ad avere stime esatte. Così come nessuno sa davvero quale sia la situazione sul campo. L’offensiva ucraina pare proseguire con risultati lenti, incerti e non definitivi. Le forze armate di Kiev non nono riuscite a sfondare il sistema difensivo russo, se non in pochi settori del fronte e con avanzate in profondità molto ridotte. Gli esperti dicono che non si tratta di un fallimento, perché le unità di combattimento di Kiev mantengono una significativa capacità operativa. L’ambizione di una vittoria, però, è stata definitivamente archiviata.

Intanto, l’intelligence britannica dice che la Russia ha probabilmente iniziato a costituire nuove importanti formazioni per aggiungere spessore alle sue forze di terra. “Dalla sua invasione dell’Ucraina - scrivono gli analisti inglesi - la Russia ha schierato principalmente riservisti mobilitati per riempire le formazioni esistenti o come parte di reggimenti di fanteria per la difesa territoriale. Raramente ha istituito nuove organizzazioni dotate di tutte le armi, come gli eserciti combinati, progettati per essere una forza autosufficiente”.  Così, secondo il ministero della Difesa di Londra, “la Russia probabilmente schiererà qualsiasi nuova formazione come forza di riserva in Ucraina. Tuttavia, a lungo termine, la Russia aspira a rafforzare le sue forze di fronte alla Nato. Senza una nuova grande ondata di mobilitazione obbligatoria, è improbabile che la Russia trovi abbastanza nuove truppe per fornire risorse anche a un nuovo esercito”. 

Mosca, quindi, è pronta a proseguire lo scontro con Kiev e il confronto militare con la Nato. Una voce “diplomatica”, però, si è levata in settimana. Inaspettatamente, l’iniziativa l’ha firmata l’Arabia Saudita, che ha organizzato colloqui di pace per l’Ucraina a Gedda, sabato 5 e domenica 6 agosto 2023. Secondo il Wall Street Journal, all’incontro internazionale sono stati invitati rappresentanti di una trentina di Paesi, ma non della Russia. L’obiettivo è trovare un accordo per un vertice di pace entro la fine del 2023. All’incontro avrebbero confermato la presenza i rappresentanti del Regno Unito, del Sud Africa, della Polonia e dell’Unione Europea. Sono invitati anche Messico, Cile, Indonesia, Egitto, India, Brasile e Zambia. Da Mosca è arrivato, invece, un messaggio attraverso il solito Peskov, portavoce di Putin: “Seguiremo con attenzione i lavori – ha detto – ma dobbiamo capire quali obiettivi reali avranno”.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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