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Il Sud-est asiatico tra Covid-19 e narcotraffico
Religione
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Foto: Unsplash.com
Mentre buona parte del Sud-est asiatico sta ancora facendo i conti con le conseguenze sanitarie ed economiche del Covid-19, l’allentarsi delle misure imposte nei mesi scorsi per contenere la diffusione della pandemia ha rimesso in circolo quintali di droghe accumulate durante il lockdown. Montagne di cristalli di metanfetamina o “ghiaccio” provenienti soprattutto dal Myanmar sono state sequestrate in questi ultimi due mesi in Thailandia. Un traffico che precedentemente era stato contenuto anche dalle tensioni etniche e dalla repressione di Naypyidaw contro le minoranze del Paese, ma che adesso con il “liberi tutti” che sta agevolando la ripresa economica (anche illecita), ma non quella sanitaria, è ripreso in grande stile. Secondo Niyom Termsrisuk, segretario generale dell’Ufficio thailandese del Consiglio di controllo dei narcotici (ONCB) “l’ultima spedizione di metanfetamina è stata intercettata lo scorso mese quando un camion a sei ruote è stato fermato per una controllo in un posto di blocco nel distretto di Phun Phin, a Surat Thani. Quaranta sacchi contenenti circa 1.200 chilogrammi di metanfetamina sono stati trovati sotto sacchi di sterco di mucca nel camion. Tre uomini sono stati arrestati”.
In luglio oltre quattro tonnellate di metanfetamina erano state sequestrate anche dalle autorità del Myanmar e non è difficile pensare che anche questo sequestro fosse destinato a passare per Bangogk. “La metanfetamina viene abitualmente trafficata attraverso la Thailandia, ma in questo periodo il traffico avviene più frequentemente e in quantità maggiore, perché le scorte di droga accumulate nelle basi di produzione durante il lockdown sono ingenti - ha spiegato Termsrisuk - e dal momento che la Thailandia confina con le zone di produzione del Triangolo d'oro ed è un centro di rotte di comunicazione terrestre, aerea e marittima, è difficile evitare di essere una via di transito verso altre regioni”. Le operazioni di intelligence hanno rivelato che negli ultimi mesi ci sono state 17 consegne per oltre 11 tonnellate di metanfetamina transitate attraverso la Thailandia. La maggior parte della droga sequestrata era diretta a sud, destinata ad essere trasportata via mare verso Paesi come Malesia, Indonesia, Filippine, Giappone e Australia. Lo scorso anno le Nazioni Unite, grazie ad un’analisi dell’Ufficio contro la droga e il crimine (Unodc) avevano lanciato un chiaro allarme: “Nel sud-est asiatico le organizzazioni criminali transnazionali stanno crescendo e acquisendo sempre maggiore potere e importanza. Le bande possono sfruttare la corruzione dilagante, la debolezza delle forze dell’ordine e gli scarni controlli alle frontiere per alimentare i loro affari”.
Secondo l’Onu questi gruppi generano in quest'area profitti da decine di miliardi di dollari ogni anno grazie ad un traffico (in particolare di metanfetamina) difficile da arginare a causa della corruzione e della sempre più ampia diffusione di queste droghe sintetiche in tutto l'Oriente. In particolare “In varie parti del Sud-est asiatico - sottolinea l'Unodc - il pagamento sistematico di mazzette alle frontiere è regolamentato quasi come le tasse ufficiali nelle burocrazie” e molti dei cartelli, con base in questo Triangolo d’oro, “stanno superando la capacità di risposta delle forze dell’ordine e ponendo serie minacce alla pubblica sicurezza e allo sviluppo di questi Paesi”. Secondo le ultime stime, nel Sud-est asiatico, nell’Asia dell’est, in Australia e Nuova Zelanda vi sono oltre 12 milioni di utilizzatori che hanno consumato circa 320 tonnellate di metanfetamine nel solo 2018. In quell’anno un sequestro record di 120 tonnellate da parte delle forze dell’ordine non ha influito sui prezzi della merce, oggi in costante calo, a conferma di una produzione in grado di soddisfare ampiamente le richieste del mercato. Sempre nel 2018 il commercio di questa droga ha fruttato fra i 30,3 e i 61,4 miliardi di dollari, con una crescita significativa, soprattutto se paragonata ai 15 miliardi del 2013. Solo i mercati di Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud ammontano a circa 20 miliardi, un terzo del totale mondiale.
In questo contesto i casinò della regione, in rapida espansione e poco regolamentati, offrono alle organizzazioni criminali un modo semplice per riciclare il denaro sporco. I proventi dei reati vengono ripuliti anche attraverso il sistema bancario tradizionale, in porti franchi come Hong Kong e Singapore. Un allarme, quello lanciato dalle Nazioni Unite, molto attuale che è stato raccolto da un senatore thai che auspica una collaborazione a tutto campo nella lotta al crimine. “Siamo pronti - ha dichiarato Prajin Juntong, che in passato ha ricoperto la carica di vice-premier - ad assumere un ruolo di leadership e collaborare con l'Unodc e i partner internazionali per rispondere ai traffici transfrontalieri” e contrastare l’uso di stupefacenti nella regione, che oggi “è il più grande al mondo”. Così mentre la Thailandia prova a contenere il traffico di droga in Myanmar è sempre latente il rischio di una possibile maggiore diffusione del coronavirus, anche perché in tutta la nazione sono disponibili solo 80 respiratori, ad oggi lo strumento più utile per contrastare gli effetti più gravi di questa malattia. Questo è quello che affermano gli allarmi lanciati da attivisti e ong umanitarie presenti nel Paese, dove secondo quanto è emerso in giugno da un’inchiesta di Human Rights Watch (Hrw), “almeno 350mila sfollati interni in Myanmar sono davanti ad una possibile catastrofe pubblica sul piano sanitario”.
Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il Myanmar ha uno dei sistemi sanitari più poveri e male attrezzati dal mondo; decenni di dittatura militare hanno contribuito al collasso delle strutture, ad eccezione delle due aree urbane di Yangon e Mandalay, dove vi sono ospedali più attrezzati. Ad aggravare la situazione di fronte a un possibile dilagare dell’epidemia, il sovraffollamento nei campi, le restrizioni ai movimenti e le precarie condizioni delle comunità più vulnerabili, fra cui le minoranze e i gruppi etnici. Le violenze confessionali hanno causato negli scorsi anni la fuga di decine di migliaia di persone, molte delle quali appartengono alla minoranza musulmana Rohingya, spesso perseguitata dai buddisti birmani. “Il sovraffollamento nei campi è preoccupante, e rende quasi impossibile - spiega il rapporto di Hrw - l’allontanamento fisico, aumentando in modo significativo il rischio di trasmissione”. Nella ex Birmania vivono circa 51 milioni di persone in contesti “critici”. Una larga percentuale della popolazione non ha accesso alle cure di base. Le persone chiuse nei campi profughi spesso devono lottare per avere accesso all’acqua potabile o ad altri generi di prima necessità. Le condizioni “già disastrose” dei rifugiati rischiano con il Covid-19 di decimare queste comunità molto più rapidamente di quanto potrebbe fare il consumo quotidiano di metanfetamine.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.