www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Popoli-minacciati/Un-piano-nazionale-di-ripresa-e-resilienza-che-non-tiene-conto-della-natura-211735
Un piano nazionale di ripresa e resilienza che non tiene conto della natura
Popoli minacciati
Stampa

Foto: Unsplash.com
Più ti informi, più impari, più ti appassioni. In genere funziona così, no? Sì, e a volte però più ti deprimi. Per esempio quando le promesse e le apparenti buone intenzioni restano proclami e si rivelano anzi avvilenti realtà. Come quella del Recovery Plan, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) approvato dall’Europa per la ripartenza dell’Italia dopo lo shock, evidentemente non solo emotivo, provocato dalla pandemia: un pacchetto di riforme che hanno l’obiettivo di rendere più forte la pubblica amministrazione e il sistema produttivo e di intensificare gli sforzi per la lotta alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. E la natura, in tutto ciò, che posto occupa?
Ecco, qui arrivano le ragioni dello sconforto, ben evidenziate da Danilo Selvaggi, Direttore generale della Lipu - BirdLife Italia: “Il carattere del Recovery Plan italiano è completamente antropocentrico, tutto ispirato alla filosofia della presenza, dell’aumento, del più: più energia, più infrastrutture, più costruzioni. Dobbiamo ancora perforare montagne, cementificare fiumi, gettare grandi distese di metalli sui terreni agricoli e naturali. Produrre, produrre.” Altro che un piano verde. Un piano decisamente grigio, che dimentica la Natura italiana e palesa parecchie lacune, una su tutte la mancanza di obiettivi e azioni concrete dirette al raggiungimento dei target delle Strategie europee sulla Biodiversità per il 2030, indicate dalla stessa Commissione europea come strada per il futuro all’insegna dei principi del Green Deal e totalmente ignorate in questo PNRR.
In cosa si traduce questa imperdonabile mancanza? Nel fatto che stiamo perdendo un treno, uno di quelli importanti, che riguarda la possibilità per il nostro Paese di indirizzare una parte dei fondi in arrivo alla conservazione della Natura (eludendo tra l’altro esplicite indicazioni comunitarie). Il ripristino degli ecosistemi è una priorità che, seppure a molti possa sembrare una velleità da ambientalisti, non è affatto così: ri-naturalizzare l’Italia, considerando la molteplicità e ricchezza degli habitat terrestri e marini che ne rendono così prezioso il territorio, è importante in primo luogo perché dallo stato di conservazione di quegli habitat – e delle specie protette che in molti casi li popolano – dipende anche la nostra stessa qualità della vita. Un generico “migliorare il benessere dei cittadini attraverso la tutela delle aree esistenti e la creazione di nuove”, però, non è sufficiente se non affiancato da investimenti mirati e integrati per il ripristino della biodiversità. Argomento che, ahimè, è affrontato in modo semplicistico e banale, ridotto a “interventi di forestazione urbana e digitalizzazione dei parchi”, sorvolando per esempio su indispensabili azioni per contenere il dissesto idrogeologico e affrontando in un’ottica esclusivamente turistica e ricreativa il tema della tutela, dove invece l’obiettivo prioritario delle aree protette è quello di proteggere almeno il 30 % della superficie terrestre e il 30 % del mare e di destinare il 10% a protezione rigorosa.
Da questo tanto decantato PNRR, che si fregia di un nome altisonante e consolatorio ma che di fatto sembra l’ennesimo tentativo di gettare fumo negli occhi stanchi degli italiani, emerge purtroppo la totale assenza della Rete Natura 2000 e di un approccio ecosistemico, a vantaggio di un approccio prettamente tecnologico e infrastrutturale e dove azioni concrete per il ripristino della biodiversità sono praticamente ignorate, isole comprese (che rappresentano però eccezionali luoghi di sosta anche per la fauna migratoria, non solo per quella locale).
Ci si chiede dunque dove sia quella declamata “transizione ecologica” che ha perfino, in un momento di slancio naturalistico, dato il nome a un ministero ma che sembra puntare sulla “ripresa verde” del Paese ignorando, come evidenziato in modo molto chiaro dalla stessa LIPU, il più importante strumento comunitario per la conservazione della biodiversità, centro della Strategia europea sulla Biodiversità per il 2030 e fulcro delle attività indicate dalla Commissione europea come cruciali per arrestare il declino della biodiversità in Europa: appunto, la Rete Natura 2000, per l’implementazione della quale molte Regioni si sono già di fatto dotate di un piano finanziario per le azioni necessarie (PAF - Prioritized Action Framework, richiesto dalla Commissione europea).
Anche sulle questioni di budget questo PNRR è un salvadanaio bucato, prevedendo uno stanziamento di fondi assolutamente irrisorio e non coerente con le regole comunitarie. Un piano che, per mettere la ciliegina sulla torta, prevede anche una semplificazione normativa che di fatto si esplicita in “semplificare e velocizzare l’iter autorizzativo delle infrastrutture grigie”, ovvero diminuire il valore delle valutazioni di impatto ambientale che sono strumento di tutela all’insegna del principio del “do not harm”.
Le proposte di miglioramento non mancano, a partire da quelle espresse dalla stessa LIPU ma condivise e sottoscritte anche da altre realtà: si tratta “solo” di recepire queste osservazioni, poste tra l’altro da chi di natura si occupa con competenza e costante pratica sul campo da decenni, e correggere un documento dalle grandi potenzialità – ma al momento anche dalle immense criticità e dalle gravi violazioni delle condizioni formali poste dal Regolamento europeo, nonché della sostanza stessa del Next Generation Ue, che nella componente naturalistica vede una caratteristica portante della ripresa dell’Unione Europea all’insegna del Green Deal.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.