www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Giovani/L-Africa-ai-tempi-del-coronavirus-195254
L’Africa ai tempi del coronavirus
Giovani
Stampa

Foto: Who.org
Ormai tutto il mondo sta vivendo uno dei momenti più critici dal dopoguerra: la diffusione del famigerato coronavirus. Praticamente tutti gli stati hanno adottato misure drastiche al fine di arginarlo il più possibile e poi sconfiggerlo. Ora, anche il continente africano è colpito violentemente da questa pandemia: i casi in pochi giorni hanno superato i 15,000 casi (con oltre 800 morti) a fronte di una popolazione di circa un miliardo e mezzo di persone. Solo il Lesotho è ancora ufficialmente, ma stranamente, immune dal contagio.
Per seguire con puntualità la vicenda, qui ci sono i dati aggiornati.
Mi preme sottolineare alcuni aspetti molto significativi riguardo al continente africano. Prima di tutto, il coronavirus non è semplice da smascherare, servono strumenti che soltanto pochi stati africani avevano in loro possesso. Solo Senegal e Sudafrica all’inizio; ora, grazie al prezioso aiuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di altre istituzioni inernazionali, gli stati in grado di scovare questo virus sono sensibilmente aumentati: tra gli altri, ora anche Kenya, Egitto, Algeria, Nigeria, e finalmente l’Uganda, sono in grado di farlo.
Un altro problema è la carenza di strutture sanitarie di livello adeguato. Nella perla d’Africa, solo due ospedali (nella capitale Kampala e ad Entebbe, sede dell’aeroporto internazionale) sono attrezzati ad ospitare persone in terapia intensiva e in altre situazioni di una certa gravità. Al netto di tutto ciò, i casi di coronavirus potrebbero essere molti di più, soprattutto nelle aree rurali, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione, talvolta molto difficili da raggiungere.
Per maggiori informazioni sulla situazione attuale rimando alla lettura di alcuni articoli su una testata specializzata da anni nelle vicende del continente nero, Africa Rivista, e al sito ufficiale dell’OMS.
Un’altra considerazione da tenere presente è la seguente: la popolazione africana è la più giovane al mondo (la media è di circa 20 anni di età), un fatto positivo, visto che il coronavirus colpisce spesso gli anziani o persone con pregresse complicazioni (nel mondo occidentale, spesso sono persone in età avanzata). Tuttavia, non c’è da restare tranquilli, visto che in Africa il numero di persone cronicamente malate è altissimo. Infatti, ci sono milioni di persone, giovani e non, affette da aids, tubercolosi, epatite, tifo, colera, malaria e via discorrendo. Quindi se venissero colpite da questo virus, avrebbero maggiori possibilità di ammalarsi gravemente e nel peggiore dei casi avviarsi verso una morte certa. Perchè? Proprio per quello descritto sopra: carenza di srutture mediche, di materiale sanitario e difficoltà di raggiungere i malati nelle zone rurali. Per approfondire, consiglio la visione, tra gli altri, dei seguenti link condivisi dal World Economic Forum, dalla BBC e dall’OMS.
Infine, alcuni stati, tra cui l’Uganda, la Repubblica Democratica del Congo (DRC), la Sierra Leone, stanno uilizzando per combattere il coronavirus tutta la loro esperienza maturata durante le epidemie di ebola (la più recente ha colpito la DRC nel 2019).
Tutto ciò, in piena sinergia con l’OMS, la Croce Rossa internazionale e le varie organizzazioni non governative che si occupano principalmente di problemi di salute, come Medici Senza Frontiere, Intersos, Emergency, Amref, CUAMM e tante altre.
Quindi, nonostante la situazione attuale in Uganda, in apparenza, sia fortunatamente più tranquilla che in Italia (54 casi su più di 5000 test ad oggi), Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo (AMCS) è impegnata in prima linea per sensibilizzare lo staff e le comunità locali verso la prevenzione. E prevenzione significa innanzitutto fare un gesto semplice, semplicissimo: lavarsi le mani con il sapone. Ad Alito, dove AMCS cura la formazione di tanti ragazzi nella scuola di Agribusiness, nei giorni scorsi si è svolto un corso di aggiornamento sul coronavirus destinato allo staff e sono state installate sei ulteriori postazioni per lavarsi le mani.
Venerdì 13 marzo abbiamo deciso di tenere un meeting e un breve training sul tema affinché tutto lo staff di AMCS sia preparato il meglio possibile nell’affrontare l’arrivo di questa pandemia anche in Uganda, soprattutto dopo il primo caso confermato di coronavirus (un giovane ugandese di ritorno da Dubai).
Dopo aver aggiornato lo staff sulle caratteristiche del virus e su come comportarsi in materia di igiene personale per prevenire il contagio, basandosi sulle informazioni affidabili dell’Oms e del Ministero della salute italiano, abbiamo installato sei postazioni per lavarsi le mani con sapone liquido il più spesso possibile durante l’arco della giornata.
Infine, il giorno venerdi 20 marzo si è tenuto un ulteriore meeting, per discutere delle nuove misure adottate dal presidente Museveni dopo il suo discorso di ieri alla nazione. Esse vanno nella direzione di quelle già messe in atto da tanti altri paesi, quali Italia, USA, Francia, Spagna, Corea del Sud, Sudafrica e così via.
I confini sono chiusi, i voli civili bloccati sia in entrata che in uscita, le scuole e i luoghi pubblici affollati (grandi mercati, bar, discoteche, chiese etc.) sono chiusi, i matrimoni verranno rinviati ai mesi successivi, partecipare ai funerali sarà consentito soltanto ai parenti stretti delle vittime. Da lunedì 30 marzo, infine, i viaggi all’interno del paese sono vietati e le attività non essenziali bloccate fino al 5 maggio: anche in Uganda il tanto temuto “total lockdown” è arrivato. Questa situazione ci sta facendo notare come in realtà, africani, europei, asiatici, americani siano tutti uguali di fronte ad una pandemia di questo calibro. In Europa ed in tutto il mondo occidentale, sta accandendo qualcosa che non si è visto e non si vede spesso: migliaia di persone vengono ricoverate in terapia intensiva e perdono la vita ogni giorno (il picco di morte per coronavirus in Italia ha sfiorato i 1000 morti in un solo giorno). Tuttavia, in Africa e in molte altre zone del sud del mondo, purtroppo, ciò accade regolarmente: per fame e assenza di cibo, per sete e assenza di acqua, per gravi malattie e assenza di cure, per conflitti e assenza di pace.
Pietro Scartezzini
Capo Progetto Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo. Alito, Kole District, Lango Sub-region, Uganda, 14-04-2020