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Cile: fare luce sulle responsabilità per il crollo della miniera
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Il crollo della miniera cilena di San Josè che lo scorso 5 agosto ha intrappolato 33 minatori a 700 metri di profondità poteva essere evitato. “La localizzazione dei lavoratori poteva essere fatta molto prima”: queste le prime affermazioni della Commissione parlamentare che sta investigando sull'accaduto. Dopo la commozione e la gioia per il ritrovamento dei minatori avvenuta a 17 giorni dal crollo della zona dove stavano lavorando è ora di accertare le responsabilità e soprattutto prendere le giuste misure affinché fatti del genere non si verifichino più.
Il Cile è il primo produttore mondiale di rame, circa il 30% del suo Pil è dovuto proprio alle esportazioni di questo metallo, ma numerosissime sono anche le miniere di oro, argento e ferro. Proprio alle estrazioni di rame e oro si stavano dedicando i 33 minatori sepolti nella miniera di San Josè, di proprietà della San Esteban nella regione di Atacama.
Archiviate le forti emozioni per il ritrovamento dei 33 e in attesa di poter presto riabbracciare i propri cari, i familiari dei sepolti vivi ora chiedono alle autorità di fare luce sulle responsabilità del crollo: “per noi questo non è un incidente, noi lo consideriamo un crimine. Non sono state garantite le misure di sicurezza. Ho parlato con uno dei portavoce dell'impresa e mi hanno detto che c'era un accesso per uscire, però non c'erano le scale perché l'impresa non le ha costruite” ha dichiarato la figlia di uno dei minatori intrappolati.
Sono pesanti le denunce dei parenti dei minatori, secondo questi ultimi Alejandro Bohn y Marcelo Kemeny, proprietari della società San Esteban, erano consapevoli che il sito non aveva tutte le carte in regola, sopratutto per quanto riguarda le condizioni di sicurezza dei lavoratori, ma hanno ripreso l'attività estrattiva senza tenere conto dei rischi che potevano correre i minatori.
In realtà la compagnia non è nuova a fatti del genere, negli ultimi anni è stata sanzionata 42 volte proprio a causa di numerosi incidenti che si sono verificati sul lavoro. Javier Castillo, segretario del sindacato della San Esteban, ha reso noto che già nel 2003 i lavoratori presentarono davanti al tribunale la richiesta di maggiore protezione delle loro condizioni di lavoro nella miniera di San José, ma all'epoca nessuno fece nulla. Ha ricordato anche che negli ultimi anni sono morti tre minatori sul lavoro. Solo nel 2007 la miniera era stata chiusa per le cattive condizioni geologiche e nel 2008 i vertici dell'azienda furono accusati di omicidio colposo per la morte di uno dei loro lavoratori e per questo condannati a pagare un risarcimento alla famiglia del minatore.
Difficile stabilire cifre ufficiali ma i sindacati parlano di oltre 30 morti sul lavoro nel settore minerario dall'inizio del 2010. Secondo loro a molte imprese risulta più economico pagare una eventuale multa per non attenersi alle regole di sicurezza che investire per migliorare le condizioni di lavoro dei minatori. Altra triste realtà è che l'organismo incaricato di fare gli accertamenti non ha abbastanza risorse umane per effettuare i controlli né risorse tecniche per garantire un buon lavoro. Per poter vigilare sulle condizioni di sicurezza di circa un migliaio di siti minerari presenti nella sola regione di Atacama, il Servizio nazionale di Geologia e Miniera Sernageomin ha a disposizione solo due ispettori se a questo si aggiunge una lunga tradizione di permessi e concessioni facili sopratutto alle grandi imprese si capisce come possano accadere incidenti come quello di San Josè. E a dimostrarlo nel caso specifico sono i continui rimpalli di responsabilità tra proprietari della concessione mineraria e gli organismi del governo preposti ai controlli.
Difficile accertare di chi siano le mancanze maggiori per l'accaduto. Certo è che anche il Servizio Nazionale di Geologia e Miniera del Cile non è esente da responsabilità dato che è stato l'organismo che nel 2008 ha ufficialmente autorizzato la riapertura del giacimento, nonostante avesse le informazioni riguardo a tutti gli incidenti precedenti che ne avevano determinato la chiusura.
“Il personale del Sernageomin ha ispezionato la miniera dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto. Dopodiché autorizzò la ripresa della operazioni nella mina di rame e oro” ha dichiarato uno dei due proprietari della San Esteban durante la sua comparizione davanti alla Commissione parlamentare che investiga sulle cause dell'accaduto.
L'avvocato che rappresenta i lavoratori della miniera di San José, Remberto Valdés, ha annunciato che presenterà la prima denuncia contro i proprietari del giacimento e contro i responsabili del Sernageomin. Valdes ha spiegato alla stampa che i proprietari della miniera San Esteban saranno accusati di lesioni e i funzionari del Servizio Nazionale di prevaricazione per aver firmato un'autorizzazione che ha permesso la riapertura della miniera di San Josè, chiusa nel 2007: “il nostro lavoro sarà quello di fare luce sull'intera vicenda e il Cile merita chiarezza” ha detto Valdes.
Pochi giorni fa il deputato Lautaro Carmona, ha reso pubblica una risoluzione del 28 luglio scorso, firmata dal Segretatio Regionale del Ministero della Salute di Atacama Raúl Martínez Guzmán nella quale si autorizza l'ultima delle riaperture della miniera, chiusa per qualche giorno dopo l'ultimo incidente avvenuto ai primi di luglio e che costò l'amputazione di una gamba a un minatore.
Secondo Carmona “questi fatti dimostrano chiaramente che questo incidente poteva essere evitato, così come potevano essere accelerati i tempi di localizzazione dei minatori, ma non è stato possibile per la cattiva gestione della miniera da parte della società”. L'azienda San Esteban fornì delle mappe non esatte alle autorità e con notevoli ritardi rispetto all'emergenza, ora è sull'orlo del fallimento e ha dichiarato di non poter pagare neppure le spese per i lavori di recupero dei 33 minatori.
Secondo Juan Luis Ossa, responsabile del nuovo Comitato Speciale sulle norme di sicurezza nel settore minerario in Cile il prezzo alto del rame ha favorito la riapertura di molte miniere considerate insicure, aumentando le probabilità di incidenti come quello di San Josè: “ Molte miniere chiudono quando il prezzo del rame si abbassa, però quando torna a salire si riaprono nelle stesse condizioni in cui si trovano, senza nessun tipo di manutenzione. E' nostra responsabilità evitare che incidenti come quello di San Josè si verifichino. I lavoratori meritano la nostra attenzione e abbiamo bisogno di creare un sistema adeguato che possa proteggerli” ha dichiarato Ossa. Il Comitato di cui è alla guida avrà 90 giorni per analizzare le norme vigenti ed elaborare delle raccomandazioni su quello che c'è da fare per migliorare le condizioni di sicurezza nel settore minerario.
Il Presidente cileno Sebastián Piñera, aveva annunciato lo scorso 23 agosto che tutti i responsabili dell'incidente saranno puniti. “Sanzioneremo tutti quelli che hanno avuto responsabilità in questo incidente, tanto dal punto di vista civile che dal punto di vista penale”.
Ma le dichiarazioni del Presidente e i comitati speciali non sono più sufficienti, ora i sindacati chiedono ai leader politici del paese di affrontare seriamente il problema della sicurezza dei lavoratori: “abbiamo applaudito il governo quando si è impegnato nella ricerca dei nostri compagni”, ha dichiarato Nestor Jorquera presidente del sindacato dei minatori CONFEMIN. “Siamo rimasti uniti perché volevamo capire la situazione. Dopo aver saputo che sono vivi, dobbiamo dire basta a tutti questi abusi”.
Ratificare la Convenzione n. 176 sulla Sicurezza e la Salute in miniera dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sarebbe secondo i sindacalisti un forte segnale per mostrare che l’interesse espresso in questi giorni dal governo circa il miglioramento delle condizioni dei lavoratori sia reale.
Elvira Corona (inviata di Unimondo)
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