Quando si mena l'acqua al mulino (ma non si lascia a secco quello del vicino)

Stampa

Qualche giorno fa un amico che, da anni, non utilizza per comunicare con la sua rete di amici e conoscenti nessuno dei più comuni social, mi confessava che “è arrivato il tempo di tornare nel mondo”, di riemergere da questo isolamento comunque apprezzato, che anche se non ha compromesso le sue relazioni sociali comincia a vestirgli stretto. Per quale ragione? “Perché senza una mail non ti domicilino più nemmeno le utenze”, o quasi. Chiacchierando con lui pensavo a quanto i social “dividano” i digitali(zzati) dai digitalanalfabeti, quanto sia controverso il rapporto con quel mondo virtuale che, pur controvoglia o a volte inconsapevolmente, ci troviamo ad abitare. Eppure, in questo caso come in molti altri, tutto dipende da come si gestiscono gli strumenti - e le risorse - che si hanno a disposizione, facendo in modo di trarne i massimi vantaggi senza soccombere di fronte al potenziale potere di controllo e di condizionamento che esercitano su di noi, sulle nostre menti, sul nostro tempo libero.

Un’idea intelligente e utile che va in questa direzione è il mulino. Non quello più famoso d’Italia, quello perfetto in cui ormai nessuno più crede ma a cui molti ancora continuano a pensare. Questo mulino è molto più meccanico che onirico, avrà macine in pietra e una trazione sia idraulica che elettrica. Sorgerà in Calabria, per la precisione a Torre del Duca e aprirà in estate grazie a una raccolta fondi organizzata proprio tramite una delle piattaforme social più famose e frequentate: Facebook.

L’artefice di questa iniziativa popolare è Stefano Caccavari, un nome forse non noto a molti che appartiene a un giovane calabrese, animatore lo scorso anno di un’altra brillante iniziativa: la creazione di un’innovativa azienda agricola che ha fermato la realizzazione nella zona di Catanzaro della più grande discarica d’Europa e sul cui destino dovrebbe a breve pronunciarsi il Consiglio di Stato. Studente di Economia, Stefano ha organizzato l’Orto di Famiglia, un’operazione gestita collettivamente di tutela del territorio che si è rivelata, oltre a un’oculata proposta di gestione della terra a livello comunitario, anche un importante collante sociale per la zona. Si affittano lotti di terra, si coltivano e se ne consegnano i prodotti, spesso invitando gli affittuari stessi a partecipare alla raccolta. L’occasione che ha preso il nome di Mulino di San Floro è nata dalla trattativa non andata a buon fine per rilevare un mulino in provincia di Crotone. Presto fatto: Stefano coinvolge il web con la proposta di convertire un casolare di famiglia in un mulino con forno, acquistando due macine La Ferté, le migliori sul mercato dal 1800, e recuperando la filiera del grano antico: le spighe Senatore Cappelli, che rappresentano tra l’altro un’ottima alternativa al tanto contestato grano di varietà khorasan a marchio Kamut.

La necessità a cui far fronte è quella di mantenere in Calabria un luogo certificato e a norma dove conferire il proprio grano per la macina: per farlo occorrono 200 mila euro, tanti sostenitori e sostenitrici che si attivino da distanze più o meno significative, tanta forza di volontà. La quota raggiunta è già di 110 mila euro, e chi lo desidererà potrà farsi socio o essere ripagato con coupon per l’acquisto della farina tradizionale per cui pizzaioli e panificatori sono già in lista d’attesa. Un mulino che tra le sue pietre (francesi, ottime per la produzione biologica perché lasciano intatta la naturale composizione del chicco) raccoglie la generosità e la responsabilità sociale di molti comuni cittadini. Che fanno impresa, anche attraverso i social, dove l’appello di Stefano è partito e dove ancora è necessario condividerlo per raccogliere la somma che manca per arrivare ad inaugurarlo il prossimo luglio.

Se assieme al famoso mulino-famiglia-perfetta nella nostra memoria appare in simultanea il pop-up della battaglia di Don Quijote, possiamo certo dire che San Floro ci offre la possibilità di scardinare qualche fossile dell’immaginazione che associa il mulino a imprese vaghe o a orizzonti surreali nella loro aurea perfezione, regalandoci un’idea molto più concreta e affascinante di macine, pietre, pale e grani, un’idea che, nonostante le avversità, ci parla di recupero della tradizione, rispetto dell’ambiente, coesione sociale, solidarietà.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

Ultime su questo tema

Contro la pedo-pornografia: l’UE rinvia la decisione finale

18 Ottobre 2025
Il voto del Consiglio Europeo sul regolamento della Chat Control è rimandato. (Miriam Rossi)

Asia “stupefacente”

16 Ottobre 2025
Oppiacei, anestetici, miorilassanti... La nuova ondata di abuso di droghe asiatiche non si limita solo agli stupefacenti tradizionali. (Alessandro Graziadei)

“L’accordo per Gaza deciso senza il minimo coinvolgimento dei palestinesi”.

14 Ottobre 2025
Intervista a Maria Elena Delia, referente per l’Italia della Global Sumud Flotilla e Global Movement to Gaza. Il ricordo di Vittorio Arrigoni. (Laura Tussi)

Siria, prime elezioni dopo la caduta di Assad

12 Ottobre 2025
Nelle prime elezioni parlamentari indirette, il volto del nuovo potere preoccupa le minoranze con l’incognita Israele. (Alessandro De Pacale)

Melma fa rima con stella

11 Ottobre 2025
Il progetto "L’ovale storto" racconta le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini)