Migranti: Pisanu attacca Amnesty sul rapporto Cpt

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Sui Centri di permanenza temporanea (Cpt) si è alzata un'accesa discussione dopo il rapporto di Amnesty International che riporta numerosi casi di abusi ai danni dei clandestini da parte di agenti con l'eccessivo uso di sedativi, pessime condizioni igieniche o cure mediche non soddisfacenti e ha criticato il Governo Berlusconi per la "scarsa trasparenza". Pronta la risposta del ministro dell'Interno Pisanu che ha dichiarato: "Non è la prima volta che i dirigenti italiani di Amnesty International ricercano visibilità diffamando le istituzioni che hanno il dovere di contrastare l'immigrazione clandestina. Il ministro dell'Interno continuerà ad ignorare simili provocazioni - si legge ancora nella nota - stiamo parlando di questioni complesse che non si possono affastellare sulla base di un pregiudizio ideologico, ma si debbono affrontare con umanità, equilibrio e senso alto della responsabilità politica".

La Sezione Italiana di Amnesty International ha espresso il proprio rammarico. "Le espressioni usate dal ministro Pisanu trovano scarso riscontro nelle modalità con cui molti governi dell'Unione europea dialogano e discutono, spesso criticamente, con Amnesty International su un tema particolarmente complesso come quello dell'asilo. Inoltre, in riferimento alle dichiarazioni del ministro Pisanu secondo cui Amnesty International avrebbe avuto espressioni di "plauso alle azioni illegali compiute a danno del nostro paese dalla Cap Anamour", l'organizzazione per i diritti umani chiede al ministro di dimostrare la presenza di simili espressioni in qualunque suo documento pubblico (dichiarazioni, rapporti, comunicati o altro). La Sezione Italiana di Amnesty International, infine, esprime la propria amarezza nell'apprendere che il ministro Pisanu continuerà "ad ignorare simili provocazioni". Oggi stesso l'associazione per i diritti umani ha formalmente inoltrato al Viminale una nuova richiesta d'incontro.

Ma forse il ministro ha voluto rispondere anche ai governatori delle Regioni che il prossimo 11 luglio terranno a Bari un Forum contro i Cpt. Agazio Loiero, governatore della regione Calabria, ha accolto l'invito e rilanciato: "La legge Bossi-Fini non funziona. E' ora di cambiarla, a cominciare dalla chiusura dei Cpt", riferendosi anche al rispetto della fonte principale di ogni legge, la Costituzione, che all'art. 10 riconosce il diritto di asilo a tutti gli stranieri a cui in patria è impedito l'esercizio delle libertà democratiche. In queste ultime ore si è aggiunta anche la presa di posizione del presidente della regione Basilicata, Vito de Filippo, che ha affermato "Non è possibile rinchiudere dietro un recinto gente che arriva in Italia rischiando la morte, fuggendo da povertà, guerre e carestie, in cerca di una possibilità di vita". Insieme all'importante presa di posizione dei tre presidenti regionali arrivano anche le dichiarazioni ufficiali di sindacati di Polizia che, da Modena a Lecce, riconoscono il fallimento del sistema Cpt e sottolineano - quasi in risposta alle cifre del Ministro Pisanu sulla presenza degli immigrati nelle carceri - che "proprio la Bossi-Fini ha consegnato gli immigrati nelle mani della malavita".

Al coro di proteste si è unita anche la Caritas, che ha reso nota la propria posizione su questo argomento in occasione del Convegno nazionale di Fiuggi (con evidenti critiche alla Bossi-Fini) sottolineando "la necessità di una progettualità sociale dell'accoglienza" e "la falsa illusione che il carcere possa essere strumento di prevenzione della microcriminalità", e invocando "il superamento del ricorso sistematico ai Cpt, come risposta unica al problema della clandestinità, annullando di fatto qualsiasi progetto di vita, che preveda condizioni più dignitose". A questo la Caritas aggiunge come proposta la revisione del sistema delle quote, nella consapevolezza che l'immigrato non è solo forza-lavoro, ma prima di tutto una persona alla quale vanno riconosciuti diritti fondamentali come la salute, la casa, la famiglia con la ricerca di forme sempre più allargate di partecipazione degli immigrati alla vita sociale e politica, nel rispetto delle loro culture.

Intanto il giudice di pace ha sospeso l'espulsione di Jihad Mohammad Issa in attesa del pronunciamento del tribunale ordinario, previsto per il prossimo 7 luglio, ma ha disposto che rimanga trattenuto nel Cpt romano di Ponte Galeria, dove è stato rinchiuso dopo aver scontato 20 anni di carcere nel nostro Paese. L'avvocato di Jihad, Maria Luisa D'Addabbo, è stata molto critica sulla decisione del giudice di pace, rilevando che comunque il problema resta la legge Bossi - Fini, che mantiene aperta la possibilità che il palestinese possa ancora essere espulso verso Paesi dove la sua stessa vita sarebbe a rischio, nonostante si trovi in Italia da vent'anni, abbia un lavoro e una residenza e non abbia mai mostrato di essere un pericolo per la nostra società. Per tutti questi motivi, è stata presentata la richiesta di asilo politico e verrà inviato un ricorso alla corte europea per i diritti umani di Strasburgo. A sostegno del caso di Jihad si sono mobilitate varie associazioni ed è possibile dimostrare solidarietà attraverso il Forum Palestina. [AT]

Altre fonti: Cento Movimenti

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