Presidenziali in Ecuador: il ritorno di Rafael Correa

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Foto: Unsplash.com

Miren como sonrìen los presidentes cuando le hacen promesas al inocente” cantava Violeta Parra, in un celebre brano in cui criticava la lunga lista di candidati presidenziali che tanto promettono e mai mantengono. Canzone rivoluzionaria, emblema di una protesta latinoamericana infinita e attualissima, che si erge contro le malefatte dei funzionari pubblici, di chi sollazza nella corruzione e nelle ladrerie. Per questo motivo non è fonte di sorpresa la candidatura di Rafael Correa alla vice presidenza dell’Ecuador per le elezioni del prossimo febbraio 2021. Correa ha trionfato alle primarie di “Centro Democratico”, che è parte della coalizione Unione per la Speranza (UNES), spianando così la strada alla formazione del binomio presidenziale nel quale accompagnerà Andrés Arauz, 35enne, già definito “il figlio prodigo della Revoluciòn Ciudadana, già ministro dell’ultimo governo Correa, all’interno di una campagna elettorale che si prospetta di una povertà contenutistica e di un afflato populistico allarmanti. 

La notizia era nell’aria, da diverso tempo Correa lanciava segnali di voler tornare alle alte sfere del potere ecuadoriano, nonostante i fardelli legali che lo attendono al varco. Rafael Correa ha governato il paese per tre mandati consecutivi dal 2007 al 2017, ma dal 2017 vive in Belgio e dal 2018 è latitante a causa di un mandato di prigione preventiva per il sequestro dell'attivista politico Fernando Balda, accaduto nel 2012, processo per il quale non può essere giudicato in via definitiva data la sua assenza. Inoltre, il 27 aprile 2020, la Corte Nazionale di Giustizia (CNJ) dell'Ecuador ha condannato l'ex presidente a 8 anni di carcere per il reato di corruzione nel caso Sobornos” (tangenti) tra il 2012 e il 2016, sostenendo che esisteva una struttura criminale organizzata composta da funzionari pubblici, tra cui l'ex vice presidente Jorge Glas, che manipolava le offerte di infrastrutture a imprenditori nazionali ed esteri, al fine di aggiudicarvi una vasta rete di appalti. Il caso ha già coinvolto e sommerso svariati ex collaboratori di Correa. Il procuratore Iñigo Salvador ha sottolineato nell'atto di accusa che l'ex presidente è stato colui che ha istituzionalizzato e progettato tutta la struttura di corruzione. Il processo è stato appellato in cassazione dalla difesa dell’ex presidente.

In una tipica cornice latinoamericana, Correa avrebbe preferito il posto di presidente, tuttavia la Costituzione, dopo essere stata riformata su iniziativa del suo successore ed ex alleato Lenin Moreno, ne impediva la rielezione per più di una volta. Moreno, che da poco è entrato nel suo ultimo anno di governo con uno dei consensi più bassi della storia politica ecuadoriana (al 13% secondo i dati CEDATOS), si è gradualmente trasformato nel suo principale avversario politico. Nel frattempo, come richiesto dalla legislazione ecuadoriana, Correa svolgeva i suoi comizi elettorali in forma telematica, definendo anche le candidature dei parlamentari nazionali, provinciali e del parlamento andino, guidati dalla sorella, Pierina. La candidatura alla vice presidenza fa pensare ad una sagace mossa di aggiramento politico che sembra imitare la strategia Made in Argentina di CFK e Alberto Fernandez nel ruolo di polena.

Con questo preambolo, in realtà Correa per presentarsi regolarmente a elezioni dovrà risolvere due ostacoli legali non indifferenti. Innanzitutto, dovrà firmare l’atto ufficiale di inscrizione alla candidatura, a Quito, davanti al Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) dal 18 settembre al 7 ottobre 2020, naturalmente il suo rapporto con la giustizia lo rende estremamente complicato, considerando per di più che il regolamento elettorale stabilisce che l'accettazione delle pre-candidature a presidente e vice presidente deve essere personale e non delegabile. La strategia di UNES, l’ala correista del partito, sarà quella di presentare una procura, facendo appello al codice civile. Tuttavia, il presidente del CNE, Diana Atamaint, ha già rifiutato questa possibilità.

Ma i disagi per Correa arrivano anche da un altro fronte: quello giudiziario. I giudici della CNJ che risolveranno il ricorso del caso Sobornos hanno convocato l'udienza di cassazione per il 3 settembre, la cui sentenza quindi sarà formalizzata prima della data d’iscrizione. Qualora i giudici dovessero ratificare la sentenza, la condanna sarebbe ormai definitiva: Correa sarà politicamente bandito per i prossimi otto anni, non potrà registrare alcuna candidatura e nemmeno andare a votare.

Ma il disarmante scenario politico ecuadoriano non finisce qui. Il profugo Correa risulta essere in ottima compagnia nella compagine elettorale. Altre tre figure di spicco della politica del paese sudamericano hanno deciso di avanzare la propria candidatura. Tre uomini di cui il paese potrebbe fare tranquillamente a meno: Abdalà Bucaram (già presidente dell’Ecuador dal 1996 al 1997), Pablo Romero e Virgilio Hernandez, tutti attualmente coinvolti in processi penali con misure precauzionali e la proibizione di lasciare il paese. Bucaram, in particolare, è agli arresti domiciliari ed è processato per criminalità organizzata. Secondo gli investigatori una delle attività illecite dalle quali avrebbe ottenuto benefici economici sarebbe legata alla commercializzazione di test per COVID-19 e maschere, nel pieno dell'emergenza sanitaria. Ma l’ex presidente ha aperti altri due processi penali: uno per traffico illecito di armi e munizioni, e un altro per traffico di beni del patrimonio pubblico.

È proprio vero che la politica riacchiappa quasi sempre i suoi protagonisti. Forse perché chi ha esercitato il potere sogna disperatamente di riconquistarlo. Succede anche in Ecuador, nonostante attraversi la peggior crisi dal feriado bancario del 1999, con un’occupazione informale che è salita al 73% della popolazione (dati Camera di Commercio dell’Ecuador), dove il 50% degli ecuadoriani ha visto ridurre sensibilmente le proprie entrate (CELAG), mentre l’FMI indica l’Ecuador come la seconda economia più colpita per gli effetti della pandemia nella regione, dopo quella venezuelana. Agli elettori ecuadoriani, specialmente in questi frangenti, consiglio una utilissima rilettura del grande Voltaire: “La politica è il mezzo con cui uomini senza principi dirigono uomini senza memoria".

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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