Libano: vince Hezbollah, Hariri premier senza potere

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‎«Il progresso fatto da Hezbollah e i suoi alleati in Parlamento è letto come un ‎rafforzamento dell’Iran in Libano, la tensione perciò salirà ancora di più. Israele ‎già descrive il risultato delle elezioni libanesi come un rischio grave per la sua ‎sicurezza e minaccia persino più di prima l’uso della forza».

L’analista Ghassan ‎Khatib non può fare a meno di spiegare l’esito delle legislative di domenica in ‎Libano, le prime in nove anni, all’interno di un quadro regionale che si aggrava ‎giorno dopo giorno. Come dargli torto. Il premier israeliano e i suoi ministri, forti ‎dell’appoggio incondizionato dell’amministrazione Trump, parlano apertamente ‎della possibilità di un’attacco militare contro l’Iran e persino di un raid diretto al ‎presidente siriano Bashar Assad se Tehran non metterà fine alla sua presenza in ‎Siria.

‎«Tuttavia l’Iran è un Paese che sa come muoversi in questo contesto e farà in ‎modo da non offrire nessun pretesto a Israele e Usa per attaccarlo. Reagirà ai ‎recenti attacchi israeliani contro le sue postazioni (in Siria) ma lo farà in modo di ‎non scatenare un confronto militare diretto con Israele. Sa che la Russia non ‎interverrà in suo aiuto in caso di guerra. E con gli Stati uniti dietro a Israele, l’Iran ‎è consapevole che la guerra non potrebbe vincerla», ci spiega Khatib facendo ‎riferimento anche all’assicurazione offerta dal presidente iraniano Hasan Rohani ‎che Tehran continuerà a rispettare l’accordo internazionale del 2015 sul suo ‎programma nucleare anche se Trump il 12 maggio ritirerà l’appoggio degli Stati ‎Uniti.‎

Lo sa bene anche il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che il successo ‎elettorale del movimento sciita e del fronte “8 Marzo” filo-siriano e filo-iraniano, ‎unito alla sconfitta del partito Mustaqbal del premier sunnita filo-occidentale, ‎Saad Hariri, avrà riflessi inevitabili nelle dinamiche regionali.

«C’è una grande ‎vittoria morale e politica per la scelta della resistenza‎ , una grande vittoria che ‎protegge la sovranità del Paese», ha proclamato Nasrallah, commentando ieri i ‎risultati non ancora ufficiali del voto, andati ben oltre ogni sua rosea previsione. ‎Hezbollah e i suoi alleati – l’altro partito sciita Amal, il Movimento Patriottico ‎Libero del presidente della Repubblica Michel Aoun – hanno conquistato almeno ‎‎47 seggi dei 128 del Parlamento mentre i sondaggi della vigilia ne davano 40-42. ‎Si tratta di un’altra battuta d’arresto per i disegni regionali dell’Arabia saudita che ‎lo scorso novembre, imponendo le dimissioni a Hariri (poi ritirate), aveva invano ‎provato a stravolgere il quadro politico del Paese dei cedri a danno di Hezbollah e ‎dell’Iran.‎

‏Hariri dal voto di domenica esce con le ossa rote. Mustaqbal, dichiaratamente ‎anti-siriano, è sceso da 33 a 21 seggi del Parlamento sotto i colpi dei rivali sunniti ‎del primo ministro che ha perduto prestigio oltre all’appoggio di Riyadh. Hariri ha ‎ammesso la sconfitta ma invece di analizzarne le sue cause politiche ha preferito ‎puntare il dito contro la nuova legge elettorale introdotta nel 2017 che ha ‎sostituito il maggioritario ‎«chi vince prende tutto» nelle 15 circoscrizioni ‎elettorali, con il sistema proporzionale che ha dato spazio a candidati sunniti non ‎legati a Mustaqbal.

A sfavorirlo sono state inoltre la bassa affluenza alle urne, che ‎non è andata oltre il 49% – gli elettori del fronte 8 Marzo sono più motivati ‎rispetto a quelli del campo avverso -, la disaffezione dei libanesi verso la politica e ‎la crisi dell’economia che cresce poco per poter generare ogni anno un numero ‎sufficiente di posti di lavoroNonostante la sconfitta Hariri con ogni probabilità ‎rimarrà primo ministro, in ragione dell’ordinamento libanese che assegna a un ‎sunnita l’incarico di capo del governo.

Non ci sono al momento rivali sunniti in ‎grado di insidiarlo e, in fondo, allo stesso Hezbollah conviene l’assegnazione ‎dell’incarico – per la formazione di un esecutivo nazionale con le maggiori forze ‎politiche – a un avversario in forte declino e non in grado di imporre la sua linea. Nasrallah  ha invocato la formazione in tempi rapidi di un nuovo governo ‎in cui tutte le forze politiche dovranno cooperare per garantire la stabilità ‎nazionale. L’ombra della guerra è l’incognita più grande che grava sul Libano, ‎senza dimenticare che l’Amministrazione Trump terrà sotto pressione l’Iran anche ‎prendendo di mira i suoi alleati nella regione, a partire proprio da Hezbollah.

Michele Giorgio da Nena-news.it

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