Non clandestini, ma persone in fuga da guerre e ingiustizie

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Non clandestini, ma donne e uomini, alcune/i con i loro figli, tutte e tutti con un nome, una storia, e una condizione di vita che vorrebbero cambiare, chi per l'insostenibilità delle "ragioni" della guerra, chi per l'insostenibilità delle "ragioni" economiche. Sono queste le persone che arrivano in questi giorni sulle coste di Lampedusa o che muoiono prima di arrivare. Li chiamano clandestini non per come arrivano, ma perché con la legge Bossi-Fini ogni migrante è comunque considerato un clandestino a tempo determinato.

Di fronte ad essi, l'unica risposta che il governo italiano è stato in grado di dare la si può leggere nel Decreto approvato il 19 giugno: "ove si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia". L'Italia è entrata nuovamente in guerra, e invece di interrogarsi sul perché di quegli arrivi e di quelle morti, fa diventare decreto legge le cannonate di Bossi, facendoci credere che Soriana e sua madre, le altre e gli altri insieme a loro, siano un'offesa e una minaccia di alta intensità.

Offesa è, invece, che si consideri ancora di emergenza una situazione che a Lampedusa si ripete ormai da alcuni anni. Un tratto di terra scelto ultimamente dalle rotte del traffico dei migranti e che è diventato un concentrato di negazione della vita: un Centro di permanenza, che tutta la stampa, anche in questi giorni, continua a chiamare di accoglienza, e che in realtà è un vero e proprio inferno attraverso cui vengono fatti passare tutti coloro che arrivano; barche lasciate l'una sull'altra nel nuovo porticciolo dell'isola; file di donne e uomini in cammino verso il Centro di permanenza dopo lo sbarco, o in attesa di essere trasferiti altrove; profughi e rifugiati, o, ancor peggio, naufraghi considerati come bugiardi; un cimitero con tombe numerate; un fondo marino che è il vero cimitero dell'isola.

Accanto a questa vita, per poter negare la quale si decreta una guerra, la vita degli abitanti dell'isola, alcune migliaia, che aspettano l'estate e l'arrivo dei turisti come fonte economica che varrà per tutto l'anno. Ci si stupisce che di fronte alla prospettiva di un vuoto turistico comincino a esprimere il loro malcontento in forme di ribellione? Ci si dovrebbe chiedere, invece, di fronte a chi e perché si ribellino. Se per una loro "innata avversione" che ha per oggetto i migranti, o non piuttosto verso le politiche delle false emergenze, capaci di puntare i loro cannoni oltre che sui migranti anche sugli abitanti di Lampedusa.

Già l'anno scorso avevamo denunciato ad alta voce cosa succedeva a Lampedusa. Contro la detenzione travestita da accoglienza, contro lo sfruttamento del lavoro migrante, quest'anno, dal 21 al 27 luglio, saremo in Puglia, con un campeggio su un'altra delle linee di confine erette dallo Stato italiano e dalla Unione Europea, e ad agosto saremo di nuovo a Lampedusa.

Tavolo Migranti dei social forum italiani

21 giugno 2003

Fonte: Brescia Social Forum

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