Magalli for President?!

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Oggi, 29 gennaio, cominceranno le votazioni per scegliere il successore di Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica per 9 anni, dimessosi pochi giorni fa senza avere avuto il tempo – queste le dichiarazioni dei suoi addetti stampa - di procedere fermamente con un taglio netto ai benefit riservati agli ex titolari della presidenza. Ma di certo l’eventuale maggiordomo riservato al neo Senatore a vita Napolitano non scandalizza nessuno in un’Italia dove il barbiere di Montecitorio guadagna come un medio industriale di provincia.

La posta in palio è infinitamente più alta: la presidenza di Re Giorgio ha infatti dimostrato all’intera nazione e all’Europa che l’inquilino del Quirinale – da sempre additato come figura di rappresentanza e spesso negli anni passati ritenuto poco più che un orpello costituzionale se paragonato, ad esempio, ai presidenti di Francia e Stati Uniti – può essere in grado, soprattutto in anni come questo nei quali i partiti e le alleanze istituzionali appaiono deboli e poco radicate nei territori, di contare e definire moltissimo, divenendo il perno della vita politica del nostro Paese.

Napolitano è stato indubbiamente il Presidente della Repubblica più potente della storia della nostra Repubblica, capace in nemmeno un decennio, a volte nel bene, a volte nel male, non solo di indirizzare ma anche di attuare e costruire la linee politiche d’Italia.

Sua infatti la decisione di affidare a Mario Monti e al governo tecnico la Presidenza del Consiglio, mesi prima che il parlamento si orientasse in tal senso e ancora fondamentale è risultata la sua azione per la nomina a Premier di Letta Prima e Renzi poi.

Emergenza, si dirà. Certo ma intanto – e questa è verità – dal 2011 ad oggi abbiamo cambiato tre Presidenti del Consiglio e nessuno dei tre si era presentato alle elezioni  con l’intenzione di avere il consenso per raggiungere quella carica: lo stivale una repubblica democratica, cioè costituita  e scelta dai cittadini, la situazione stride e non poco.

Va inoltre ricordato come Napolitano venne eletto nel 2006, al quarto scrutinio e dalla sola maggioranza di centro-sinistra con 534 voti.

Diversa la rielezione d’emergenza nel 2013 con i partiti a implorarlo di rimanere a causa dell’impasse seguita ai 101 di Prodi, dei quali a sentire Fassina l’attuale Presidente del Consiglio sapeva più di qualcosa.

Ora la volontà, per bocca dello stesso Renzi, è quella di trovare un Presidente condiviso: sì, ma condiviso da chi? Ma dal sempre più ringalluzzito Berlusconi, chiaramente! Se infatti IL Nazareno ci mise tre giorni a resuscitare, lui, grazie ad UN nazareno, ci ha impiegato tre anni, ma il risultato è chiaro:  l’ex Cavaliere, ex Senatore e pregiudicato Silvio Berlusconi è ancora in grado di influenzare la politica e di tenere in pugno l’esausta e rachitica “destra” italiana impostando nel contempo la sua successione (ma siamo sicuri che in mente non abbia ancora se stesso? mai dire mai) mentre amoreggia con i quarantenni di nome Matteo (sta invecchiando una volta le sceglieva belle e giovani).

Vediamo a cosa ha portato questo melting pot di incroci fatto di interessi politico-personali, coalizioni ufficiali da garantire e coalizioni ufficiose da rafforzare.

Tantissimi i nomi rimbalzati in questi giorni sui media nazionali: bruciati in partenza Prodi – Berlusconi non lo vuole e Civati lo ha candidato di fatto bruciandolo – e Emma Bonino –malata (auguri Emma!) – restano infatti una trentina di candidati.

Tolto il fumo e il fascino di soluzioni utopistiche e nostalgiche quali Gino Strada, in giro per il mondo a salvare vite e Walter Veltroni che promette sempre di andare in Africa a salvare vite ma è sempre a Roma, pare rimangano tre pretendenti forti: una donna – Anna Finocchiaro; uno dei pochi ministri stimati dell’attuale governo, Pier Carlo Padoan; e “Eta Beta”, un essere immortale e sempre pronto a dimettersi per poi assumere un incarico più alto e più pagato, che risponde al nome di Giuliano Amato, oggi Giudice della Corte Costituzionale e lustri fa, quando era alla corte di Craxi,nominato il “dottor Sottile” per la sua capacità di cavillare e mediare, garantendosi sempre posizioni garantite e stime bipartisan.

Qualcuno spera che all’ultimo momento salti fuori un nome capace di far felici tutti quanti e la rete, anche se stavolta Grillo non c’entra – il suo candidato rimane Rodotà come nel 2013 – ci ha già pensato: Magalli for President! Certo è che, se un pubblico di lettori abbastanza “politicizzato” come quello del “Fatto Quotidiano”, pensa di scegliere il conduttore televisivo più nazional-popolare oggi in circolazione, vuol dire che siamo messi male. Che la sinistra non sa più cosa fare e si appiglia a un Renzi. Ma forse le intenzioni sono diverse.

Come a dire: siamo stufi del toto nomi, smettetela di giocare e dateci un Presidente capace di guidare la politica verso riforme concrete, e non solo dichiarate.

Avranno capito, a Roma, o qualcuno starà già contattando Pippo Baudo per proporre una sfida all’ultima quirinaria tra i due?  Staremo a vedere.

Fabio Pizzi 

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