Né "ermellini" né toghe rosse

Stampa

Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino, Rocco Chinnici, Rosario Livatino ci hanno lasciato. Nicola Gratetri, Armando Spataro e Gherardo Colombo ci hanno raccontato. Ad un mese dalla bomba fatta esplodere davanti al portone dell'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro, ad una settimana dall’uccisione di Angelo Vassallo, Unimondo pubblica un’intervista raccolta da Roberto Moranduzzo a Pasquale Profiti dell’Associazione Nazionale Magistrati a cent’anni dall’Istituzione dell’Associazione stessa nel pieno degli attacchi da parte dell’esecutivo.

In questi giorni ricorre l'anniversario dell'assassinio del gen. Dalla Chiesa. Accanto a lui non si può dimenticare il contributo dei giudici che sono caduti nella lotta al crimine organizzato: Falcone e Borsellino, Rocco Chinnici, il "giudice ragazzino" Rosario Livatino e tanti altri. Cosa vuol dire oggi, fuor di retorica, essere "servitori dello Stato"?

“Oggi come ieri servire lo Stato significa lavorare per far rispettare le regole che la collettività in cui si vive si è data per tutelare i propri interessi. Nell’Italia del dopoguerra sono le regole di una democrazia costituzionale. Se quelle regole non fossero il frutto di una dialettica democratica, servire lo Stato vorrebbe dire essere solo dei sudditi di uno Stato che tutela solo alcuni a discapito di altri: è la magistratura degli Stati non democratici. Ecco perché i magistrati italiani giurano sulla Costituzione e può ben dirsi che quelli tra di loro che sono stati trucidati dalla mafia o dal terrorismo sono morti per servire la democrazia ed il bene di tutti”.

Perché sempre di più i giudici scrivono libri? Penso a Nicola Gratteri (sulla necessità di non essere soli a combattere il malaffare), ad Armando Spataro (sulle ragioni di agire sempre secondo la legge), al ruolo educativo che si è ritagliato l'ex magistrato Gherardo Colombo, alla raccolta dei testi del padre del pool antimafia, il non dimenticato Antonino Caponnetto. Per far conoscere le loro ragioni, per rompere la solitudine del giudice?

“Per non far perdere la memoria, una memoria importante e che sarebbe grave se non passasse tra le generazioni, come purtroppo sta accadendo. Si deve partire da una constatazione. Per capire la storia italiana non si può prescindere, purtroppo, dalla storia criminale del nostro paese: mafia, corruzione, terrorismo e stragismo. Sono fenomeni criminali che hanno condizionato il nostro progresso sociale, culturale ed economico. Siamo riusciti a mantenere il telaio di una democrazia liberale, ma è un telaio molto fragile. E’ per questo che i magistrati nel nostro paese sono stati e sono tuttora proiettati, loro malgrado, a scrivere la storia italiana; questa storia è passata costantemente attraverso la difesa dagli attacchi dei poteri criminali. Oggi vi è il forte rischio che tutto ciò si dimentichi; gli attacchi alle regole del vivere democratico passano attraverso l’alterazione della realtà, la scomparsa dei fatti, l’azzeramento della storia. Da qui, ritengo, la necessità di ribadire, attraverso la scrittura, le ragioni e le motivazioni di vite spese a difendere la legalità costituzionale; il timore che tutto si offuschi, che i furbi ed i disonesti facciano passare stagioni e vite dedicate alla difesa della collettività come azioni politiche sovversive o animate da inesistenti doppi fini”.

Sembra di assistere ad una sovrastima della cosiddetta "costituzione materiale" (il governo sovrano pigliatutto e onnipotente, il trionfo del maggioritario, ecc.) e nel contempo a una sottovalutazione della Costituzione formale (è antiquata, sorpassata - si dice -, è ora di cambiarla anche nella prima parte...). Cosa cela un simile disegno politico?

“Un enorme pericolo. Ogni tentativo di semplificare le regole del gioco democratico, attraverso un’apparente divinizzazione ed esaltazione del popolo che si esprime attraverso i suoi rappresentanti o un suo rappresentante, nasconde rischi che la storia ci consegna in varia gravità. Governi oligarchici, abili demagoghi e manipolatori delle coscienze sono sempre in agguato”.

Quando si parla di "processo breve" saremmo tutti d'accordo se si intendesse venire incontro alle esigenze di giustizia dei cittadini. In realtà un giurista non prevenuto ed equilibrato come Vittorio Grevi sostiene senza mezzi termini che quello che si vuole far passare è un processus interruptus. Quali dovrebbero essere, al contrario, alcune cose minime da farsi, e subito, per rendere i processi celeri e che rendano davvero giustizia?

“Depenalizzare una serie considerevole di reati del tutto inutili ai fini della sicurezza sociale, trasformandoli in parte in sanzioni amministrative; sospendere i processi contro gli irreperibili, semplificare le procedure eliminando garanzie che non tutelano gli innocenti; rivedere le circoscrizioni giudiziarie modificando la loro estensione territoriale in ragione di uno studio approfondito sull’efficienza organizzativa; sospendere il corso della prescrizione del reato dopo il primo grado in caso di condanna; investire in maniera strategica e meno approssimativa sull’informatica giudiziaria”.

Come si spiega il ruolo onnivoro e titanico che vuole assumere l'esecutivo (in un recente intervento Lei lo ha chiamato "tirannia dei vincitori") a scapito di altri poteri dello Stato che sono di garanzia, di contrappeso, di equilibrio negli assetti istituzionali?

“La democrazia critica e dialogica, per usare un’espressione di Gustavo Zagrebelsky, è, tra le forme di governo, la più faticosa, perché a livello di sistema non ha certezze dogmatiche. Non voglio essere frainteso. Ogni individuo deve essere portatore appassionato di proprie idee e convincimenti, il contrario del nichilismo, del qualunquismo. Deve quindi offrire tali idee e convincimenti alla collettività, dialogando con coloro che hanno posizioni differenti o contrarie. La maggioranza che si raggiunge deve però sempre lasciare aperta la porta alla voce contraria ed al beneficio del dubbio che la soluzione raggiunta non sia veramente la migliore per il bene comune. Ogni processo decisionale è quindi il frutto di un confronto secondo regole che assicurano la parità delle armi e necessitano del rispetto di alcune regole fondamentali. Checks and balances, secondo l’espressione inglese che indica il sistema di pesi e contrappesi, di potere decisionale e garanzia di rispetto delle regole, che devono animare ogni sistema istituzionale democratico. In assenza di garanzie e contrappesi, si scivola verso metodi di governo solo apparentemente democratici”.

Emergono nuovamente reati come corruzione, concussione, peculato, interesse privato in atti d'ufficio, ecc. Qual è la differenza con il fenomeno d'inizio anni '90 (tangentopoli)?

“Difficile dirlo. A me sembra che oggi rispetto al passato vi sia una maggiore compattezza e coesione tra corruttore e corrotto, una comunanza strutturale e circolare di interessi. Molte imprese nascono e si sviluppano in connessione organica, ombelicale con pezzi delle istituzioni”.

A cosa mira il progetto di separazione delle carriere dei magistrati?

“Al controllo del Pubblico Ministero da parte del governo. Questo nelle intenzioni di alcuni esponenti politici. Devo peraltro ammettere che alcuni tra i cultori di questa idea, in particolare gli avvocati, in buona fede ritengono che la separazione potrà garantire una maggiore indipendenza del giudice. E’ comunque un falso problema della nostra giustizia”.

Davvero non ha nulla da rimproverarsi la magistratura visto che (sono parole del nuovo vicepresidente del Csm, Michele Vietti) "non c'è dubbio che la magistratura partecipi alla definizione del diritto vivente"?

“Abbiamo molto da rimproverarci. Cadute di efficienza; scelte inappropriate dei dirigenti degli uffici giudiziari; per alcuni, scarsa resistenza alle lusinghe del potere o narcisismo mediatico. Tutto sul versante organizzativo. Sul piano dell’interpretazione delle leggi ci sono invece molti meriti; proprio quel 'diritto vivente' ha garantito, dagli anni '70 in poi, l’attuazione dei principi costituzionali, la protezione delle classi deboli, il progressivo affrancamento dalle discriminazioni di genere e dalle iniquità sociali. Conquiste che, per chi le vuol vedere, hanno garantito che nella nostra comunità si consolidassero le giovani e deboli radici dei diritti umani, dell’eguaglianza e della democrazia dialogica”.

Roberto Moranduzzo da Vita Trentina

Ultime su questo tema

Libia: l’arresto di Al Buti potrebbe aprire il primo caso alla Corte Penale Internazionale

05 Agosto 2025
La Germania ha arrestato un ufficiale libico, sodale di Almasri, su mandato della Corte Penale Internazionale. (Maddalena D’Aquilio)

“PER AMORE DEL MIO POPOLO non tacerò”

13 Maggio 2024
A 30 anni dall’omicidio, con l’ispirazione del vescovo Nogaro, Agnese Ginocchio racconta Don Peppe Diana in un’Opera rock: “Martire per la Libertà e Testimone di Pace”. Un Poema d’amore nel se...

Narcos, bande e crisi nei Caraibi

21 Aprile 2024
L’America Latina e i Caraibi contano il 29% dei tutti gli omicidi commessi nel Pianeta ogni anno. (Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo)

Un camper nei conflitti: il Messico e la guerra alla droga

21 Dicembre 2023
Un camper nei conflitti è un podcast settimanale realizzato con una collaborazione di inPrimis, Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo e Unimondo.

Difensori dell’ambiente: un omicidio ogni due giorni

06 Ottobre 2023
Sono centinaia gli omicidi a livello globale che hanno colpito chi difende l’ambiente e il territorio l'anno scorso. A denunciarlo è il nuovo report 2023 di Global Witness. Un documento in cui spic...

Video

Alle vittime di mafia e a chi la combatte