Mafie: precipitano le confische, serve agenzia ad hoc

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A dieci anni dall'approvazione della legge 109 per l'uso sociale dei beni confiscati per reati di mafia sono oltre 6500 gli immobili espropriati alle cosche, 700 le aziende sequestrate. Ma lo Stato non sembra oggi più in grado di "scovare" i beni dei mafiosi: dal picco del 2000-2001, con quasi mille confische all'anno, si è precipitati alle 374 confische del 2004 e ancora alle 161 dell'ultimo anno. In questi ultimi anni si è così assistito a delle scelte discutibili, a partire da quella di affidare all'agenzia del Demanio l'intera gestione dei beni, dal sequestro alla confisca. "Non abbiamo alcun pregiudizio per i funzionari del Demanio - spiega don Ciotti - Ma con settanta persone a fronte di 3.500 immobili ancora da destinare andiamo verso la paralisi". Il presidente di Libera lancia la prossima sfida: "Ci vogliono competenze straordinarie. Per questo chiediamo un'agenzia ad hoc, un'agenzia forte, capace e preparata. Il lusso di continuare a fare regali alla mafia non possiamo permettercelo".

Si celebrano oggi 7 marzo 2006, i dieci anni esatti dall'approvazione della Legge 109 per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Una normativa che rappresenta una delle più moderne forme di contrasto alla criminalità organizzata. L'anniversario dell'entrata vigore della legge viene ricordato da Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie, che quella legge l'ha pensata, voluta e promossa raccogliendo nel 1995, oltre un milione di firme. Per l'occasione Libera ha presentato la fotografia dell'Italia "confiscata" e restituita alla legalità. Secondo gli ultimi dati ufficiali dell'Agenzia del Demanio, sono 6556 i beni immobili confiscati di cui 2962 sono stati destinati. L'84% degli immobili confiscati si trova in Sicilia (1081 immobili), Calabria (617), Campania(544) e Puglia (172). Sul complesso dei beni destinati, l'89% è stato trasferito al patrimonio dei Comuni per fini istituzionali o sociali.

Alto il numero della aziende confiscate 671 ma solo per 227 aziende, pari al 34%, la procedura di destinazione si è conclusa. Il 35% dell'aziende confiscate è localizzato in Sicilia (235) il 27% in Campania(178) e addirittura il 16% in Lombardia(106). "La 109/96 è una legge che ha disturbato notevolmente i mafiosi - commenta Luigi Ciotti, presidente di Libera- perché li ha toccato nel portafoglio, che per loro rappresenta è un segno di potere, di forza. Oggi la farina, la pasta, l'olio, il vino, i ceci, i fichi d'India, i pomodori e la passata, oggi non solo più in terra di Sicilia o nel Corleonese ma anche in altri capoluoghi di provincia, in Calabria, in Puglia come anche nel nord dell'Italia, rappresentano un segno di liberazione a quel potere mafioso. Non mancano, purtroppo, gli elementi di preoccupazione: lo Stato non sembra più in grado di "scovare" i beni dei mafiosi".

Infatti dal "picco" del biennio 2000-2001 con quasi 1000 confische effettuate ogni anno, si è precipitati alle 374 confische del 2004 e alle 161 registrate fino a ottobre 2005. In questi ultimi anni si è assistito a delle scelte discutibili, come quella di affidare all'Agenzia del Demanio, l'intera gestione dei beni, dal sequestro alla confisca. E i tentativi di stravolgere la normativa sulla confisca dei beni, fortunatamente falliti, come la proposta di legge delega che prevedeva la possibilità di richiedere la revoca dei provvedimenti definitivi di confisca, senza limiti di tempo. In occasione del decennale della legge 109/96.
Nei mesi scorsi la Camera ha discusso la proposta di legge di iniziativa governativa che modificherebbe la legge Rognoni-La Torre introducendo, tra le altre cose, una sorta di quarto grado di giudizio sulle procedure di conquista dei beni rendendole di fatto sempre più difficili. Un progetto di legge nei confronti del quale è partita una vera e propria rivolta anche grazie all'appello di Libera, l'associazione antimafia guidata da don Luigi Ciotti.

Libera rilancia una proposta di riforma autentica della normativa sulla gestione dei beni sottratti alle mafie. "Il nostro sogno- conclude Ciotti- è che sia normale riutilizzare socialmente i beni confiscati alle mafie. Non deve essere un fatto straordinario. Per questo chiediamo un'agenzia ad hoc. Una struttura con personale e mezzi adeguati alla complessità della sfida lanciata dieci anni fa: sottrarre alle mafie ricchezze accumulate illegalmente e trasformate in altrettanti segno concreti di ripristino della legalità, di giustizia sociale e di lavoro pulito". [GB]

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