Italia: appello per la libertà di stampa nella lotta antimafia

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Il presidente del Centro siciliano di Documentazione Peppino Impastato", Umberto Santino, è stato condannato nei mesi scorsi a pagare 7500 euro per diffamazione del politico siciliano Calogero Mannino. Mannino aveva accusato Santino in seguito alla pubblicazione in un suo libro di un testo anonimo che girava a Palermo dopo le stragi del 1993 nelle quali persero la vita, tra gli altri, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Mannino sostiene che Santino pubblicando il testo ne condivide il contenuto. Santino ribatte alle accuse affermando che il suo è stato un lavoro storiografico e che per questo ha riportato il testo anonimo. Un testo, afferma Santino, dove "menzogne e verità si mescolano" e che "può essere un'indicazione di piste valide oppure un'accorta operazione di depistaggio o tutte e due insieme". Per questo lui si è ritenuto in dovere di riportarlo, nonostante la dubbia autenticità.

L'anonimo vergatore dello scritto affermava che nel 1992 Calogero Mannino(esponente della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana siciliana) avrebbe contattato Totò Riina per uno "sciagurato accordo". Riina avrebbe dovuto assicurare a Mannino e ai suoi sodali voti cospicui in cambio di appalti e restituzione di beni confiscati a mafiosi. Le stragi di Capaci, Via D'Amelio(avvenute con l'intervento dei servizi segreti a difesa "del capitale mafioso") e l'assassinio di Salvo Lima (un altro politico siciliano vicino ad Andreotti), avvenuti l'anno dopo, suggellarono l'accordo. Falcone e Borsellino stavano indagando sul riciclaggio di denaro sporco e Lima non era più per la mafia un politico affidabile.

Nel 1997 Umberto Santino dà alle stampe il libro "L'alleanza e il compromesso - mafia e politica dai tempi di Lima ed Andreotti ai giorni nostri" sui rapporti tra mafia e politica in Sicilia. E decide di riportarvi il testo anonimo. L'anno dopo, come detto, Mannino lo querela. In primo grado il 15 maggio 2001 Santino è stato condannato al pagamento di 15 milioni. Il 7 novembre dell'anno scorso(sentenza notificata il 1° febbraio) la Corte d'Appello ha portato la condanna a 7500 euro(sostanzialmente quindi confermandola).

Diverse realtà della società civile impegnata contro la mafia ha espresso solidarietà a Umberto Santino affermando che la sentenza è quantomeno controversa. Sul mensile Antimafia2000 Salvo Vitale alcune delle conclusioni della corte "confutabili". Segnatamente, riporta Vitale, Santino diverse volte viene definito "giornalista (e non sociologo e studioso dei fenomeni mafiosi), la notorietà del testo anonimo è negata e la ricerca storica viene scambiata per diritto di cronaca (scambiando quindi una ricerca storica per una distorta opinione giornalistica).

Riccardo Orioles a sua volta riporta la presa di posizione di Libera e di altre associazioni. Le associazioni antimafia affermano che sentenze del genere minano la possibilità di ricerche storiografiche e l'interesse pubblico alla conoscenza e all'approfondimento di fenomeni sociali come la contiguità tra mafia e politica. Per questo rilanciano un appello, firmato da centinaia di intellettuali e giornalisti dopo diversi casi come quello di Santino, per "la libertà di stampa nella lotta antimafia".

L'appello sostanzialmente si articola in alcuni punti: rivendicare il diritto di conoscere e studiare responsabilità politiche e morali indipendentemente da eventuali responsabilità penali, di competenza della magistratura; rielaborare le leggi sulla diffamazione tutelando sia reputazione personale che la libertà di informazione, di critica e di ricerca; rilanciare la sottoscrizione per il fondo di solidarietà. Secondo i promotori dell'appello condanne come quella patita da Umberto Santino "non rappresentano casi isolati, ma si inquadrano in una preoccupante tendenza generale alla limitazione del "diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" garantito dall'art. 21 della nostra Costituzione"

di Alessio Di Florio

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