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Uganda. Museveni stravince ancora
Giustizia e criminalità
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Foto: Unsplash.com
Yoweri Museveni, dopo 35 anni di potere assoluto in Uganda, vince ancora. 59% degli elettori lo hanno preferito. Il 35% dei voti è andato al cantante reggae 35enne e parlamentare Bobi Wine (il cui vero nome è Robert Kyagulanyi) che è rinchiuso in casa assediato da militari che, ufficialmente, lo proteggono. Bobi è reduce da una campagna elettorale violentissima dove è stato più volte picchiato e arrestato. Era l'idolo dei giovani e l'Uganda è giovane.
Internet è stato bloccato dal governo per giorni e solo il 18 gennaio sera sono arrivati i primi messaggi su whatsapp e facebook riguardo le votazioni del 14 gennaio. Anche questo non ha permesso agli osservatori internazionali di monitorare il voto ed alcuni di essi come Charity Ahimbisibwe, donna a capo del principale gruppo ugandese che si occupa di controllare la regolarità del voto, sono stati addirittura arrestati addirittura durante le conferenze stampa.
Il grande vecchio M7 ufficialmente ha 76 anni. Una vecchia legge ugandese non permetteva ai Mzee (anziani) di candidare oltre i 75 anni ma, guarda caso, è stata cancellata. Molti ugandesi sostengono in verità sia molto più anziano – 82 – ma si sa che il sesto mandato ringiovanisce.
Museveni è abilissimo non solo nel dividere l'opposizione ma anche l'esercito. I generali più fedeli alla Costituzione vengono promossi all'estero in modo da evitare colpi di Stato e/o sommosse mentre i giovani soffrono il disagio dell'accentramento di potere come scrive benissimo Fulvio Beltrami.
Però, nonostante tutto, ha assicurato il più lungo periodo di pace all'Uganda. La spinta progressista di Museveni è terminata nel 2011. All’epoca puntava sul lancio dell’industria (petrolio, oro e marmo) grazie a ingenti giacimenti scoperti al nord del paese. L'idea era trasformare l’Uganda da un Paese agricolo e di pastorizia in un colosso industrializzato. Ora si trova, come molti paesi africani, a trattare con le due nuove superpotenze transnazionali: Cina e Usa. Il vecchio filosovietico ha una doppia agenda che prevede in primis Washington e Pechino e, in secondo piano, Bruxelles e Mosca.
Petrolio e oro solo “prelevati” nella RDC – Repubblica Democratica del Congo ma anche scoperti nel sottosuolo ugandese. Museveni partecipa con Kagame – presidente del Rwanda e molti altri al sacco del Kivu tenendo relazioni con diversi gruppi armati che dal '94 ad oggi hanno avuto accesso al sottosuolo della RDC (dal Kivu al Katanga) con milioni di morti ammazzati rei di abitare su terreni ricchissimi di mineali preziosi. Inutile dire che al sacco partecipano anche holding di mezzo mondo che approffittano di un “non governo” del Congo e non è un caso che sia chiamata la “terza guerra mondiale”.
Il vecchio Presidente marxista è però ambiguo; in senso positivo. Se in un piatto della bilancia mettiamo l'accentramento di potere facendo sorgere ipermercati di sua proprietà in quasi tutte le città ugandesi, se nomina la first lady Ministro del Karamoja per impossessarsi, depredare e disarmare l'ultimo lembo di Africa “non ancora occidentalizzata”, se deforesta Mabira forest o vuole la sua parte nei monti Virunga ai confini con il Rwanda dove abitano gli ultimi gorilla, se cancella ogni tradizione storica africana come Owino market che “casualmente” ha preso fuoco ben 3 volte accecato dal vetrocemento europeo con aria condizionata h24, se lascia proliferare la nuova religione del Casinò dove si guadagna molto e subito ma in realtà si perde tutto.
Tutto ciò si bilancia, nell'altro piatto della bilancia, con un paese che accoglie più rifugiati dell'Europa intera, nel caos sovradescritto riesce a garantire una certa stabilità politica e conseguente arrivo d'investitori, un paradossale riconoscimento internazionale soprattutto presso l'Unione Africana dove non ha molti concorrenti tranne l'ascesa del cugino Kagame con il quale ha un rapporto di sorriso davanti alle TV e di chiusura delle frontiere. Il vecchio ha comunque gestito il Covid senza cadere nella follia e negazionismo dei leader occidentali come Trump, Johnson, Bolsonaro e Lukashenko in quanto è cosciente dell'esiguo numero di bombole ossigeno presenti negli ospedali statali. Il paradosso, a proposito di Covid, è che soprattuto le giovani delle aree rurali hanno nostalgia della scuola perchè a casa temono la violenza domestica o “esser vendute” per un po' di alcool che è la piaga del paese.
Ma per comprendere l'Uganda dobbiamo immaginare una piramide rovesciata dove la “testata d'angolo” è il Presidente che tiene assieme poteri forti, relazioni internazionali, un parlamento che fa solo da cassa di risonanza. Se viene a mancare la pietra portante cuasa età anagrafica tutti coloro che hanno fatto affari negli ultimi 35 anni dovranno scappare dal paese perchè l'avidità e la povertà non hanno eguali.
Nel vicino Rwanda, per esempio, si è arricchito a dismisura il presidente ma ha arricchito anche la popolazione con cultura, infrastrutture, opportunità per i giovani, parità di genere e molto altro. Il binomio “avidità e redistribuzione” fa da contr'altare al binomio ugandese “avidità e accentramento” dove il governo vuole controllare anche i micromercati che si creano lungo la linea dell'equatore. Quasi impossibile che un anziano di 82 anni (per la carta di identità 76) possa e riesca cambiare politica. Noi ce lo auguriamo per il bene non solo dell'Uganda ma di tutta la regione dei grandi laghi.
Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante.