Via libera in Scozia agli assorbenti gratis

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Foto: Unsplash.com

Metti in bella vista uno o più assorbenti in cima alla tua borsa e stai sicura che al controllo per la sicurezza dell’aeroporto in pochi si avventureranno a frugare al di sotto di essi. Un consiglio per malintenzionate o una semplice constatazione? 

È incredibile come ancora oggi, in un Terzo Millennio ormai già da un pezzo avviato, avere in mano un assorbente possa risultare altamente inopportuno e suscitare uno strano senso di imbarazzo. Per non parlare di un tampax poi! È una realtà quella fatta di sguardi distolti e cura nel nascondere gli strumenti utilizzati mensilmente dalle donne in età fertile di tutto il mondo; calcolando che al mondo ci sono più di 3,5 miliardi di donne, si tratta di un bel numero di assorbenti nascosti nelle tasche delle borse o colorati convenzionalmente di un bel gel blu nelle pubblicità in televisione. Il tabù delle mestruazioni porta con sé tutta una serie di ulteriori problematiche scarsamente affrontate, come l’impatto ambientale dell’uso di assorbenti usa e getta, o la fornitura di assorbenti a donne che già vivono in condizioni igienico-sociali precarie quali le senzatetto, le sfollate o le detenute in carcere

Solo un altro di questi problemi sta emergendo con maggiore forza: il peso economico delle mestruazioni sulla donna. È notizia di fine novembre che la Scozia ha approvato in Parlamento una norma rivoluzionaria che rende gratuita nel Paese la fornitura di tutti i prodotti legati alle mestruazioni a chiunque ne abbia bisogno. Un voto unanime alla cosiddetta “Period Product Bill” che impone alle amministrazioni locali di trasformare questo obbligo in una realtà e maturato nell’ottica di porre fine a una forma di povertà legata proprio al ciclo mestruale. Quanti soldi, infatti, spende una donna fertile in assorbenti, antidolorifici, visite mediche connesse alle mestruazioni nel corso della sua vita? E al mese? In tempi di crisi economica si tratta di un costo oneroso, che ha indotto a trasformare in azioni le proposte emerse in un dibattito attivo da tempo: dopo aver già provveduto dal 2018 alla fornitura di assorbenti gratuiti nelle scuole e nelle università, la Scozia adotta quindi per la prima volta al mondo una disposizione che costerà alle casse dello Stato circa 24 milioni di sterline (26 milioni e mezzo di euro), considerando una popolazione di 5,5 milioni di abitanti, di cui chiaramente meno della metà le donne in età fertile. 

Calcolatrice alla mano, il conto servito per un’analoga operazione apparirebbe piuttosto salato per un Paese di 60 milioni di abitanti quale l’Italia, nel quale sono circa 12 milioni le donne con mestruazioni. Non per questo è preferibile una situazione di inamovibilità come quella nella quale il Belpaese si trova, troppo spesso solo a parole attivo nel rimuovere gli ostacoli alla parità di genere. In Italia, infatti, gli assorbenti sono ancora considerati “beni di lusso” e non necessari/indispensabili e sono dunque soggetti a una tassazione IVA del 22%; in altri Paesi europei, le tasse sono state ridotte, ad esempio in Germania sono al 7%, in Gran Bretagna al 5% e in Francia al 5,5%. Appena lo scorso anno, a seguito di diverse polemiche, il Parlamento italiano ha approvato una riduzione dell’IVA al 5% però per i soli assorbenti compostabili e biodegradabili, un prodotto di nicchia del mercato al momento, proprio in considerazione degli alti costi di quei prodotti. Seppur risultano apprezzabili le finalità di indirizzo ecologico della scelta, ben poco tale disposizione va a incidere sulle abitudini di consumo delle donne italiane, in assenza di ulteriori incentivi all’acquisto o di altre trasformazioni del sistema socio-economico. Se lo Stato è chiamato “a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (articolo 3 della Costituzione italiana), il Paese Italia continua a mancare il suo obiettivo. Nessun dibattito sul cosiddetto “congedo mestruale” per donne lavoratrici che soffrono di dismenorrea, ossia di ciclo mestruale invalidante, ironia sessista e commenti trogloditi quando per la prima volta nel 2016 a portare la proposta alla Camera dei deputati per un abbassamento dell’Iva sugli assorbenti è stato addirittura un uomo, l’ex PD Giuseppe Civati, e poco è stato fatto da allora; pietra tombale sull’obiettivo di una parità salariale tra uomo e donna che compiono lo stesso lavoro con la medesima qualifica o su normative che indurrebbero a una più equa ripartizione dei compiti di cura e assistenza in famiglia. 

Le mestruazioni costituiscono solo un ulteriore tassello, uno stigma sarebbe da dire, di una condizione sociale di inferiorità a cui la donna risulta ancora rilegata in Italia, tanto sul lavoro quanto nel tessuto sociale. Il sondaggio condotto nel nostro Paese su 1633 uomini e donne adulti (15-65 anni) da Astraricerche su incarico della multinazionale Essity, nota per brand quali Tena e Nuvenia, e presentato nel febbraio di quest’anno, ha evidenziato una realtà che appare ben lontana da un’equità tra i sessi. Circa 1 su 5 degli uomini ritiene che le donne durante il ciclo abbiamo una capacità di giudizio inferiore e che rendano di meno sul lavoro; 1 su 2 di entrambi i sessi non hanno mai sentito parlare di congedo mestruale e 1/3 delle donne intervistate teme che la sua introduzione potrebbe peggiorare la situazione lavorativa femminile con un aumento della diffidenza già presente verso le assunzioni di donne. 

Allontanandoci dall’Italia, le mestruazioni da tabù costituiscono un grave problema sociale: la mancanza di assorbenti a basso costo e la scarsità dei servizi igienici necessari all’uso di altri strumenti (quale la coppetta mestruale) costringono molte giovani donne a non frequentare la scuola durante il ciclo, o peggio, la condizione di impurità di certe comunità detta regole severe in termini di isolamento sociale, chiaramente foriere di disuguaglianze sociali

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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