Leopardi e la Fashion Week

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Foto: Unsplash.com

Questa settimana a Milano si sta svolgendo la “Milano Fashion Week”, la penultima tappa, dopo New York e Londa, del viaggio della moda nel mondo che si concluderà a Parigi. 

Mi sono chiesta che cos’è la moda. Quali sono le corde emozionali toccate da questa arte, ma soprattutto, cosa la moda rappresenta per l’essere umano. Ho voluto osservare questo evento facendo un passo indietro dalle passere per, pur restando nella modernità, trovare delle risposte esaustive in Giacomo Leopardi. Un poeta, ma prima di tutto un uomo, conosciuto come “pessimista” il quale, almeno per me, non è stato né ottimista né pessimista, bensì un abile – e adorabile – testimone della realtà.

Le Fashion Weeks sono settimane importanti che, ogni anno, rinnovano il capoluogo lombardo fra le capitali della moda. Indetta dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, questo evento è una vera e propria celebrazione di una forma d’arte piuttosto giovane che in Italia deve il suo successo all’imprenditore avanguardista Giorgini, il quale, nel dopoguerra, ospitando la prima sfilata a casa sua, ha intuito e successivamente consacrato il potenziale della moda italiana. 

La moda rassomiglia alla carne. È una creazione che muore facilmente. È un’espressione d’arte che va veloce, rispetto alle altre. È un’opera che nasce – come tutte – dal nulla cosmico ma, a differenza delle altre, non resta anima, si fa pelle. 

Leopardi, in virtù di un rifiuto al conformismo generale e grazie alla sua straordinaria profondità di sguardo, nel “Dialogo della moda e della morte”, pubblicato nelle Operette Morali, paragona i soggetti in questione a due sorelle, affermando che entrambe, la moda e la morte, hanno molto in comune. 

Se la morte è affezionata “alle persone e al sangue”, la moda alle tendenze: “io mi contento”, spiega la moda, “per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti […] e di cose simili”. Come ad esempio: “bruciacchiare le carni degli uomini con stampe roventi che io fo che essi v’improntino per bellezza”, oppure, “togliere il fiato e fare che gli occhi scoppino dalla stretta dei bustini e cento altre cose del genere”.

Il dialogo ruota attorno alla caparbia volontà della moda di convincere la morte che ella è sua sorella. Dapprima lo fa spiegandole alcune delle sue azioni: “io persuado e costringo gentiluomini e gentildonne a sopportare ogni giorno mille fatiche […] e qualcuno a morire gloriosamente per l’amore che mi portano”. Successivamente, elogia gli effetti devastanti che questo suo agire ha sulla volontà umana: “per favoriti”, dice la moda alla morte, “ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al benessere corporale […] e ho portato nel mondo tali ordini e usi, che la vita stessa, tanto quella del corpo che quella dell’animo, è più morta che viva”.

Da una parte abbiamo la morte che è “cieca” e “nemica della memoria”, dall’altra sua sorella, la moda, che ci rende tutti, pian piano e senza tregua, più morti che vivi. 

“Vedevo che molti”, racconta la moda alla morte, “si erano vantati di volersi fare immortali, cioè non morire del tutto […]”, poi continua la moda a farsi sorella la morte, “capendo che quest’affare degli immortali ti scottava, perché pareva che ti diminuisse l’onore e la reputazione, ho levato quest’usanza di cercare l’immortalità, ed anche di concederla pure se qualcuno la meritasse.”

Nel dialogo il poeta ci invita a riflette sui caduchi effetti della moda, i quali dissociano le persone dalla loro intima essenza e dalla rete coscienziale di quello che eternamente sono. Una separazione che è in grado di annientare la memoria e di ingannare l’essere umano imprigionandolo in una tuta di pelle, legandolo alla materia, o meglio, alla vacuità della materia. Inibendo così la sua abilità di sentire – in altre parole la sua sensibilità – e di conseguenza, ogni slancio interiore teso a contemplare il mistero del concetto, seppur ancora inspiegabile, di “eternità”.

Francesca Bottari

Sono nata a Cles il 15 settembre 1984. Dopo essermi laureata in Lingue e Culture dell’Asia Orientale a Venezia, ho vissuto in Cina e in altre nazioni. In passato mi sono occupata di giornalismo e di inchieste. Oggi vivo a Bassano del Grappa, dove ogni giorno mi alleno a vivere scrivendo poesia: francescabottari.it

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