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La rivoluzione delle orche… o delle nostre narrazioni?
Codici di condotta
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Foto: Andre Estevez da Pexels.com
È di poche settimane fa la notizia di alcune orche che hanno danneggiato – e in alcuni casi affondato – delle imbarcazioni nello stretto di Gibilterra. Fatti che hanno allertato e incuriosito molti e che non hanno precedenti. Cosa ha spinto questi animali a comportarsi in questo modo?
Facciamo un passo indietro: già dal 2020, in realtà, alcuni esemplari avevano iniziato a interagire con alcuni yacht nello stretto, colpendo con forza le imbarcazioni, premendo i loro corpi contro gli scafi e spezzando i timoni. Oltre 500 interazioni sono state registrate in 3 anni, con 3 imbarcazioni affondate e molte altre danneggiate. Un comportamento che recentemente è stato registrato anche nel Mare del Nord, al largo di Shetland.
Questi episodi, che ultimamente si sono intensificati, portano a galla, è proprio il caso di dirlo, un paio di domande interessanti. La prima riguarda gli animali, e il perché di questi comportamenti. La seconda riguarda noi, e il perché questi comportamenti attirino così tanto la nostra attenzione e il nostro interesse, dando origine a vignette satiriche e proiezioni umanizzate sulle narrazioni che riguardano questi mammiferi.
Alla prima questione è più facile rispondere: non lo sappiamo. Non sappiamo cosa stiano facendo e perché. Si tratta di creature complicate, piene di sfumature che ancora non cogliamo e dove i singoli individui sono molto diversi gli uni dagli altri. Certo è che queste manifestazioni non sembrano foriere di intenzioni violente o predatorie nei confronti degli uomini, perché altrimenti le orche avrebbero potuto tranquillamente attaccare direttamente i bagnanti. Alcuni suggeriscono che possano esprimere in questo modo intenzioni giocose e curiose, come suggerito nel 2021 dal report di Grupo Trabajo Orca Atlántica(GTOA) che vede a lavoro congiunto scienziati spagnoli e portoghesi. Altri, come per esempio pescatori o marinai, ipotizzano che quelli che gli scienziati chiamano “incontri” siano invece attacchi veri e propri indirizzati in particolar modo ai timoni delle imbarcazioni. Un’altra opzione è che la fibra di vetro degli scafi possa essere particolarmente interessante per la sensazione che le orche ne traggono, perché ricorda quella dei sassolini levigati di certe spiagge dove le orche amano strofinarsi. Ciò che sappiamo è che non tutti i comportamenti messi in atto dagli animali sono “utili”: a volte per esempio sono giochi che diventano “di moda”, altre volte sono imitazioni di altri animali. Spesso si tratta di comportamenti culturali, che servono all’apprendimento sociale, come spiega l’antropologa Barbara J. King, professoressa emerita al College of William & Mary della Virginia e autrice del libro Animals’ best friends: “Le reti di individui nelle società delle orche a guida matriarcale sono sintonizzate sui rispettivi comportamenti e le tradizioni evolvono nel tempo per diventare, in alcuni casi, intergenerazionali”.
Una delle ipotesi al vaglio è che questi attacchi derivino da comportamenti vendicativi per ferite o lutti (qui un Ted talk molto interessante sul tema del dolore come emozione non esclusivamente umana), messi in atto da un singolo esemplare e poi ripetuti dagli altri per imitazione e in via precauzionale. E non ci sarebbe nulla di antropomorfizzato, anche se gli scienziati evitano di parlare di “rivolta delle orche” come molti media hanno invece insinuato, perché la vendetta, come altre emozioni e pulsioni, appartiene anche al mondo animale – si pensi per esempio a certi comportamenti degli elefanti che, come le orche, hanno sufficiente memoria e intelligenza per associare situazioni e conseguenze, come anche le scimmie che, se aggredite, possono persino rivalersi sui discendenti del loro aggressore.
Le orche hanno memoria di un ambiente marino che un tempo non era dominato dagli uomini, dagli strumenti per le rilevazioni sismiche, dai motori per ogni uso e intenzione, da sonar militari… per loro il dato più significativo è il rumore: un tempo la loro casa non aveva certamente l’inquinamento sonoro che ha oggi.
E qui ci si aggancia forse alla seconda domanda, che pure resta difficile da decifrare: se le orche sanno cosa gli uomini hanno fatto all’ambiente, in fondo lo sappiamo anche noi e nel profondo siamo consapevoli di qualcosa di tremendamente ingiusto che sta succedendo. Dalle esperienze di cattività al pesante degrado della qualità della vita oceanica, le orche sono tra le vittime di un’impronta umana molto pesante sulla natura e segnalano ancora una volta la nostra enorme incapacità di immaginare azioni ristorative per gli oceani, lavorando per una comprensione più ampia non solo dei loro abitanti, ma anche delle nostre scelte e narrazioni che, inevitabilmente, li coinvolgono e li condizionano.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.