La Tunisia ha un nuovo governo

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Foto: Unsplash.com

Politica e media italiani hanno indirizzato a tempo pieno, in questo periodo, azioni e informazioni al tentativo di sviscerare come, quando e perché l’Italia è stata coinvolta e sconvolta dal coronavirus, trascurando tutto ciò che accade nel mondo, in particolare in un territorio a noi vicino come il Maghreb, la sponda sud del Mar Mediterraneo. Eppur questo mondo si muove e nasconde per l’Europa in generale e l’Italia, in particolare, insidie geopolitiche, economiche e sociali.

Il tutto in Paesi a poche centinaia di chilometri di distanza dalle nostre coste. In Libia la guerra continua ed è nascosta da una fragile tregua dove si annidano sommersi accordi di spartizione fra Turchia e Russia. Di pochi giorni fa è la notizia delle dimissioni dell’inviato dell’Onu Ghassan Salamè. Scenari che vedono ormai l’Italia attore di secondo piano con effetti collaterali negativi che si tradurranno in perdita di influenza sul settore petrolifero e aumento incontrollato di esodi di migranti.

In Algeria è appena trascorso il primo anniversario della protesta del movimento popolare “hirak.” Protesta inizialmente indirizzata contro la quinta candidatura dell’allora Presidente Abdelaziz Bouteflika, continuata con la richiesta della istituzione di una Seconda Repubblica e la partenza di dignitari del regime, in particolare tutti quelli che hanno poi organizzato le elezioni che hanno visto eletto come Presidente della Repubblica il candidato appoggiato dall’esercito Abdelmadjid Tebboune . 

Presidente che si ritiene, singolarmente, l’emblema di questo cambiamento richiesto a gran voce, pur essendo regolarmente contestato dalle manifestazioni di piazza settimanali, che continuano.

La nuova dirigenza sottolinea sempre più forte il rifiuto di ogni ingerenza esterna alle sue scelte economiche, politiche e sociali non tralasciando ardite azioni fuori dai propri confini, cercando di ‘scippare’ le acque internazionali vicino alla Sardegna, spostando lentamente i limiti delle proprie acque territoriali. E mentre allarga la sua area di interesse sul mare, chiude entrambi gli occhi sui continui barchini carichi di migranti che settimanalmente arrivano sulle coste sarde.

In Tunisia lo spettro di nuove elezioni legislative (dopo quelle del 6 ottobre 2019) è stato scongiurato.

Dopo cinque mesi di chiacchere, dibattiti, scontri, promesse elettorali, ricerca di voti, alleanze, voltafaccia, ritiri, rotture e riconciliazioni la Tunisia ha un nuovo governo, votato il 27 febbraio scorso.

Con 129 voti a favore, 77 contrari e una astensione, l’ARP (Assemblea dei rappresentanti del popolo) ha concesso la fiducia alla composizione governativa presentata dal 47enne Elyes Fakhfakh, divenuto l’ottavo primo ministro della Tunisia post 2011.

207 deputati su 217 hanno partecipato al voto di fiducia nel governo di Elyès Fakhfakh e i voti a favore sono stati distribuiti come segue: 52 del gruppo Ennahdha (islamismo moderato), 37 del gruppo democratico (sinistra), 15 del gruppo di riforma (centro), 13 del partito Tahya Tounes (centro) fondato dal Primo ministro uscente Youssef Chahed, 8 del gruppo Al Mostaqbal (democrazia diretta) e 4 indipendenti.

Un governo di coalizione abbastanza eterogeneo con componenti aventi visioni politiche contrapposte che molti osservatori giudicano claudicante ancor prima di essere entrato in azione. I negoziati invernali per la formazione di un governo hanno rivelato profonde differenze tra i principali attori della politica tunisina, tutti desiderosi di "imporre i loro orientamenti ", secondo Abdellatif Hannachi, professore di storia contemporanea. I due contendenti maggiori sono stati il Presidente della Repubblica Kaïs Saïed e il Presidente dell’Assemblea dei rappresentati del popolo Rached Ghannouchi, deus ex machina del partito filo islamico Ennahdha, che dalla prima fase post rivoluzione del 2011 è l’ago della bilancia di ogni decisione politica tunisina.

Neofita in politica ma eletto con un numero di voti significativo, il Presidente Kaïs Saïed è uno specialista in diritto costituzionale molto critico nei confronti del sistema parlamentare. In particolare, sostiene una radicale decentralizzazione del potere. Rached Ghannouchi è diventato presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo (ARP) grazie a un'alleanza con il suo principale oppositore elettorale, il magnate dei media Nabil Karoui, che con il suo partito, Qalb Tounes, (il Cuore della Tunisia), forte di 38 seggi, ha poi deciso di non appoggiare il governo appena eletto, dichiarando pero’ la sua disponibilità a dare un sostegno anche parziale nel caso non avesse raggiunto il quorum necessario di 109 voti. Le stranezze della politica!

Nella loro resa dei conti, Kaïs Saïed e Rached Ghannouchi hanno discusso "di diverse interpretazioni della Costituzione. Ma, fondamentalmente, è una lotta di potere", ha scritto il quotidiano Chourouk. Salutata nel 2014 come un importante progresso sulla strada della democrazia, la Costituzione tunisina ha effettivamente dato vita a un regime ibrido, né parlamentare né presidenziale.

Una settimana prima del voto, il partito di ispirazione islamica aveva evocato il cambiamento del candidato Primo ministro Elyès Fakhfakh e una una mozione di censura contro il governo uscente: due opzioni che gli consentivano di proporre un altro personaggio per il posto di Primo Ministro. Ma il Presidente Kaïs Saïed aveva bloccato il tentativo tenendo, davanti alle telecamere delle tv nazionali, una lezione di diritto costituzionale. Non senza aver ricordato che l'unica alternativa alla concessione della fiducia al governo era prepararsi per lo scioglimento dell'Assemblea e a nuove elezioni.

È indubbio che il timore di un vuoto istuzionale legato anche alla figura del Presidente Kaïs Saïed, uomo ritenuto dalle forti tentazioni autocratiche, in congiunzione con il timore di molti rappresentanti del popolo (parlamentari) di non essere rieletti se si fosse andati a nuove elezioni, hanno giocato a favore del voto di fiducia del governo di Elyès Fakhfakh, un ingegnere che è stato Ministro del turismo e poi Ministro delle finanze nei primi due governi, targati Ennahdha, del dopo rivoluzione del 2011.

Il Presidente della Repubblica, Kais Saïed, ha presieduto nel Palazzo di Cartagine, nel primo pomeriggio di giovedì 27 febbraio 2020, una cerimonia dedicata al giuramento costituzionale del nuovo capo del governo Elyès Fakhfakh e di tutti i membri della sua squadra.

Squadra che dovrà subito superare le incertezze politiche degli ultimi mesi che hanno penalizzato un'economia tunisina con fragilità cronica, lasciando molti dossiers in sospeso, incluso quello dei negoziati con i finanziatori internazionali.

Ferruccio Bellicini 

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