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Il mondo come dovrebbe essere
Codici di condotta
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Maria Grazia Calandrone - Foto di Chiara Pasqualini ®
Abbiamo intervistato Maria Grazia Calandrone, poetessa, scrittrice, giornalista, autrice e conduttrice RAI, per parlare con lei di poesia e del suo ultimo libro «Una creatura fatta per la gioia. Biografia poetica di Alda Merini». L’autrice scrive per «Corriere della Sera» e «7»; dal 2010 pubblica poeti esordienti sul mensile internazionale «Poesia» e divulga poesia a RaiRadio3; codirige la collana «i domani» di Aragno Editore, è nel Comitato di redazione di «Poesia», Crocetti Editore e giurata dei premi Pagliarani e Musicultura; è regista del ciclo di interviste «I volontari», un documentario sull’accoglienza ai migranti, e del video reportage su Sarajevo «Viaggio in una guerra non finita», entrambi pubblicati da «Corriere TV». Il suo sito è www.mariagraziacalandrone.it
Alla domanda “perché un libro su Alda Merini”, Maria Grazia Calandrone risponde che le è stato commissionato per una collana del Corriere della Sera e poi, confessa, “nel farlo mi sono appassionata ed è diventato un volume autonomo”. Questo perché, come tanti altri, anche lei aveva della Merini “l’opinione vaga che normalmente si ha di un personaggio più che di una poetessa”. “E invece”, in questo splendido viaggio nel tempo che l’autrice ha fatto fra Navigli, manicomi e città pugliesi, studiandola, si è resa conto, come lei stessa afferma, “che Alda Merini aveva assolutamente una dignità di poetessa”. E per questo motivo ha scelto di scrivere, rivela con grande sensibilità, “un libro con tutti i sentimenti”.
È questo che affascina della storia che intreccia Maria Grazia Calandrone al suo libro Una creatura fatta per la gioia, edito da Solferino. L’autrice ha scritto una biografia chiara e lineare di un personaggio complesso (soprattutto per l’impatto mediatico che ha avuto), riuscendo a raccontare sia la persona sia la poesia, senza scivolare in un ‘già detto’, esaminandone vita, parole e sentimenti, chirurgicamente, senza spendere né una parola in più né una in meno.
Lo spirito, la mente e la poesia di Alda Merini erano una treccia: tre fili che, saldi, sorreggevano il suo corpo, liberandolo, per resistere alle situazioni che nella vita lo imprigionavano. Questa energia – atavica oserei dire – questa necessità vitale che Alda aveva di scrivere, è stata, alla fine, e come si legge nel libro, una ben riuscita “traduzione del dolore in amore”.
Fin da piccola, in nome di questa sua primordiale necessità, Alda doveva fermarsi a tradurre in parole ogni battito di mani dell’universo. Quando lo intuiva, lei doveva scriverlo sul primo foglio di carta disponibile, inginocchiandosi anche su pietre capitate, per renderlo leggibile al mondo. E questo ossigeno-poesia l’ha resa, appunto, “una creatura fatta per la gioia” in un Novecento ermetico, inaugurato da un futurismo che dava poca luce alla luce. In questo contesto Alda era “assolutamente autonoma”, spiega Calandrone chiarendo subito dopo quanto appena affermato: “benché conoscesse la poesia a lei contemporanea, ha fatto il suo cammino per conto proprio”. “Da una parte”, continua l’autrice, “per motivi biografici dall’altra per motivi di temperamento.” Se Alda si lamentava del limite impostole dalla guerra: “di non aver potuto completare gli studi”, questa impossibilità, comunque sia, non è stata un ostacolo abbastanza alto da bloccare la sua presenza, sebbene non da letterata, nell’esclusivo salotto poetico milanese di quei tempi. E poi, si sa, “la vicenda manicomiale per forza di cose l’ha tenuta fuori da quello che era il dal dibattito culturale di quegli anni”.
Se c’è una cosa che si accomuna alla poetessa milanese, questa è la sua esperienza in manicomio: il male. Alda Merini ci restituisce una lettura del male per niente banale. Lo racconta come qualcosa di “logico”. Un sentimento, quest’ultimo, egregiamente compreso dall’autrice, la quale, per citare una frase tratta dall’opera, lo descrive come “la banalità dell’ordine costituito”.
Maria Grazia Calandrone è convinta “che esiste un fascismo naturale". Spiega: “la normalità è una gabbia infernale” e Alda Merini “essendo nata con questo tipo di psicologia, un po’ perturbata e un po’ esplosiva”, si è trovata a essere fuori dalla normalità. “E si è trovata”, continua appassionatamente a raccontare l’intervistata, “a detestare quella norma che veniva imposta dentro l’istituzione manicomiale dove si diceva che il male è logico. Che il male non ha fantasia. Che il male”, appunto, “è un esecutore”.
In mezzo a tanto male, viene da chiedersi che profumo avesse l’aria di libertà che Alda respirava quando apriva la finestra della sua casa-poesia, dove, lì e per grazia di, riusciva a trascendere il dolore, e per giunta, a trasformarlo in amore. “Nella poesia difficilmente esiste questo tipo di ordine”, chiarisce l’autrice parlando della natura logica del male, e poi prosegue sull’argomento: “certo, ci sono quelli che stabiliscono cosa bisogna fare e cosa non bisogna fare e personalmente inorridisco davanti a questo tipo di atteggiamento verso la poesia”. “La poesia” – e qui evidenzio con una fluorescenza gialla le parole di Maria Grazia Calandrone – “è un atto politico, è un gesto talmente fuori dal mercato e dal commercio globale che già soltanto per questo, a prescindere dal contenuto, già il fatto di mettersi a scrivere poesia, il gesto di farlo, è un atto rivoluzionario rispetto all’andamento planetario”.
Sebbene i versi di Alda Merini non siano state “righe” politiche, come ad esempio quelli di Pasolini, lei, questa grande donna, è stata senza dubbio un’autentica rivoluzionaria perché ha scelto di narrare il mondo come dovrebbe essere, nonostante tutto e contro ogni perbenismo, mettendo in atto la rivoluzione più grande: restando sé stessa fino in fondo e sempre.
Francesca Bottari

Sono nata a Cles il 15 settembre 1984. Dopo essermi laureata in Lingue e Culture dell’Asia Orientale a Venezia, ho vissuto in Cina e in altre nazioni. In passato mi sono occupata di giornalismo e di inchieste. Oggi vivo a Bassano del Grappa, dove ogni giorno mi alleno a vivere scrivendo poesia: francescabottari.it