Essere partigiani

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Foto: Youtube.com

Mi piace per molte ragioni il 25 Aprile. Soprattutto, mi piace  perché è una festa semplice, facile da capire, che crea una sana e onesta divisione del Mondo, così necessaria in tempi che troppi vogliono confusi. Il 25 aprile è la festa degli antifascisti. Per i fascisti non è festa.

Questo è il punto. Non ce ne sono altri.

Non è come, che ne so, il Natale, la Pasqua, che sono festa per alcuni certo, ma in fondo anche agli altri possono non dispiacere. No, qui non è così. Per i fascisti non è in alcun modo festa, anzi è intollerabile che qualcuno festeggi, è inconcepibile. Per gli antifascisti, invece, è il migliore dei giorni, a prescindere da come la pensano. Che siano cattolici, liberali, comunisti, conservatori, progressisti, radicali, anarchici, monarchici, socialisti, grillini, insomma: qualunque cosa siano, se sono antifascisti in quel giorno sono tutti a far festa, assieme. Gli altri 364 giorni dell’anno saranno lì a prendersi a male parole, a contestarsi tutto. Quella mattina però, questa mattina, si sveglieranno uniti dalla consapevolezza che tutto è possibile - ogni loro idea, ogni loro diritto, ogni loro libertà - grazie al 25 aprile.

E’ una bella festa, che non ha se e non ha ma. È una festa che dice chi sono i giusti - non i buoni, per carità - e chi sono i cattivi. È una giornata che dice con chiarezza chi sta dalla parte della legge, gli antifascisti e chi è contro la legge, i fascisti. Perché non dimentichiamolo proprio oggi: il fascismo in Italia è un crimine. Quindi chi è riconosciuto fascista, chi si dichiara fascista, chi sostiene il fascismo è a tutti gli effetti un criminale. Lo dice la legge italiana, nata dalla Costituzione e quindi dal 25 aprile.

Vedete come è semplice? Funziona che chi gode pubblicamente per i mancati festeggiamenti del 25 aprile a causa del Covid19, fa capire di essere fascista, senza se e senza ma. Funziona che chi racconta - per togliere valore alla festa - che il 25 aprile è la festa dei soli comunisti, mente e svela di essere un fascista, senza se e senza ma. Funziona che se uno o più capi di partito di questa Repubblica, di questa democrazia nata dal 25 aprile, che magari sono stati ministri e hanno giurato sulla Costituzione antifascista, dice una cosa tipo “cantare meno Bella Ciao e lavorare di più”, dimostra di essere ignorante e in malafede.

Perché Bella Ciao, per dirne una, parla di lotta all’invasore e proprio uno di questi ex ministri, da mesi, sta spiegando al mondo quanto sia ingiusto essere finito sotto processo per aver fermato in mare le navi dei migranti per “difendere i confini della Patria”. Insomma, sostiene di aver fermato l’invasore. Sarebbe interessante sapere se anche lui, magari, mentre firmava i decreti di blocco cantava Bella Ciao...

In tempi difficili come questo è utile e bello semplificare. Non carichiamo di troppi significati questo 25 aprile 2021. È la festa di chi ha come punto di riferimento indiscutibile la democrazia in ogni sua espressione e forma. È la festa di chi crede che i diritti umani siano inviolabili, inalienabili e per tutti, ovunque. È la festa di chi non ha deportato milioni di ebrei, di chi non promulgato leggi razziali, di non ha creato riviste che parlavano di superiorità della razza, di chi non ha massacrato gli etiopi e i libici con il gas, di chi non ha smembrato partigiani jugoslavi, di chi non ha messo bombe nelle stazioni a Bologna, nella banche a Milano, nelle piazze a Brescia. È la festa di chi non ha picchiato gli oppositori, non li ha uccisi a bastonate, non li ha mandati su isole lontane.

Vedete, è una festa facile il 25 Aprile. Non dovete avere dubbi: chi non festeggia è solo un orco cattivo. In camicia nera. “Noi rivendichiamo il diritto di essere partigiani, cioè di parte. Siamo e saremo sempre dalla parte della pace, dei diritti umani, della democrazia in ogni sua forma”.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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