www.unimondo.org/Guide/Politica/Codici-di-condotta/Chi-vincera-223951
Chi vincerà?
Codici di condotta
Stampa

Foto: Unsplash.com
Se la democrazia è il gioco delle regole condivise, dei conflitti che trovano soluzione nel rispetto del gioco che ci siamo dati, conoscere i meccanismi istituzionali diventa fondamentale per l’esercizio della cittadinanza attiva. Questo vale anche quando in gioco c’è una “elezione indiretta”, come è quella del nostro Capo dello Stato. Non lo votano direttamente i cittadini.
Perché?
La scelta è stata fatta da chi ha scritto la Costituzione ed è assolutamente coerente con la “visione d’assieme” della nostra Carta, che dice che l’Italia è una Repubblica Parlamentare. Questo significa che i poteri veri risiedono nel Parlamento, che è l’organo chiamato a rappresentare i cittadini – che appunto lo scelgono - e a legiferare, cioè a decidere della nostra vita collettiva. Non a caso, nemmeno il capo del Governo viene eletto direttamente, ma viene nominato dal Capo dello Stato e deve essere approvato dal Parlamento, che è signore padrone della vita Repubblicana. Insomma: dovrebbe esserlo. Negli ultimi anni i tentativi di svuotare di senso e ruolo il Parlamento hanno avuto molto successo, sorretti da una feroce campagna mediatica che recita: il Parlamento è inefficiente. Così, di fatto, in Italia i Governi legiferano attraverso i decreti – solo poi approvati dal Parlamento – e abbiamo avuto una riforma costituzionale che ha dimezzato i rappresentati di Camera e Sanato.
Tant’è, torniamo al Capo dello Stato, che, appunto, come prevede l’articolo 83 della Costituzione viene eletto dalle due camere riunite, a cui si aggiungono i rappresentanti delle Regioni italiane: sono 3 per ogni Regione, salvo la Valle d’Aosta -piccola – che ne ha uno solo. Anche qui, per favore: non si chiamano, come vuole la moda giornalistica, Grandi Elettori. Questa del “Grande Elettore” - che sa di Sacro Romano Impero, per altro - è un’invenzione. La figura, nel nostro ordinamento, non è prevista. Sono signore e signori eletti dai Consigli regionali secondo una rigida logica di rappresentanza. Il tutto per garantire la partecipazione anche dei territori periferici alla nomina del Capo dello Stato.
Tuto chiaro? Bene, perché passiamo ai numeri.
Per l’ultima volta nella storia repubblicana, il futuro Presidente della Repubblica – che ricordiamolo diventa anche capo della magistratura e capo delle forze armate – verrà eletto da 630 deputati, 315 senatori, 58 rappresentanti delle Regioni e 6 senatori a vita. In tutto 1.009 persone, che a causa del Covid19 voteranno, in parte, in modo bizzarro. Con la pandemia di mezzo è inevitabile. Sarà l’ultima volta appunto perché, data la riforma costituzionale approvata anche da un referendum popolare, il Parlamento è stato dimezzato, a partire dalla prossima legislatura.
Da oggi, nei primi tre scrutini serviranno i due terzi dei voti per essere eletti: vuol dire 673. Dal quarto in poi, si è eletti a maggioranza semplice, significa 505 voti.
Questa la scheda tecnica di quanto inizierà oggi.
Ma la politica? Chi vincerà? Beh, quello è un mondo da esplorare. La storia ci dice che dei dodici Presidenti eletti sino ad oggi, nessuno aveva iniziato la partita da “candidato favorito”, anzi. Quasi sempre è stato eletto un uomo – perché nel nostro Paese una donna a presiedere lo Stato ancora non l’abbiamo avuta – che era nella “riserva” o che è stato scelto perché, dopo troppe votazioni a vuoto, si era alla disperazione. Come racconta Romano Prodi, che ci è passato, per diventare Capo dello Stato in Italia “più che avere voti, serve non avere veti”. Questo giro, Mario Draghi sembra essere in cima alla lista delle preferenze e viene indicato come “uomo della provvidenza”. Considerando quanto piacciono agli italiani i “salvatori della Patria” potrebbe anche farcela. D’altrocanto c’è un precedente, il penultimo voto, quello che nel 2013 consentì a Napolitano di restare alla presidenza ancora due anni, rinnovando il mandato. Gli fu chiesto di farlo in nome del “bene nazionale”, data la crisi che si era creata e lo stallo nella nomina del successore. Insomma, anche lui divenne “salvatore del Paese”. Per un capo di Stato fu la prima volta. Chissà: magari diventa un vizio…
Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.