Baricco: la bellezza delle parole contro la guerra

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Un incontro con Baricco è come un concerto rock. Forte Dossaccio, 1836 metri, teatro di guerra e del secondo appuntamento di "Dolomiti di pace". Una folla di un centinaio fan è salita fin quassù per venire ad ascoltare l'autore di "Oceano Mare". Sono passate due ore, Baricco ha parlato di guerra e pace, di amore e morte, dei grandi topoi della letteratura. Ma la gente gli chiede un bis: "Leggici qualcosa". Lui apre il suo "Omero, Iliade", riscrittura in prosa del poema epico, e attacca con il "capitolo più bello", quello in cui persino il fiume che scorre nella piana di Troia si ribella all'ira di Achille e parla come fosse un uomo: "Smettila di riversare cadaveri nelle mie acque bellissime, io non avrò la forza di portarli tutti fino al mare".

Non avrò la forza di portarli tutti: fa effetto sentirlo in questo paradiso di Paneveggio, ai piedi del Lagorai orientale, con le Pale di San Martino e un forte della prima guerra mondiale alle spalle. Bellezza e guerra, violenza e natura. Come nell'Iliade, primo poema "laico" della letteratura occidentale. "Inutile far finta di niente - dice Baricco - L'Iliade è un inno alla bellezza della guerra". Frase "scandalosa", specie se ripetuta in occasione di un dialogo sulla pace. Ma perché l'umanità è stata affascinata per millenni dalla bellezza della guerra? "Perché è una delle rare esperienze in cui la vita sprigiona la sua intensità. Perché la Madonna è bella? - domanda lo scrittore. Perché la preghiera, il rapporto con il trascendente è un'altra di quelle esperienze". Eppure "dovremo arrivare a liberarci per sempre della guerra - continua - farla diventare un tabù come l'incesto o come l'antropofagia, che sono praticamente sparite da ogni angolo del pianeta. Io credo che ce la faremo". Come? "Costruendo un'altra bellezza: l'unica strada sicura per una vera pace".

La musica, le lettere - in una parola l'arte - non possono di per sé fare il mondo migliore - osserva Baricco - ma possono farci attingere quest'altra vetta "che è poi anche la bellezza della vita, dell'essere padre, dell'essere figlio, del vivere le cose belle e normali della vita". Attenti però a non farci troppe illusioni sul potere salvifico della cultura: "Il perbenismo secondo cui chi legge libri è migliore di chi gioca ai videogame è una palla colossale. Dalla cerchia di Wagner sono venuti i nazisti e anche l'assassino di John Lennon, un minuto prima di sparargli, stava leggendo 'Catcher in the rye' sulla panchina".

Non offre certezze, Baricco, ma semina spunti. Parla del G8 come di un "gigantesco spot": "Nessuno può credere che quegli otto lì non siano in grado di decidere senza ritrovarsi in uno stesso posto". Insomma, il G8 "fa la funzione dei matrimoni dei reali" di un tempo: pura passerella. Intanto, quattro anni dopo Genova, si sono rivisti in azione i black block: "Il rifiuto di certe manifestazioni di potere è legittimo, come il gesto dell'anarchico, ma attenti a non oltrepassare certe soglie: lì anch'io non li seguo più".

"Pacifista anche al gabinetto", "uomo di sinistra", Alessandro Baricco non riesce a dare una risposta alla ragazza che gli chiede come mai in ogni romanzo inserisca una scena di guerra o di violenza (in quello che sta per finire, e che uscirà in autunno per Fandango, c'è un capitolo su Caporetto): "Adoro i western e la boxe, quando dovrei amare le composizioni floreali: il perché non lo so". Il narratore che riempie i teatri raccontando libri, in un Paese che non legge, incanta anche quest'insolita platea di turisti in canotta, bermuda e scarponcini, parlando di Iliade e Odissea, di Ivanohe e del Giovane Holden. Firma autografi a ragazze estasiate. Ha la battuta pronta. Quando un giovane gli fa una domanda complessa sulla differenza fra la tradizione orale e la parola scritta nell'antica Grecia, sbotta: "Si vede che siamo in montagna e siete un target più impegnato. A Marina di Ravenna mi domanderebbero se ho conosciuto la Bellucci". Già che c'è, gli chiediamo di consigliarci una buona lettura per l'estate: "L'età dell'oro di Nesi, La danza di Natasha di Figes e un saggio dell'Einaudi sulla Grande Muraglia. Dimostra che non esiste". Come la globalizzazione, ma questo è un altro paradosso. E un'altra storia.

di Enrico Pucci
Fonte: Trentino

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