Ocse: 'finanza creativa' per ristrutturare il debito della Nigeria

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Mentre l'attenzione della Farnesina è concentrata sulla vicenda dei tre tecnici italiani dell'Eni e del nigeriano rapiti in Nigeria nella zona di Brass, nel Delta del Niger, martedì scorso i Paesi del Comitato per l'assistenza allo sviluppo dell'Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica (OCSE) - tra cui l'Italia - hanno concordato l'inclusione di una parte dei 12,5 miliardi di dollari di ristrutturazione/cancellazione del debito, pari a 3,1 miliardi di dollari, nel computo dell'aiuto allo sviluppo per il 2006. "In pratica, una volta di più i paesi ricchi cercano di gonfiare il proprio reale contributo a favore del dimezzamento della povertà e dell'ampia diffusione del diritto all'educazione ed alla salute tramite trucchetti contabili contrari non solo a ciò che è necessario, ma anche agli impegni internazionali assunti nel corso degli anni" - commenta Francesco Oddone di Eurodad.

"La cancellazione del debito, è fondamentale per liberare essenziali risorse e riequilibrare (molto) parzialmente le profonde ingiustizie accumulate nel corso quantomeno degli ultimi decenni, ma non dovrebbe essere assolutamente considerata nel computo degli aiuti allo sviluppo verso l'obiettivo del pur striminzito 0,7% rispetto al PIL. Questo perché nel corso della conferenza di Monterrey del 2002 sul finanziamento dello sviluppo, i paesi membri delle Nazioni Unite avevano unanimemente deciso di considerare 'addizionali' rispetto ai reali flussi di risorse 'fresche' a favore dei paesi più poveri del pianeta" - nota il ricercatore.

Si tratta, di fatto, di "un'operazione di mercato senza alcuna rilevanza sul piano dello sviluppo": il cosiddetto sconto sul riacquisto, il 'buy-back', del debito residuo dopo la parziale cancellazione da parte del Club di Parigi. Se si considera che tutti i debiti accumulati dalla Nigeria erano derivanti da operazioni di agenzie di credito all'esportazione dei paesi industriali assai difficilmente configurabili come aiuti allo sviluppo; la loro inclusione 'postuma' in questa categoria, a maggior ragione in seguito ad un meccanismo sempre escluso in passato che rappresenta piuttosto lo strumento per massimizzare i recuperi potenziali da parte di creditori attenti esclusivamente al proprio bilancio, e certamente non le necessità fondamentali del debitore.

"Ciò di cui i nostri governi non si rendono purtroppo conto è che queste ripetute operazioni di finanza creativa sul versante degli aiuti allo sviluppo possono forse ingannare gli osservatori meno attenti - non certo le organizzazioni non governative più preparate - ma non potranno perdurare nel tempo poiché sono, per loro intrinseca natura, irripetibili. Per giungere allo 0,7% dal 2015 in poi - anche se sarebbe ovviamente auspicabile arrivarvi prima - occorrerà in ogni modo trovare fonti di finanziamento reiterabili anno dopo anno, e solo un solido impegno sul fronte della 'fiscalizzazione' di adeguate risorse da dedicare alla cooperazione allo sviluppo potranno consentire tale obiettivo. Peccato che dal governo Prodi non sia arrivato un chiaro segnale di discontinuità anche in questo campo" - conclude Oddone.

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