Lo sviluppo inizia con l'istruzione

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Dal recente Rapporto del Consiglio sociale ed economico delle Nazioni Unite sul progresso globale dell'Agenda 2030, presentato in occasione dell'High Level Political Forum dell'Onu che si è chiuso pochi giorni fa a New York, emergono molti progressi, ma anche alcuni passi indietro preoccupanti lungo la strada che ci deve portare alla realizzazione di tutti gli obiettivi siglati nel 2015 dai 193 Paesi Onu. In particolare per il Rapporto, il “Goal 4”, l'obiettivo che mira ad estendere a tutti un'istruzione di qualità, anche se evidenzia un trend globalmente migliorato, rileva che ancora in nove Paesi su 24 del Sud Sahara e in sei su 15 Paesi latino-americani, “meno della metà degli studenti al termine della scuola primaria ha acquisito le sufficienti nozioni linguistiche e matematiche”. Per gli analisti dell'Onu che hanno raccolto i dati aggiornati al 2014, “circa 263 milioni di bambini e giovani non hanno terminato gli studi, inclusi i 61 milioni che hanno dovuto abbandonare gli studi fin dall'istruzione primaria”. Di questi abbandoni scolastici il 70% è concentrato in Asia meridionale e in Africa subsahariana.

Un andamento che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) attraverso il Global Education Monitoring Report ha messo sotto la lente di ingrandimento il 21 giugno scorso presentando il “Reducing global poverty through universal primary and secondary education”, un’analisi degli impatti dell’educazione sulla crescita economica e sui livelli di povertà a livello mondiale. I dati elaborati dall’Istituto di statistica dell’Unesco dimostrano che negli ultimi anni non vi è stato un grande progresso nella riduzione del numero di bambini che non frequentano la scuola e che a livello globale, dopo un iniziale miglioramento negli anni successivi al 2000, i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti che non frequentavano le scuole sono rimasti pressoché gli stessi dal 2008 a oggi: “viene ancora negato il diritto all’educazione al 9% dei bambini dai 6 agli 11 anni, e il tasso sale al 16% e al 37% rispettivamente per le fasce di età 12-14 e 15-17 anni”.

Confermando quanto detto anche dal Consiglio sociale ed economico delle Nazioni Unite la regione con i tassi più elevati di bambini che non frequentano la scuola è l’Africa subsahariana, dove questo fenomeno tocca più della metà (57%) dei giovani tra i 15 e i 17 anni, oltre un terzo (35%) degli adolescenti tra i 12 e i 14, e un quinto (21%) dei bambini tra i 6 e gli 11 anni. Attualmente soltanto sei Paesi ospitano oltre un terzo dei bambini del mondo che non frequentano la scuola primaria: Nigeria (8,7 milioni), Pakistan (5,6 mln), India (2,9 mln), Sudan (2,7 mln), Indonesia (2,6 mln) ed Etiopia (2,2 mln). L'indagine ha voluto evidenziare le potenzialità connesse alla scolarizzazione ricordandoci che “si frequentassero le scuole per due anni in più, 60 milioni di persone sarebbero sottratte alla povertà, e che se tutti terminassero le scuole secondarie, sarebbero 420 milioni gli individui ad uscire dallo stato di povertà: più della metà delle persone povere del mondo, e quasi due terzi dei poveri dell’Africa subsahariana e dell’Asia del sud”. L'istruzione, infatti, impatta sia sulla crescita economica, che sulla povertà, fornendo alle persone capacità e competenze che permettono di aumentare le opportunità di impiego e parallelamente anche i loro redditi.

Ma non solo! Frequentare un percorso scolastico aumenta anche la resilienza delle comunità, preparando gli individui a gestire i rischi (ad esempio quelli legati alla salute o ai fenomeni atmosferici estremi) e contribuendo a proteggere le persone dalle vulnerabilità socio-economiche e dalle disuguaglianze di genere e di classe sociale. Secondo il Rapporto, infatti, il mondo si sta avvicinando alla parità di genere proprio in relazione ai tassi di frequenza scolastica perché se storicamente le bambine e le giovani donne sono sempre state più soggette al rischio di esclusione dall’educazione, oggi i numeri di bambine e bambini che non frequentano la scuola sono ormai quasi identici. Purtroppo in alcuni Paesi queste disparità permangono e in particolare nei Paesi a basso reddito dove “sono più di 11 milioni le bambine che non frequentano la scuola primaria, contro i 9 milioni di bambini”.

Per l’Unesco oggi, anche a livello scolastico, una delle sfide principali da affrontare sono le disuguaglianze economiche che limitano l'accesso all'istruzione e “in molte zone del mondo bisogna migliorare la qualità dell’educazione e ridurne i costi diretti e indiretti per le famiglie”. Alcuni Paesi, infatti, spendono ancora cifre troppo elevate per ogni bambino che frequenta la scuola soprattutto se consideriamo “gli 87 dollari a bambino per l’educazione primaria in Ghana, i 151 dollari in Costa d’Avorio e i 680 in El Salvador”. Ma alla luce anche delle stime del Reducing global poverty through universal primary and secondary education l'educazione è oggi non solo un diritto fondamentale dell'uomo, strettamente collegato alla realizzazione di altri diritti civili, ma un'opportunità unica e spesso indispensabile per ottenere la realizzazione personale, lo sviluppo economico sostenibile, l'uguaglianza di genere e una cittadinanza più attiva e responsabile. Per questo l'educazione sembra essere un  catalizzatore dello sviluppo capace di accelerare il raggiungimento di altri obiettivi di sviluppo sostenibile e non sembra sbagliato sostenere che lo sviluppo inizia con l'istruzione.

Per l'Unesco “La comunità internazionale ha fatto molta strada da quando il movimento Educazione per tutti fu fondato nel 1990 a Jomtien, in Tailandia, e confermato nuovamente nel 2000 a Dakar", ma sebbene siano stati fatti progressi senza precedenti, il percorso della comunità internazionale iniziato a Incheon nel maggio 2015 e appena passato da New York con l'ultimo High Level Political Forum dell'Onu non può prescindere dai precisi impegni dell'Agenda 2030 se vuole provare realmente a garantire un'educazione di qualità per tutti prima del 2030.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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