Ancora mille giorni per otto Obiettivi

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Il 5 aprile 2013 il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon ha avviato il countdown verso il capodanno del 2016. Che non ci siano fraintendimenti. Senz’altro non intende avviare festeggiamenti anticipati per il nuovo anno ma segnalare che, calendario alla mano, mancano esattamente 1000 giorni a una storica scadenza: quella degli Obiettivi di sviluppo del millennio.

Era il settembre del 2000 quando la cinquantesima sessione dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, anch’essa ribattezzata per l’occasione “del Millennio”, sottoscrisse un documento di intenti epocale. Nella consapevolezza della pressante responsabilità nei confronti delle future generazioni di “tutti i popoli del pianeta, specialmente quelli più vulnerabili e, in particolare, verso i bambini del mondo intero, ai quali appartiene il futuro”, furono delineate 8 linee di intervento. Gli ormai noti 8 Obiettivi di Sviluppo del Millennio mirano a raggiungere un equilibrio sostenibile alla libertà, all’economia, allo sviluppo di ciascun paese del mondo. L’ambiziosa nuova rotta per l’umanità che essi definiscono, evidenzia la necessità di potenziare le relazioni globali per estendere i vantaggi dello sviluppo così come della tutela dei diritti umani (8° Obiettivo) e il dovere di preservare per le future generazioni le risorse naturali da cui dipendono per la loro sopravvivenza (7° Obiettivo). A tali impegni si affianca un piano globale sulla salute volto a combattere la diffusione e a curare gravi malattie infettive, quali l’Hiv/Aids, la tubercolosi e la malaria (6° Obiettivo), e a ridurre sostanzialmente le morti delle gestanti e dei loro figli nei primi anni di vita (5° e 4° Obiettivo). Il patto multilaterale si rivolge anche alla promozione dell’uguaglianza uomo-donna, attraverso un pari accesso all’educazione, al mondo lavorativo e alle strutture politiche (3° Obiettivo). Proprio la garanzia di una educazione primaria universale (2° Obiettivo), in particolare per le bambine alle quali spesso è negata alcuna forma di istruzione, costituisce uno dei principali traguardi della Dichiarazione del Millennio che sono stati già raggiunti. Ben più ambizioso l’impegno planetario a dimezzare la percentuale di persone che vivono in condizioni di povertà estrema (1° Obiettivo), indice di una società giunta al suo Terzo Millennio ma ancora profondamente malata.

Il conto alla rovescia per il raggiungimento del più grandioso piano globale contro la povertà mai ideato ha dunque avuto inizio con un’azione potenziata da parte dei governi, delle società civili e dei partner dell’Onu sparsi per il mondo: tutti chiamati a dare il “il 1000% in questi ultimi 1000 giorni”. Le parole di incitamento pronunciate da Ban Ki-moon al lancio della campagna “Momentum 1000” sono state accompagnate alla soddisfazione per il conseguimento di alcuni significativi progressi nell’ambito della scolarizzazione, dei piani di vaccinazione, dell’accesso all’acqua potabile, così come per la sensibile riduzione del numero di individui che vivono con meno di un dollaro al giorno, e per lo spettacolare calo della mortalità infantile e materna. Il simbolo della determinazione dell’azione globale è proprio il successo del Secondo Obiettivo sull’accesso universale all’istruzione primaria; non stupisce allora che Ban Ki-moon comunichi che in quest’occasione solenne abbia voluto conversare via skype con Malala Yousafzai, la bambina pakistana ferita gravemente nell’ottobre 2012 dai talebani come segno della loro forte opposizione all’istruzione femminile.

Nonostante gli indubbi passi in avanti, gli indicatori definiti dagli Obiettivi stessi segnalano che il loro raggiungimento è a rischio in molte aree del pianeta. La ragione non risiede tanto nell’irrealizzabilità degli Obiettivi stessi o nella scarsità di tempo, ma nella discontinuità nell’attuazione degli impegni e nella mancanza di un effettiva volontà politica di impiegare a tal fine la ricchezza, la conoscenza e i mezzi del nuovo millennio. Dunque in ballo non ci sono soltanto gli 8 Obiettivi, ma la prosecuzione di una “guerra al cinismo” che viene da lontano.

Miriam Rossi

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