Unimondo è diventata maggiorenne

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Chi legge ogni giorno Unimondo lo sa. Questo portale giornalistico online si occupa di ambiente, diritti umani, pace, cooperazione internazionale, democrazia, nuovi stili di vita: l’obiettivo è comunicare, analizzare, dare spazio a quelle notizie che generalmente rimangono ai margini dell’informazione o di fornire spunti interpretativi di interesse. In un sistema mediatico dove le fonti si moltiplicano e appare sempre più difficile distinguere l’informazione vera dalla “bufala” o dallo stravolgimento della realtà, le penne (anzi le tastiere!) dei redattori si sono ritagliate uno spazio di attendibilità, credibilità, affidabilità. Una sorta di scelta di campo, di fiducia da parte del lettore che si affida a Unimondo per avere un’opinione libera e attendibile su come stanno le cose nel mondo e in Italia.

Meriti che sono stati tutti ricordati dagli ospiti intervenuti all’incontro pubblico dello scorso 14 dicembre a Trento, sede della redazione, organizzato in occasione dei 18 anni dell’esistenza del giornale online, fondato simbolicamente il 10 dicembre 1998 nel 50esimo anniversario dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani. Una conferenza che ha però voluto evitare quanto di autoreferenziale potesse implicare un anniversario del genere. Anzi, con quei doveri che ormai gli impone la maggiore età e forse con quel desiderio di cambiamento che “i giovani” hanno, l’incontro ha voluto dibattere sul ruolo e sulle responsabilità della comunicazione oggi. Non si è trattato di un discorso astratto, bensì calato nella realtà odierna dove la stampa e in generale l’informazione italiana (e non solo) si concentrano da tempo sul tema delle migrazioni e contribuiscono dunque fortemente alla formazione dell’opinione pubblica. “Fatti, opinioni, invenzioni. Comunicazione o creazione della realtà: il tema migrazioni” è stato il titolo di un dibattito a cui sono stati invitati a partecipare Luciano Scalettari di Famiglia Cristiana, Giacomo Zandonini, giornalista e videoreporter freelance, e Cristina Giudici de Il Foglio.

Tutti d’accordo sul ruolo di responsabilità che soprattutto in questo particolare frangente storico detiene chiunque è chiamato a fornire notizie e interpretazioni sui fenomeni in corso, così come sulla consapevolezza che la comunicazione possa oggi più che mai favorire la corretta comprensione dei fatti, oppure possa distorcerli o addirittura inventarli. Niente di più vero in un panorama dove gli amanti del complottismo o i tuttologi online non si esimono dal diffondere notizie dai più improbabili siti web, contrapponendoli se non dando a essi maggior credito rispetto a fonti istituzionali o scientifiche o, ancora, alla stampa “mainstream”, etichettati tutti come corrotti e poco affidabili. Fiducia e affidabilità restano caratteri che i lettori attribuiscono a propria discrezione in un sistema, dove però non sempre le competenze, i titoli e le esperienze appaiono valorizzati, ma accanto ad essi non sembra per contrappasso rafforzarsi la deontologia dei giornalisti nel compimento del proprio lavoro. I titoli a tutta pagina con un linguaggio espressamente razzista non risultano più l’eccezione, ma un nuovo “stile” di giornalismo che non tiene conto degli strumenti a cui obbliga l’appartenenza a un ordine professionale. In particolare la Carta di Roma, elaborata nel 2008 e nel 2016 integrata nel “Testo unico dei doveri del giornalista, invita i giornalisti a “osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove”. Il richiamo ad adottare termini giuridicamente appropriati e a evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte, sono tra i principali obblighi disattesi ogni giorno nella comunicazione in tema di migrazioni.

I discorsi di odio, di promozione della violenza e dell’intolleranza verso lo straniero, restano al centro del dibattito odierno del giornalismo. Ci si domanda, infatti, se la libertà di espressione, amplificata attraverso i media e i social network, possa trovare un limite nell’incitamento all’odio o in pratiche esplicitamente razziste. La garanzia del pluralismo e della democrazia deve sempre prevalere sulla disponibilità dei giornali a ospitare i discorsi di chi il più delle volte la spara semplicemente più grossa degli altri? Non si tratta affatto di una questione di lana caprina in quanto quello che si cerca di comprendere è anche il ruolo del giornalista, che non può essere affatto quello di semplice contatto con l’intervistato o di “reggitore” di microfono. Come ha ben messo in chiaro Luciano Scalettari, sono proprio la scorrettezza, la disinformazione e l’istigazione all’odio elementi per “togliere” quel microfono all’intervistato e non rendere la stampa complice dell’uso distorto di un’arma tanto potente.

Se questo discorso è valido in generale in relazione al mestiere del giornalista, è stato Giacomo Zandonini a mettere sotto esame la narrazione delle odierne migrazioni da parte della stampa. A fronte di un costante racconto del numero degli sbarchi, degli scafisti arrestati, delle persone morte durante la traversata in mare o accolte nei centri, poco altro emerge. Nulla si sa del prima (da dove vengono gli uomini e le donne che si riversano sulle nostre coste, che accade nei loro Paesi,… ?) e del dopo (cosa succede ai minori non accompagnati, cosa cercano i migranti, come avviene il processo di concessione dell’eventuale diritto di asilo?). L’appiattimento sui numeri secchi (e stanchi) è dunque totale e poco aiuta a costruire un dibattito che vada oltre gli allarmismi sui numeri dell’accoglienza o, al contrario, sullo sdegno per quello dei morti in mare. Peraltro, come ricordato da Cristina Giudici, si tratta di una ricostruzione del tutto parziale del fenomeno migratorio che non tiene conto del flusso in arrivo in Europa attraverso le altre frontiere e che ben supera il numero degli arrivi sulle coste italiane.

È anche contro questo errato modo di fare informazione che Unimondo si pone, cercando quotidianamente di fornire un esempio diverso di giornalismo e sperando che i lettori sappiano apprezzarne le scelte redazionali.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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