Ramadan a Tunisi, tra confinamento e coprifuoco

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Foto: Unsplash.com

Tunisi, 29 aprile 2020. Scorrono sotto la pioggia i primi giorni del Ramadan 1441, anno attuale secondo il calendario islamico, in una Tunisia dove inquietudine da Covid19 e insicurezza per un futuro dalla sopravvivenza economica incerta per il Paese, si sommano alla delusione per non poter svolgere appieno i riti, liturgici e profani, previsti durante il mese sacro ai musulmani.

Ricordiamo che Ramadan è il nome del nono mese dell’anno nel calendario lunare musulmano, nel quale, secondo la tradizione islamica, Maometto ricevette la rivelazione del Corano “come guida per gli uomini di retta direzione e salvezza” (Sura II, v. 185).

È il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina.

Il Ramadan è però anche un momento di condivisione e di unione. 

È usanza invitare i propri vicini e amici a spartirsi tutti insieme il pranzo serale, chiamato iftar”, la rottura del digiuno giornaliero, e a recitare uniti in moschea la Tarawih”, la preghiera speciale che in questo periodo si affianca alle solite cinque preghiere giornaliere.

Quest’anno cade in piena emergenza Covid19 e questo complica molto la vita dei Tunisini (come degli oltre 1,6 miliardi di musulmani nel mondo).

Misure speciali, come il confinamento totale diurno ed il coprifuoco notturno, sono state decise dalle autorità e dal 22 marzo le moschee sono chiuse e le preghiere di gruppo sono vietate.

A questo si aggiunge il dover rinunciare, a causa della chiusura dei locali pubblici, e del coprifuoco decretato dalle ore 20 alle ore 6 del giorno successivo, al rito del caffè bevuto insieme agli amici, seduti attorno a tavolini in rame battuto, come nel cuore della Medina di Tunisi, avvolti da un’aria impregnata dal profumo di tabacco al sapore di mela che abitualmente sprigionava dai narguilè, che solerti camerieri erano soliti passare velocemente da un cliente all’altro. 

Il tutto accompagnato da suoni e canti delle animate serate ramadanesche.

Altri tempi, altre condivisioni e altre immagini.

Ora la Medina è desolatamente vuota, senza i suoi variopinti colori e i suoi molteplici profumi. Vuota, come tutte le arterie principali della Capitale, fino alla Avenue Bourghiba, il suo cuore pulsante nei giorni migliori.

Non ovunque sono state, e sono, rispettate le consegne di uscire solo per casi di necessità, come per l’acquisto di viveri e medicinali, evitando assembramenti e mantenendo distanze di sicurezza. Soprattutto nei quartieri popolari e popolosi, come Hay Ettadhamen, si sono viste scene di ordinaria follia, come l’assalto indisciplinato a camion carichi di farina o semola, ormai introvabili nei supermercati; o code disordinate e incontrollabili davanti agli ingressi degli uffici postali e dei municipi, per ritirare i 200 dinari (circa 65 euro) di sovvenzione per le famiglie meno abbienti, messi a disposizione dalla Stato, o per recuperare pacchi di viveri di base, donati dai Comuni.

Dopo la rivoluzione dei gelsomini nel 2011 e gli attacchi terroristici degli ultimi anni, la Tunisia stava alzando un po’ la testa e nel 2019 aveva avuto una significativa ripresa nell’attività del settore turistico (oltre 9 milioni di visitatori). 

Ora la pandemia globale del Covid19 le ha improvvisamente tagliato le ali e la Tunisia si trova tra il problema sanitario e lo scompiglio economico.

Secondo le stime del FMI (Fondo monetario internazionale) l'economia tunisina è sull'orlo dell'abisso e si prevede che si contrarrà del 4,3% nel 2020 a causa del Covid-19.

Il FMI ha dato il via libera a un prestito di emergenza di 745 milioni di dollari alla Tunisia per aiutarla ad evitare la recessione.

Questa somma si aggiunge ai 600 milioni di euro di aiuti dall'Unione europea (a cui si affiancano i 50 milioni di euro accordati dall’Italia). Il finanziamento fornito sotto forma di prestito agevolato servirà a rafforzare la resilienza dell'economia tunisina. In termini concreti, ciò significherà aiutare il Paese a far fronte a un calo significativo delle entrate, a causa dell'impatto negativo della pandemia sul turismo, che rappresenta quasi il 10% della sua attività economica.

Dal canto suo il Governo sta pensando a fasi successive al confinamento totale ora in atto per rilanciare le attività produttive.

In una conferenza stampa tenutasi oggi, Lobna Jeridi, Ministra per i grandi progetti, ha presentato le principali direttive di una strategia mirata di contenimento, che è entrato in vigore il prossimo 4 maggio e che sarà suddivisa in tre fasi fino al 14 giugno.

La Ministra ha spiegato che “l'indice sanitario ha dimostrato l'efficacia delle misure adottate, ma che la vigilanza non dovrebbe essere allentata.” 

"Date le gravi ripercussioni sull'economia, devono essere fatti dei compromessi: un delicato equilibrio deve essere messo in campo", ha aggiunto.

La prima fase del contenimento mirato (dal 4 al 24 maggio) riguarderà l’apertura del 50% di settori considerati prioritari, settori a dimensione sociale e settori finanziariamente minacciati, nel caso in cui il telelavoro sia impossibile.

Nella seconda e terza fase (dal 24 maggio al 14 giugno), si procederà gradualmente fino all’apertura totale dei settori menzionati, oltre alla ripresa di sport e attività culturali, attività ricreative e turistiche, nonchè apertura delle moschee, oltre che di ristoranti, caffè e mercati settimanali.

La Ministra ha sottolineato la stabilità dei numeri legati al Covid 19, ma, come ovunque, questi sono molto aleatori, ballerini, interpretati e interpretabili. Ad oggi i dati ufficiali parlano di poco meno di 1000 contagiati con sintomi, di 40 deceduti, circa 300 i guariti e poco più di 10000 tamponi, per una popolazione di circa 12 milioni di abitanti.

Altri numeri non ufficiali che appaiono sui social e che vengono discussi anche in ambienti politici dell’opposizione, segnalano che nei registri aggiornati della CNSS (l’istituto di previdenza sociale tunisino) risulterebbe, nei primi 15 giorni di aprile, un numero in eccesso di deceduti (oltre 600) in rapporto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’uomo politico, e medico, Sahbi Ben Fraj dalla sua pagina facebook si chiede “ perchè questo surplus di morti non sia stato accompagnato da un aumento dei ricoveri in terapia intensiva”; e conoscendo la mentalità dei suoi concittadini si dà anche una risposta, azzardando che “ le famiglie abbiano preferito nascondere per vergogna la malattia dei genitori o nonni, e anche per evitare una sepoltura considerata degradante”, perchè a causa della quarantena che avrebbero dovuto subire, sarebbe stato loro impedito l’accompagnamento in corteo dei defunti al cimitero, oltre che ricevere parenti e amici a casa per la veglia funebre e per le condoglianze.

E in un ambiente tradizionalista come quello popolare musulmano questo è inaccettabile.

Nonostante le difficoltà contingenti e le prospettive non proprio rosee a breve e medio termine lo Stato tunisino non ha dimenticato gli stranieri residenti, soprattutto le categorie a rischio, come studenti, migranti e richiedenti asilo .

In una nota di Ansamed del 28 aprile si legge: “Il ministero tunisino dei diritti umani, le relazioni con gli organi costituzionali e la società civile ha annunciato il lancio di una piattaforma online per aiutare gli stranieri bloccati in Tunisia a causa dell'emergenza coronavirus, in situazione di difficoltà economica.”

Solidarietà e Ramadan d’altronde vanno da sempre a braccetto.

Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).

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