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Mozambico: scuola, educazione e diritti nella giornata dell’insegnante
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Questa settimana di Ottobre è occasione di riflessione in Mozambico, l’11 ottobre come in tutto il mondo si è celebrata la giornata internazionale delle bambine proclamata dall'ONU, il 12 ottobre la giornata dell’insegnante mozambicano, un evento alla sua trentacinquesima edizione . A Beira, la seconda città del Mozambico dopo la capitale Maputo, gli insegnanti di tutta la città si sono riuniti nella piazza dei professori, una rotonda al centro della quale sono state costruite delle eloquenti colonne di cemento. Quest’anno il messaggio rivolto ai professori racchiude molte delle problematiche presenti nel Paese: “Per la pace e il progresso: insegnanti uniti per il diritto alla vita e educazione per tutti”.
Un messaggio forte ma difficile in un Paese in piena crisi finanziaria che ha portato da gennaio a settembre del 2016 ad un aumento del 15% circa dei prezzi dei prodotti alimentari, in un Paese con un anno di siccità alle spalle e rischio di inondazioni per i prossimi mesi, instabilità politica dovuta ad una guerriglia silente che miete morti e attentati da un lato e dall’altro della partita politica. E’ in questo contesto che la giornata dedicata agli insegnanti , “…riconosciuti per l’arduo lavoro di trasmissione della conoscenza, nella preparazione del nuovo uomo, nel perfezionamento intellettuale , nella comprensione delle dinamiche della società ...” (dal messaggio del governo della provincia di Sofala in occasione della giornata dell’insegnante) diventa motivo per incoraggiare a divulgare messaggi di pace.
Un’esortazione a lavorare dunque per la pace e il progresso fin dai banchi di scuola e soprattutto per un’educazione per tutti. Tra le polemiche degli insegnanti per i bassi salari, le condizioni inadeguate di strutture e materiali, si è riflettuto anche sull’altissimo tasso di abbandono fin dalle scuole primarie di bambini e soprattutto bambine, un 50% dei maschi conclude il ciclo primario e soltanto il 44% delle bambine nella provincia di Sofala. Secondo le fonti governative, è stato lo scorso 11 ottobre l’ennesima occasione per parlarne, le cause sono dovute soprattutto a matrimoni e gravidanze precoci, violenza e abusi sessuali.
Il sistema di istruzione mozambicano si sta impegnando molto nel migliorare le proprie performances nonostante i livelli di analfabetismo siano ancora altissimi: soltanto il 58% sopra i 15 anni di età sono alfabetizzati (dati unesco 2015) e il 24% sopra i 65 anni, di cui neanche il 10% delle donne.
Eppure sono proprio le nonne che in Mozambico spesso accudiscono i nipoti e si sacrificano perchè vadano a scuola, spesso, purtroppo, senza successo.
A casa nostra a Beira c’è sempre un via vai di bambini a qualsiasi ora del giorno, chiedono di giocare con i miei figli. Spiego loro che al mattino sono a scuola ( i miei figli frequentano una scuola internazionale più simile al sistema europeo)e che a pomeriggio devono fare i compiti, non possono giocare fuori a tutte le ore o quando scende il sole. Zuni, Dito, Luis invece pare non si preoccupino nè dei compiti nè che qualcuno li aspetti a casa. Se ne vanno per le strade e le spiagge a piedi scalzi, con una ruota e un bastone per giocare, a volte a fare l’elemosina per fare merenda.
Fermandosi a chiacchierare si scopre che alcuni sono stati in classe nel turno dalle 6 del mattino alle 10, altri invece hanno il turno del pomeriggio dalle 14 alle 17. Le scuole infattti sono obbligate a separare gli alunni a causa del sovraffollamento organizzando due, a volte tre turni al giorno e ruotano mensilmente. Così i ragazzini possono sempre giustificarsi se trovati a bighellonare a qualsiasi ora: o sono già stati a scuola o ci devono ancora andare, difficile verificarne la veridictà. I libri non ci sono per tutti e i quaderni quando capita. Le nonne con cui vivono non hanno la forza e nemmeno la voglia forse per rincorrerli per il quartiere; assicurare l’immatricolazione e lo stretto necessario per la frequenza scolastica è già molto, spesso i genitori sono in capitale per lavoro, per studio o con altri figli in altre città. I ragazzini crescono da soli, sanno disegnare benissimo ma alla richiesta di scrivere o leggere qualcosa arrossiscono nonostante i loro 11 anni di età e frequentino la settima classe, l’ultima del ciclo primario. Come biasimarli? L’unico modo pare sia un continuo scambio di giochi, gare e disegni tra bambini di diverse nazionalità che spinge a confrontarsi e fare del proprio meglio, forse l’unico messaggio semplice e diretto che questi bambini e bambine possano portare avanti perchè la loro generazione cresca, nonostante tutto, sana e forte.
Chiara Conti