Iran: il regime teme rivolte e allerta i Basij

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Le sanzioni occidentali costano all’Iran 133 milioni di dollari al giorno. È quanto emerge da un rapporto diffuso due giorni fa dall’Agenzia Bloomberg. Dal primo luglio, giorno in cui è entrato in vigore il blocco europeo sul petrolio iraniano, le spedizioni di greggio sono crollate del 52%, cioè di 1,2 milioni di barili al girono.

A questo si deve aggiungere che l’economia iraniana è allo sbando con il regime iraniano che non solo non riuscirà a improntare una politica di sviluppo a causa delle minori entrate già in essere ma che vedrà nei prossimi mesi un crollo verticale delle entrate stesse a causa dell’impossibilità di esportare il greggio anche verso altri compratori in quanto le compagnie di assicurazione non assicurano le petroliere che trasportano greggio iraniano. Bloomberg stima queste mancate entrate in 48 miliardi di dollari, il 10% del PIL iraniano.

Negli ultimi mesi il tasso di povertà in Iran è cresciuto in modo verticale e il malcontento è diffuso soprattutto tra i ceti medi e quelli più poveri che rappresentano l’80% della popolazione. In molti sono vicinissimi alla soglia della povertà assoluta.

Per questo motivo il regime teme rivolte popolari ed ha allertato i Basij, un gruppo paramilitare legato alle Guardie della Rivoluzione iraniana diventato tristemente famoso durante la repressione delle manifestazioni post-elettorali del 2009. A farlo è stato ieri il Gen. Mohammad Ali Jafari, comandante in capo delle Guardie della Rivoluzione. Parlando ad una conferenza tenutasi a Teheran, Jafari ha detto che «l’Iran sta attraversando un brutto momento nel quale i nemici della Repubblica Islamica usano mezzi subdoli per piegare il popolo iraniano ai loro voleri». Jafari ha detto di temere più la “guerra soft” della “vera guerra”. Il leader dei pasdaran si riferiva alle sanzioni economiche, agli attacchi informatici e agli omicidi mirati. Poi, rivolto ai Basij, ha detto che «i Basij non devono pensare che l’unica minaccia all’Iran arrivi da regimi nemici, è più pericolosa la minaccia interna di quella esterna. Per questo dovete essere pronti a reagire contro le minacce interne e a colpire con la massima forza». Il riferimento a possibili sollevamenti popolari è più che evidente.

Intanto nelle strade di Teheran iniziano a vedersi i primi graffiti di contestazione al programma nucleare. I graffitari hanno tempestato la capitale di scritte dove si chiede “che presso ha l’energia nucleare?”. È il primo segnale che qualcosa all’interno dell’Iran sta avvenendo.

Sarah F.

Fonte: Secondoprotocollo.org

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