Pace in bilico in Sri Lanka

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A più di un anno dalla tregua firmata il 23 febbraio scorso tra governo di Colombo e le cosiddette Tigri Tamil si susseguono le violazioni del cessate il fuoco, dall'una e dall'altra parte. Il futuro dello Sri Lanka resta ancora incerto e molto ci si aspetta dal settimo round di negoziati che si terrà in Thailandia dal 29 aprile al 2 maggio prossimi. La guerra civile che ha avuto inizio nel lontano 1983 è figlia della difficile convivenza tra le diverse etnie che abitano il paese. La maggioranza della popolazione (75%), composta da singalesi di fede buddista, si affianca alla cospicua minoranza tamil (18%), in prevalenza di fede induista, che è stanziata nel nord e nell'est dell'isola. Il conflitto, tuttora violentissimo, ha causato sino ad oggi 70mila morti e 800mila profughi, tutti appartenenti alla comunità tamil. Secondo fonti indiane se il processo di pace proseguirà con successo lo Sri Lanka diventerà molto importante strategicamente per gli Stati Uniti, grazie alla sua posizione a cavallo tra Medio Oriente ed Asia. Per questo l'amministrazione statunitense ha deciso di giocare un ruolo importante nel processo di pace, ruolo non così semplice dato che dal 1997 il movimento ribelle delle Tigri Tamil è sulla lista delle organizzazioni terroristiche messe al bando dagli Usa. L'India, che ha confermato il proprio sostegno al processo di pace in corso, teme però che l'isola possa diventare l'avamposto americano in Asia e che ciò limiti la sua influenza sui paesi limitrofi. Gli Stati Uniti smentiscono che il loro intento sia di rendere lo Sri Lanka una loro base militare. Intanto Nonviolent Peaceforce, una ONG internazionale che mette a disposizione forze di pace civili internazionale per interventi non violenti in situazioni di conflitto, sta ricercando personale da inserire in un primo progetto di peacekeeping in Sri Lanka per rafforzare il delicato processo di pace.

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