Mondo: in milioni chiedono il ritiro delle truppe dall'Iraq

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Ad un anno dall'inizio della guerra in Iraq, milioni di bandiere arcobaleno del movimento pacifista sono tornate nelle piazze di tutto il mondo per dire "No alla guerra, al terrorismo, fuori i soldati dall'Iraq". L'appello delle associazioni statunitensi per una giornata globale contro l'occupazione militare e per il ritiro delle truppe dall'Iraq è stato accolto in tutte le principali città mondiali. Da Sydney a Melbourne, a Tokyo (oltre 30mila manifestanti), Seul, Kobe e Hiroshima, a Mumbay, Dakha, Bangkok, Jakarta, Algeri, Casablanca, Dakar, il Cairo, Città del Capo, Durban e Johannesburgh.

A Londra oltre 25mila in corteo mentre due attivisti di Greenpeace hanno scalato il Big Ben per chiedere verità sulla guerra. "E' ora che venga detta la verità sul perchè migliaia di persone abbiano dovuto morire in una guerra che il mondo non ha voluto" - ha dichiarato Stephen Tindale, direttore esecutivo di Greenpeace. Dal palco è stato letto un messaggio del sindaco di Londra, Ken Livingstone: "Tutto quello che abbiamo appreso dall'inizio della guerra ci dice che la guerra era totalmente ingiustificata". In Spagna ci sono state 40 manifestazioni e 250 negli Usa.

Al grido "Mai più guerra. Mai più terrorismo. Mai più violenza" è partita la grande manifestazione di Roma, trasmessa in diretta da Rainews 24. Due milioni - secondo gli organizzatori (250mila secondo la Questura) - i partecipanti al grande corteo che si è snodato per cinque ore nelle strade della capitale per giungere al Circo Massimo dove è stato letto il documento unitario che denuncia le bugie dei governi intervenuti nell'occupazione dell'Iraq e chiede che "l'Italia rinunci a partecipare all'occupazione militare e ritiri le proprie truppe dall'Iraq". ''Da cittadino italiano chiedo e voglio che la Costituzione sia rispettata e la Costituzione dice che l'Italia ripudia la guerra'' - ha dichiarato all'Ansa il leader di Emergency, Gino Strada, durante il corteo.

Ha partecipato al corteo anche una delegazione della 'Unione nazionale Arma dei carabinieri' guidata dal segretario Antonio Savino. ''Siamo in piazza - ha spiegato Savino - per denunciare le bugie che sono state raccontate ai nostri colleghi mandati in Iraq''. Nei giorni scorsi un comunicato dell'Unac aveva denunciato che "i Carabinieri evidenziano come il loro addestramento ricevuto in Italia, sia altamente insufficiente a fronteggiare tale tipo di situazione di guerriglia urbana venutasi a creare in Iraq, dove non si sentono affatto in 'missione umanitaria' di pace, ma inseriti in un conflitto bellico".

Sul palco del Circo Massimo la grande bandiera della pace cucita con le duecento bandiere della Carovana della Pace che ha fatto il giro dell'Italia. Nessun politico sul palco alla chiusura del corteo, ma si sono alternati ai microfoni i rappresentanti delle varie associazioni che hanno organizzato la manifestazione: volontari, operatori di pace, testimoni di conflitti nel mondo. Il 'Comitato fermiamo la guerra' - ha letto un documento unitario sottoscritto da tutte le associazioni che hanno aderito alla manifestazione.

Il documento chiede che l'Italia "rinunci a partecipare all'occupazione militare e ritiri le proprie truppe dall'Iraq". "E' un atto necessario per ricucire lo strappo costituzionale operato un anno fa e per aprire la strada a una nuova strategia. - si legge nel comunicato. Chiediamo che l'Unione Europea svolga un ruolo di pace e includa il ripudio della guerra nel proprio trattato costituzionale. Chiediamo che la comunità internazionale metta le Nazioni Unite in condizione di sostenere il ritorno della legalità in Iraq, favorendo così la restituzione della sovranità agli iracheni. Con la stessa urgenza chiediamo che una decisa iniziativa internazionale crei le condizioni per una pace giusta in Palestina e in Israele, imponendo la rimozione del muro, la protezione dei civili e un negoziato fondato sulle risoluzioni dell'Onu per la fine dell'occupazione e la convivenza pacifica, ascoltando anche la voce coraggiosa dei giovani israeliani che rifiutano, pagando di persona, di partecipare alla guerra e all'occupazione". [GB]

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