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Ucraina, cifre spaventose sulle vittime. Il Punto
Riconciliazione
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Immagine: Atlanteguerre.it
È il giorno 415 dall’invasione russa e le cifre appaiono sempre più spaventose. Per l’intelligence statunitense i soldati russi e ucraini morti o feriti dal 22 febbraio a oggi sarebbero 354.000. A divulgare il dato è la Reuters. Le perdite dell’esercito russo, fra morti e feriti appunto, sarebbero 189.500-223.000, di cui 35.500-43.000 morti in combattimento e 154.000-180.000 feriti. Per l’Ucraina il bilancio sarebbe fra i 124.500-131.000 soldati, di cui 15.500-17.500 uccisi e 109.000-113.500 feriti.
Un bagno di sangue che si allunga di alcune decine di migliaia di unità, con i civili ammazzati da bombe, missili e proiettili più o meno vaganti. In pratica è come se in poco più di un anno una città come Firenze fosse stata completamente annientata. Nulla sembra arrestare la guerra. La battaglia attorno a Bakhumt continua. La città – considerata dai russi nodo strategico per consolidare il possesso dei territori conquistati e dagli ucraini il simbolo della propria capacità di resistenza – non è ancora caduta. E le notizie sulla situazione militare appaiono contraddittorie, soprattutto da parte russa.
Il ministero della Difesa di Mosca dice che “le truppe ucraine trincerate nella città di Bakhmut sono bloccate dalle unità militari russe. Quelle nostre aviotrasportate stanno sostenendo i gruppi d’assalto del gruppo paramilitare Wagner, bloccando l’invio di rifornimenti e uomini agli assediati e negando ogni possibilità di un ritiro”. La smentita, immediata, è firmata direttamente da Yevgeny Prigozhin, il fondatore del gruppo paramilitare Wagner: “È prematuro parlare di accerchiamento completo delle truppe ucraine a Bakhmut. L’esercito di Kiev continua a portare rinforzi e a trasferirli in città. Sono in corso combattimenti difficili e sanguinosi, quindi è prematuro parlare di un accerchiamento completo della città”. Un botta e risposta che conferma la tensione esistente a Mosca fra comandi militari e gruppo Wagner, offrendo un quadro preciso di come la resistenza ucraina stia mettendo in difficoltà il Cremlino.
Difficoltà che aumentano anche sul piano dell’immagine internazionale, complici le immagini dei soldati ucraini prigionieri decapitati da militari russi. I vertici di Mosca hanno smentito e promesso indagini approfondite, ma a rincarare la dose è arrivato il report del Centro di Resistenza Nazionale ucraino. Il quale denuncia che sarebbero stati trasferiti, dai territori del Donetsk e Lugansk in Russia, più di 100.000 bambini ucraini, per presunte cure mediche. Una deportazione di massa che, se confermata, aprirebbe un nuovo capitolo sulle presunte violazioni dei diritti umani in questa sempre più lunga guerra.
Il quadro resta difficile da interpretare e appaiono sempre lontane le soluzioni diplomatiche. La Germania ha autorizzato la Polonia a consegnare cinque caccia MiG-29 all’Ucraina. Sono vecchi aerei della ex Germania dell’Est, venduti a Varsavia nel 2022. Una mossa che risponde alle pressanti richieste di nuove armi avanzate dal presidente ucraino Zelensky. Intanto, la Cina torna a parlare della guerra. Lo fa con il ministro degli Esteri, Qin Gang, che in Uzbekistan ha incontrato il suo omologo russo Lavrov. “Non esiste una panacea capace di porre fine alla crisi”, ha dichiarato Qin. “Per fermare la guerra tutte le parti devono costruire fiducia reciproca e creare le condizioni per i colloqui di pace”. Qin, nel resoconto dell’incontro diffuso dalla diplomazia di Pechino, ha promesso che la Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo. In quale direzione andrà questa costruzione, però, non è ancora dato saperlo.
Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.