Sminamento, l'Italia non può tirarsi indietro

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Il drastico taglio al contributo finanziario destinato dal nostro Paese all'azione contro le mine, preannunciato dal disegno di legge finanziaria 2004, è stato purtroppo confermato. A nulla sono valsi gli appelli e le petizioni rivolte al Parlamento da centinaia di cittadini e decine di associazioni ed organizzazioni umanitarie, pacifiste e di difesa dei diritti umani italiane e internazionali, presentati al Consigliere Capo della Segreteria del Presidente della Camera da una delegazione della Campagna Italiana contro le Mine nel corso di una riunione il 5 dicembre scorso. Le due Camere hanno infatti approvato senza modifiche il capitolo della Finanziaria che sancisce il dimezzamento della dotazione del Fondo per lo Sminamento Umanitario per il triennio 2004-2006. Una riduzione del tutto incompatibile con la responsabilità morale dell'Italia in quanto ex produttrice di mine, e che avrà pesantissime ripercussioni sui programmi di sminamento, prevenzione ed assistenza alle vittime in numerosi
Paesi colpiti.

Se l'impegno finanziario concreto sta per conoscere un grave ridimensionamento, un po' meglio è andata sul fronte diplomatico. Come auspicato dalla Campagna Mine (vedi documento sulla Presidenza dell'Unione
Europea su www.campagnamine.org), il semestre di Presidenza italiana dell'UE è stato caratterizzato da una intensa attività diplomatica in favore della promozione della messa al bando delle mine. L'Italia ha infatti intrapreso, a nome dell'UE, decine di iniziative rivolte ai Paesi che ancora non hanno aderito al Trattato di Ottawa. A parte la prevedibile intransigenza di Paesi come gli Stati Uniti, ancora irremovibili nella loro posizione di rifiuto del Trattato, il semestre si conclude con un bilancio decisamente positivo. In questo periodo hanno infatti aderito ben sette Paesi: Grecia e Turchia, Bielorussia, Burundi, Sudan, Serbia e Montenegro, e Guyana. La ratifica della Grecia costituisce un passo importante verso l'obiettivo di unificare, entro il 5° anniversario dell'entrata in vigore del Trattato di Ottawa che ricorrerà nel 2004, l'Europa anche nel ripudio delle mine. Dei 15 Paesi attualmente membri dell'Unione mancherebbe ora all'appello solo la Finlandia, anche se l'allargamento a 25 previsto per il 1° maggio 2004 porterà nell'UE altri tre Paesi che ancora non hanno sottoscritto il Trattato:Polonia, Estonia e Lettonia.

Simona Beltrami della Campagna Contro le Mine

Lettera aperta all'on. Casini di Lou McGrath direttore esecutivo dell'ong di mine action Mine Advisory Group, attiva in 10 Paesi.

Sminamento, l'Italia non può tirarsi indietro

Mi rattrista enormemente la notizia dei tagli al Fondo per lo Sminamento Umanitario, soprattutto dato che il governo italiano fu uno dei primi ad introdurre una legislazione forte per mettere fine alla produzione e al commercio di queste armi crudeli. L'Italia è stata un importante produttore ed esportatore di mine. Imprese quali la Valsella Meccanotecnica Spa e la Tecnovar Italiana Spa negli anni '80 e '90 hanno tratto profitto dalla produzione ed esportazione delle mine più sofisticate. Progettate per essere difficili da rinvenire, queste si trovano oggi nascoste sotto la superficie del terreno in Paesi come l'Angola, l'Iraq, il Mozambico ed il Libano in attesa di una vittima. Potrebbero uccidere o mutilare qualcuno oggi, o domani. Tra dieci anni, una mina italiana potrebbe distruggere la vita di un bambino nato oggi. Durante la guerra Iran-Iraq, la Valsellella Meccanotecnica Spa ha consegnato al governo iracheno, in un solo ordine, nove milioni di mine. Centinaia di migliaia di questi ordigni sono stati usati contro la popolazione civile curda nel 1991 dal governo iracheno, che li ha disseminati nei villaggi, sugli argini, nei terreni agricoli dell'Iraq settentrionale. Da allora, molte migliaia di curdi sono stati uccisi o mutilati da queste mine. Da quando il Mag (Mines Advisory Group) iniziò il proprio programma di
sminamento nell'Iraq settentrionale nel 1992, otto dei nostri sminatori sono rimasti uccisi e diciotto feriti. Le cause principali di questi incidenti sono state le mine italiane Valmara 69 e VS 50.

In un incidente il 13 novembre 2003, due dei nostri operatori curdi, Ibrahim Hadi e Hussein Sali, sono stati gravemente feriti dall'esplosione di una Valmara 69. Ibrahim ha perso entrambe le gambe sopra il ginocchio, subìto l'amputazione del braccio destro al di sopra del gomito e dell'80% della mano sinistra. Ha perso un occhio e subito gravi danni all'altro occhio e ferite al volto. Hussein è rimasto gravemente ferito per la penetrazione di frammenti nel torace e nel polmone.

Ibrahim e Hussein sono uomini coraggiosi che hanno rinunciato alla possibilità di avere una vita normale con le loro famiglie per cercare di salvare altri esseri umani dalla minaccia delle mine. Sono convinto che la vigorosa legislazione sulle mine introdotta dal governo italiano è stata di esempio per molti altri governi. Molto però rimane ancora da fare per assistere i Paesi che soffrono le conseguenze delle mine italiane.

Il vostro sostegno per rimuoverle è ancora enormemente necessario.

Fonte: Campagna Contro le Mine

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