Luglio 1992 - luglio 2021: quasi 30 anni dalla strage di via D’Amelio

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Foto: Ibs.it

A distanza di soli due mesi dalla strage di Capaci, l'Italia tornò a fare i conti con la mafia stragista. In via D'Amelio trovarono la morte il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Una Fiat 126, imbottita con 90 chili di Semtex-H, era l'auto parcheggiata sotto casa della madre di Borsellino che saltò in aria quando arrivò il giudice. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo, primo testimone a raccontare la vicenda come riportato da RaiNews.it"Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l'inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L'onda d'urto mi ha scaraventato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina". Dalla morte di Falcone, Borsellino ripeteva spesso la frase "Ora tocca a me", non gli restava che velocizzare le indagini sulla morte di Giovanni e così fece. Nella sua agenda annotava minuziosamente tutto. Un diario prezioso, sparito dalla sua 24 ore pochi minuti dopo la strage. 

In occasione dell’anniversario della strage di via D’Amelio, Limes ha reso disponibili gratuitamente due carte inedite sulla mafia. L’analisi di Limes fotografa una mafia che è oggi meno potente della ‘ndrangheta ma conserva un ruolo cruciale nell’economia criminale del nostro paese, anche in virtù dei suoi legami internazionali in Canada, Stati Uniti, con i narcotrafficanti latinoamericani e con le organizzazioni nigeriane, oltre ad essere infiltrata nell’economia legale del Centro-Nord (Roma, Brescia, Milano, Torino) e collegata alla ‘ndrangheta in Calabria, in contatto con le sue ramificazioni internazionali in Germania e Belgio.

Emerge dall’analisi di Limes che, rispetto ad un trentennio fa, la stagione degli attentati è terminata nel 1993 con le bombe a Firenze, Milano e Roma; a questa ha fatto seguito una fase di “inabissamento” voluta da Bernardo Provenzano – al vertice dell’organizzazione criminale siciliana fino al suo arresto nel 2006 – e tuttora in corso. La nuova strategia, caratterizzata dalla rinuncia a clamorosi atti di sangue, non rappresenta tuttavia la fine della mafia, ma ne ha permesso l’ascesa economica e territoriale anche al di fuori dell’isola. Agli omicidi eccellenti e alle bombe si sono sostituiti incentivi finanziari: la corruzione di pubblici ufficiali e professionisti e la partecipazione a gare d’appalto e a bandi europei.

La relazione conclusiva della Commissione di inchiesta Antimafia del 7 febbraio 2018, frutto di un confronto con esponenti del Governo, della magistratura, di Regioni ed enti locali, di prefetture e forze dell’ordine, conferma che Cosa Nostra si infiltra nell’economia pubblica e privata grazie alla complicità dell’”area grigia” di professionisti e imprenditori, ad esempio negli ambiti del gioco e delle scommesse, del turismo e delle energie alternative; dedica particolare attenzione alla ricerca di contatti, diretti o indiretti, con interlocutori istituzionali per condizionare le scelte delle amministrazioni locali ed accedere alle risorse degli appalti pubblici. Secondo la Commissione, Cosa Nostra continua a perseguire la cosiddetta “strategia della sommersione”, preferendo agire in modo quasi invisibile per non suscitare allarme sociale. 

La relazione fornisce un quadro aggiornato delle diverse organizzazioni criminali in Italia e della loro evoluzione nel tempo: la Ndrangheta risulta oggi l’associazione mafiosa italiana più pericolosa; la Camorra svolge un ruolo centrale nel traffico di stupefacenti; poi ci sono le mafie pugliesi, sotto la denominazione di Sacra corona unita: “tanti gruppi che replicano moduli intimidatori tipici del metodo mafioso, che operano autonomamente e dunque con una violenza non controllata”; Mafia capitale e gli interessi delle organizzazioni mafiose a Roma, che inizialmente apparivano collegati soprattutto ad operazioni di riciclaggio, hanno evitato “guerre fratricide” tra i diversi gruppi criminali ed anche per questo sono stati a lungo sottovalutati; infine, si dà uno sguardo alle mafie straniere maggiormente organizzate (come quelle nigeriane, slave e albanesi) e alle loro interazioni con i clan italiani, soprattutto nel traffico di droga e della contraffazione.

Negli anni, i numerosissimi arresti e la confisca di ingenti patrimoni hanno indebolito fortemente Cosa Nostra, ma ai fini della lotta contro le organizzazioni criminali è essenziale una maggiore collaborazione tra le autorità giudiziarie a livello internazionale nonché la continua sensibilizzazione, a partire dalle giovani generazioni. Come diceva Borsellino: “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”

Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.

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