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La Palestina e i beni comuni
Riconciliazione
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Foto: Unsplash.com
Il genocidio perpetrato oggi a Gaza è da oltre un secolo preparato e accompagnato dall’estrazione di terra e petrolio. Del resto il colonialismo, ricorda lo storico statunitense Peter Linebaugh, ha minato prima di tutto la musha’a, la gestione comunitaria della terra di proprietà collettiva, un sistema nato nel villaggio e non nello Stato. La questione palestinese è prima di tutto la storia di un grande furto della terra e al tempo stesso è una storia che si può capire partendo dal concetto di beni comuni. Cosa può favorire oggi la resistenza contro il capitalismo che si lega continuamente con il neocolonialismo? Proteggere, recuperare e reinventare i principi e le pratiche della musha’a, ad esempio.
Nel 1958 il vicepreside fece la lettura della Bibbia all’assemblea mattutina della Karachi Grammar School (Pakistan), fondata nel 1848 dalla Chiesa d’Inghilterra.[1] La lettura, tratta da Atti 17:23, riguardava la dichiarazione di San Paolo alla vista del monumento ateniese a un Dio sconosciuto. “Ciò che voi adorate ma non conoscete – questo è ciò che io ora proclamo”; a quel punto io, diciassettenne all’epoca, gridai la risposta perché tutti la sentissero: “Comunismo”. Come figlio dell’impero britannico e di quello statunitense, ero giunto a questa conclusione ribelle due anni prima, alla Scuola superiore dell’esercito di Francoforte. Sulla base dello studio del Manifesto comunista, condotto nella biblioteca del Club degli Ufficiali presso l’edificio della I.G. Farben, sono stato in grado di rispondere a questa antica domanda posta nell’agorà ateniese da un uomo proveniente dalla Palestina.
Non mi avvicino alle guerre in Palestina né come studioso di arabo o di ebraico, né come conoscitore di altre forme di vita della regione – olive, mandorle, fichi, agrumi, pecore, cotone o cereali come il grano. Vengo come studente, con un’ammirazione di tutta una vita per le tradizioni radicali, abolizioniste e antinomiche: Gesù e i profeti, Karl Marx, Gerard Winstanley, Thomas Spence, Olaudah Equiano, l’IWW, Frederick Douglass, Shunryu Suzuki, Elizabeth Poole, Ann Setter, Ivan Illich, Malcolm X, William Blake, Silvia Federici, E.P. Thompson, Robin Kelley, Manuel Yang, Michaela Brennan, Midnight Notes, CounterPunch e Retort; e poi sono diventato uno storico di tutto questo, con un particolare interesse per i beni comuni. Come abbiamo detto io e Marcus Rediker nell’introduzione alla traduzione araba della nostra Idra dalle molte teste, Erodoto, “il nonno della storia”, ha spiegato che la Palestina si trovava tra la Fenicia e l’Egitto.
Oltre a recarsi ad Atene, patria della filosofia (philia = amore, Sophia = dea della sapienza), Paolo si recava a incontri in cui avevano “ogni cosa in comune” (At 4,32). Il Giubileo era un’altra cosa biblica a cui potevo aderire perché amo i suoi principi di restituzione della terra, di libertà ora, di assenza di lavoro, di remissione dei debiti e di riposo per la venerata madre Terra. Mi sembra una bella combinazione di rivoluzione e relax. Paolo divenne un seguace di Gesù che fu cacciato dalla sua città natale e quasi ucciso per aver proclamato il giubileo in questo momento. Egli chiedeva riposo e perdono. L’unica base economica di una cosa del genere sono i beni comuni. La lotta in Palestina ci aiuta a capirlo.
Credo che la musha’a (terre agricole di proprietà della comunità), come pratiche simili in qualsiasi altra parte del mondo, possa aiutarci a realizzare un mondo basato su giuste condizioni di mutualità, chiamatelo come volete: il vero comunismo, il commonwealth cooperativo, i beni comuni. Il pensiero rinnovato dei beni comuni è nato dalle lotte contro le nuove recinzioni dell’era neoliberale e si è ispirato alle pratiche di condivisione delle comuni autonomiste zapatiste in Chiapas e alla difesa dell’ejido. I beni comuni sono oggi considerati una svolta concettuale fondamentale per orientare le visioni e i percorsi verso i futuri postcapitalisti. I beni comuni segnano anche la fuga radicale dai fallimenti e dai retaggi paralizzanti dei socialismi di Stato modernisti...
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