L’Algeria e un passato sempre presente

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Foto: Unsplash.com

L’Algeria in queste ultime settimane ha tolto dai suoi cassetti della memoria rievocazioni di tragici eventi del suo passato di colonia francese (1830/1962) e rispolverato ricordi altrettanto dolorosi del suo più recente cammino post coloniale.

In una situazione ancora pregiudicata da una perdurante covid-dipendenza, fra confinamenti regionali e divieti di assembramento, Algeri, Orano, Annaba, Tizi Ouzou e tutte le altre città, paesi e villaggi, hanno rispolverato i vestiti migliori e si sono coperti del bicolore verde e bianco, con presenza del rosso della mezzaluna e di una stella, della bandiera nazionale.

Questo sotto la spinta del Presidente della Repubblica Abdelmajid Tebboune che, nella sua ambizione di portare l’Algeria fuori da un guado nel quale l’ha impantanata il ventennio del Presidente Abdelaziz Bouteflika, pensa che storia e memoria possano rafforzare il sentimento di identità nazionale e aiutarlo nella sua strategia politica. Accantonando, per il momento, problemi economici e sociali e proteste di piazza con la loro richiesta di un cambiamento radicale di un regime politico che, fra alti e bassi, sopravvive dal 1962, anno dell’indipendenza.

Per quanto riguarda il passato coloniale la prima ricorrenza di questo percorso é dello scorso 8 maggio.

" Ho preso la decisione di istituire l'8 maggio di ogni anno, la Giornata Nazionale della memoria, così come ho dato istruzioni per il lancio di un canale televisivo nazionale specializzato in Storia, che costituirà sostegno al sistema educativo nell'insegnamento di questa materia che vogliamo mantenere in vita per tutte le generazioni ", ha dichiarato il Presidente algerino in un messaggio alla Nazione in occasione del 75 ° anniversario dei massacri dell'8 maggio 1945.

In quel giorno mentre la Francia celebrava la vittoria delle democrazie sul nazismo, si tenevano manifestazioni di indipendenza a Sétif, Guelma e Kherrata, tre città dell'Algeria orientale dove sfilavano i nazionalisti, con le bandiere algerine in mano.

Furono repressi brutalmente dalle forze coloniali, causando migliaia di morti. Gli algerini parlano di 45.000 vittime. I francesi da 1.500 a 20.000 morti. L’Algeria chiede da tempo alla Francia delle scuse ufficiali per le atrocità e le prevaricazioni coloniali, ma fino ad ora senza un risultato concreto, benché gli ultimi tre Presidenti francesi qualche passo in avanti in questa direzione l’abbiano fatto.

Nel dicembre 2007, a Costantine, Nicolas Sarkozy aveva condannato il sistema coloniale, definendolo "ingiusto per natura “. 

Nel 2012 ad Algeri, François Hollande parlando ai parlamentari algerini disse che "per centotrentadue anni, l'Algeria era stata sottoposta a un sistema profondamente ingiusto e brutale... questo sistema ha un nome, è la colonizzazione”. 

Nel febbraio 2017, mentre era candidato alla presidenza, Emmanuel Macron, in visita ad Algeri, aveva descritto, in un'intervista con i media locali, la colonizzazione dell'Algeria come un "crimine contro l'umanità", come " vera barbarie ".

Per il Presidente algerino però non é sufficiente. Intervistato recentemente dalla tv France 24, ha detto che è necessario "affrontare il problema della memoria che ipoteca molte cose nelle relazioni tra i due Paesi". E sulle possibili scuse di Parigi, ha chiosato: "Abbiamo già ricevuto mezze scuse. Occorre fare un altro passo. Lo vogliamo. Contribuirà a calmare il clima e renderlo più sereno per le relazioni economiche, le relazioni culturali, le relazioni di vicinato".

Un ulteriore avanzamento è stato fatto venerdì 3 luglio con la restituzione all’Algeria dei resti mortuari di 24 combattenti algerini uccisi all'inizio dell'occupazione francese, tra il 1838 e il 1865, che erano conservati al “Musée de l'Homme” di Parigi. Resti accolti a Algeri con tutti gli onori militari.

Questo gesto significativo ha segnato le celebrazioni del 58esimo anniversario dell’indipendenza algerina del 5 luglio.

I rapporti fra Algeri e Parigi sono, dall’inizio dell’indipendenza algerina, costellati da slanci d’amicizia alternati da reciproche dichiarazioni di fuoco. Ma sempre senza rotture definitive, perché gli oltre 6 milioni di algerini che vivono in Francia e episodi, mai ufficialmente riconosciuti, di azioni comuni top-secret nei decenni che hanno seguito il colonialismo, sono dei collanti potenti. 

Uno di questi segreti, che hanno avuto una verità giudiziaria ma non ancora una verità storica, é l’assassinio di Mohamed Boudiaf del quale ricorreva il 28simo anniversario della morte lo scorso 29 giugno.

Mohamed Boudiaf é stato il 6° Presidente della Repubblica algerina. Un Presidente effimero, dal 16 gennaio al 29 giungo 1992.

In quel periodo abitavo con la famiglia ad Algeri, e mi ricordo perfettamente quel giorno, quella fine mattinata.

“Boudiaf é stato ucciso!” prima sommessamente, poi sempre più forte, una voce, poi più voci, si espandevano nell’aria, come spinte dalla brezza marina che saliva dal porto di Algeri e si mischiavano alle sirene assordanti dei rimorchiatori che solcavano le acque per andare ad agganciare le navi in rada.

Accesa la televisione vedemmo e rivedemmo le immagini dell’ assassinio. Alle 11.35, Mohamed Boudiaf era sul podio del Palazzo della Cultura ad Annaba, la città dove morì Sant’Agostino. “Gli altri Paesi ci hanno superato con la scienza e la tecnologia. L’Islam ... " 

“Questa è stata l'ultima frase pronunciata da Mohamed Boudiaf. Un'esplosione, a destra del podio dove si trovava, improvvisamente ha interrotto il suo discorso. Pochi secondi dopo, è stato crivellato di proiettili da un uomo in uniforme armato di mitragliatrice ... ", descrisse la scena un resoconto di Jeune Afrique. Eroe della guerra della liberazione e detentore della carta "numero 1" del FLN, il fronte nazionale per l’indipendenza trasformatosi poi in partito ed ancor oggi al potere. Fu messo da parte nel 1962 a favore di Ahmed Ben Bella, poi rapidamente incarcerato e gli fu ordinato di lasciare l'Algeria . Si trasferì a Kenitra, in Marocco, dove diresse per 28 anni una modesta fornace per la produzione di mattoni.

Arriviamo alla fine del 1991: il primo turno delle elezioni legislative aveva dato una grande maggioranza agli islamisti del FIS (Fronte islamico di salvezza) e i governanti di allora, in accordo con l’onnipresente esercito, decisero di interrompere il processo elettorale per evitare l'istituzione di una tirannia religiosa. Il presidente Chadli Bendjedid fu costretto a dimettersi e si cerco’ una figura rispettata, onesta e "nuova", una personalità nazionale accattivante, che sapesse affrontare i probemi con un linguaggio diretto, sincero, naturale e privo di fronzoli, come mai sentito prima.

Mohamed Boudiaf racchiudeva in se tutte queste caratteristiche. Potremmo definirlo il “Pertini” algerino.

Dopo alcuni giorni di esitazione, accettò e ricevette poteri provvisori il 16 gennaio 1992. Da subito lanciò una lotta su due fronti contemporaneamente: contro gli islamisti e contro la corruzione pervasiva nell'amministrazione, dal livello più basso a quello più elevato.

Il mistero rimane sui mandanti di questo crimine politico, e non fu il rapido processo al sottotenente del gruppo di intervento speciale (GIS), Lambarek Boumaârafi, il presunto assassino, che aiuto’ a scoprire la verità. 

Dalla sua dichiarazione di indipendenza, avvenuta il 5 luglio 1962, l'Algeria è stata una protagonista significativa della scena internazionale. La sua indipendenza è stata un momento determinante nell'ampio movimento di decolonizzazione e per diversi anni l'Algeria è stata considerata un Paese in via di sviluppo influente. Questa influenza si manifestò fino alla fine degli anni 80. 

Nella mente ho ancora la visione dei carri armati ad ogni incrocio di Algeri, nel 1988, quando il il Paese affronto’ l'attuazione di un caotico processo di democratizzazione. Poi il processo elettorale con gli stadi pieni di barbuti in tunica bianca, un’Algeria profondamente diversa. Quindi la sospensione del secondo turno elettorale e l’inizio del caos: l'assassinio di Mohamed Boudiaf, e lo scoppio di sanguinosi scontri tra il governo e una nebulosa di gruppi armati.

Dieci anni di dolore durante i quali migliaia di famiglie piansero contemporaneamente la morte di un figlio poliziotto e di un altro terrorista. Dieci anni di inferno durante i quali ogni regolamento di conti sopito e abbandonato dai tempi euforici della liberazione, usci’ allo scoperto, ed ogni nefandezza fu messa in conto al movimento islamista, già di suo artefice di atrocità. Poi il ventennio di Abdelaziz Bouteflika.

« L'Algérie avant tout », é stato il motto di Mohamed Boudiaf. E la storia continua.

Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).

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