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Libertà dei semi, la disobbedienza nonviolenta di Vandana Shiva
Nonviolenza
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“Fino a quando esisterà la superstizione che le leggi ingiuste devono essere rispettate, esisterà anche la schiavitù”. Questo è l’insegnamento gandhiano che Vandana Shiva, studiosa, attivista e ambientalista indiana, ha fatto proprio quando, nel 1987, ha fondato la sua associazione Navdanya. La sua battaglia contro l’invasività delle colture Ogm e le multinazionali delle sementi, ormai sempre più favorite anche dalle legislazioni nazionali e sovranazionali, da allora non conosce tregua. Anche il metodo di lotta l’ha ereditato da Gandhi: è il Satayagraha, che significa “forza della verità” e sta a indicare appunto la disobbedienza civile attraverso la pratica della nonviolenza. E quindi con la ricerca, lo studio, la diffusione delle conoscenze e la sensibilizzazione verso questa tematica ancora così ambigua e sulla quale lo stesso mondo scientifico è tuttora diviso, oltre che spesso contaminato da interessi politici ed economici in gioco.
“È nostro dovere proteggere la diversità dei nostri semi, e il diritto degli agricoltori a custodirli, riprodurli e scambiarli liberamente” ha detto Vandana durante la sua ultima visita a Roma, prima al palazzo della Provincia e poi in un incontro con i movimenti alla Città dell’Altra economia. Vicepresidente di Slow Food International, la nota attivista è già stata in visita diverse volte nel nostro Paese. L’occasione, stavolta, è stata la presentazione del Rapporto sulla Libertà dei Semi, stilato dall’associazione Navdanya con il contributo di oltre 120 organizzazioni. Qui viene descritta la situazione a livello sociale, economico, politico e scientifico delle sementi e delle colture, sia nel contesto mondiale sia, nel caso della versione in italiano, in quello nazionale e locale. La presentazione del Rapporto s’inserisce in una campagna più ampia d’informazione e sensibilizzazione per la libertà dei semi, partita il 2 ottobre (data del compleanno di Gandhi) e culminata il 16, Giornata mondiale della sovranità alimentare.
“I semi si moltiplicano e danno vita ad altri semi un ciclo dopo l’altro – spiega Vandana Shiva –. Per milioni di anni si sono evoluti liberamente, dandoci la diversità e la ricchezza. Per migliaia di anni gli agricoltori li hanno fatti evolvere, in collaborazione tra loro e con la natura. Biodiversità e diversità culturale si sono modellate influenzandosi reciprocamente”.
Da quando però i semi sono diventati un business, le cose hanno iniziato a cambiare. Basti pensare che oggi solo sette grandi aziende controllano il 75% delle sementi commercializzate. Per Vandana Shiva la sola causa è da ricercare nel “famigerato” meccanismo dei brevetti e dei diritti di proprietà intellettuale sui semi. Succede che, tramite la manipolazione genetica, l’azienda crea un tipo di seme (in genere più resistente alle malattie, ai pesticidi e ai diserbanti chimici), lo registra e lo dichiara di sua proprietà. Essendo lo scopo di una multinazionale il profitto, essa cerca di estendere l’utilizzo dei propri semi il più possibile. “Si fa consegnare dagli agricoltori tutte le varietà dei loro semi, pagandoli anche con cifre consistenti” spiega Vandana Shiva. Il guadagno, però, per il contadino è solo un’illusione. Con lo scambio delle colture, infatti, gli agricoltori diventano “schiavi” di quel particolare seme ogm, di cui però non possono disporre liberamente, dato che, una volta piantati, questi semi geneticamente modificati rendono il terreno sterile verso gli altri tipi di colture. Inoltre la proprietà intellettuale del seme non si esaurisce con il suo utilizzo ma è estesa anche alle generazioni successive di semi. Perciò i contadini non solo sono costretti a riacquistare ogni anno i semi brevettati dalla multinazionale, ma devono anche pagare “l’affitto” per il riutilizzo, quando possibile, dei semi ottenuti dal raccolto precedente. È il sistema delle royalties.
“In questo modo – afferma Vandana – gran parte dei semi locali sono scomparsi, così come molte piccole e medie aziende, che sono state comprate, o acquisite dalle multinazionali col meccanismo delle licenze. Per fare un esempio: in India 60 aziende possono usare solo sementi Monsanto“. Questo ha causato l’aumento del prezzo dei semi, “a volte anche dell’8mila per cento”, provocando il forte indebitamento di migliaia di contadini. E intanto la contaminazione genetica si diffonde, portando a un aumento drammatico delle monocolture di mais, soia, colza e cotone ogm.
In questo scenario s’inscrivono le leggi sulle sementi, che gli stati e gli organismi internazionali e sovranazionali quali la Banca Mondiale, il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e la stessa Unione Europea promulgano spesso sotto la forte pressione delle multinazionali dell’ogm. Un esempio che ci riguarda da vicino è la recente sentenza della Corte di Giustizia europea che ha condannato l’Italia per avere vietato la coltivazione di mais Mon810 alla multinazionale statunitense Pioneer Hi Bred presso la sua filiale italiana. Secondo la Corte, infatti, se la coltivazione di una pianta geneticamente modificata è già stata autorizzata dall’Ue, allora gli Stati devono per forza adeguarsi.
Eppure ogni giorno anche da noi si moltiplicano le iniziative che invitano a mangiare locale e a un consumo sostenibile e a chilometro zero. “Ovunque le varietà nazionali sono state salvate la gente le preferisce agli ibridi e agli ogm” scrive Vandana Shiva nel Rapporto sulla Libertà dei semi. A prescindere dal gusto, mais e il grano ogm sarebbero infatti di scarsa qualità e poverissimi di sostanze nutritive. Tanto che per la maggior parte queste colture vengono utilizzate non per produrre cibo, bensì biocarburanti e foraggio destinato ad allevamenti (anch’essi intensivi) di bovini e pollame.
Non a caso la visita di Vandana Shiva a Roma è coincisa proprio con la presentazione dell’ultimo studio della Fao, secondo cui quasi 870 milioni di persone (ovvero una su otto), nel biennio 2010-2012 hanno sofferto di malnutrizione cronica, malattia della povertà che ogni anno uccide più di 2,5 milioni di bambini. “Ridurre la fame – si legge nel Rapporto Fao – non significa soltanto aumentare la quantità di cibo, significa anche migliorare la qualità del cibo in termini di diversità, valori nutritivi e sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti”. Per Vandana Shiva, esattamente il contrario di ciò che si sta facendo promulgando le leggi in favore degli Ogm. “Anche voi potete diventare custodi dei semi e della biodiversità – dice l’attivista rivolgendosi ai cittadini riuniti alla Città dell’Altra economia – E se la legge non è giusta, non obbedite. In India nel 2004 si sono adottate le leggi per la registrazione obbligatoria delle sementi. Ho portato 100mila firme al primo ministro che recavano la dichiarazione: ‘potete anche approvarlo ma noi non obbediremo’. Se necessario, lo dobbiamo fare anche qui”.